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Numero 6 del 2009

Libere o sicure?


Foto: Libere o sicure?
PAGINA 36

Testi pagina 36

giugno 2009 noidonne36
Il dibattito sulla laicità nel mondo mu-sulmano in generale non vede le don-
ne come protagoniste. I testi classici sul-
l'argomento e su quelli ad esso correlati
sono ricchi di dettagli sul cambiamento
delle classi sociali, sui legami nazionali
e internazionali, sulle cause dei cambia-
menti e su aspetti della capacità dello
stato di rapportarsi al sacro e alla laici-
tà. Nessuno, tuttavia, analizza le que-
stioni dal punto di vista del genere. In
particolare, pochi o nulli sono gli studi
che analizzano gli effetti del processo
emancipatorio su strati diversi della po-
polazione femminile. In paesi dove le
differenze sociali sono estremamente
marcate l'autocoscienza femminile è ap-
pannaggio di un gruppo ristretto di don-
ne, mentre la maggioranza della popo-
lazione femminile è spesso occupata
con tematiche relative alla mera so-
pravvivenza: non dovremmo mai di-
menticare questo scarto quando parlia-
mo di Islam e paesi musulmani.
È altrettanto evidente che il diritto al-
la laicità si gioca in arene che non sono
quelle del pensiero dominante sia esso
musulmano o occidentale ma che, in
particolare, esso ruota intorno al diritto
di famiglia. Per conseguire il riconosci-
mento dei propri diritti le donne adotta-
no fondamentalmente due strategie:
l'associazionismo - eterogeneo, ma che
in linea generale si rifà a un discorso
laico - e il cosiddetto femminismo mu-
sulmano.
Le prime associazioni femminili sor-
sero in Egitto nel XIX secolo e successi-
vamente in tutto il mondo arabo. Que-
ste associazioni erano composte per lo
più da donne appartenenti al ceto me-
dio-alto e rispondevano alla necessità
di una nuova figura di donna che fosse
in armonia con i bisogni della nuova
classe emergente nel mondo arabo:
quella dei funzionari statali che aveva-
no studiato all'estero che andavano so-
stituendo la classe degli ulama', i dotto-
ri della legge, come punto di riferimento
culturale. Per questi uomini, in parte so-
stenitori del colonialismo inglese, una
donna ignorante e segregata non ri-
spondeva più ai bisogni della nuova so-
cietà che si andava formando. Non a
caso uno dei paladini dell''emancipa-
zione' della donna fu un uomo, Qàsim
Amìn, che non solo sosteneva l'istruzio-
ne femminile, ma solo a livello basso,
ma anche che la donna si togliesse il ve-
lo. Tra le rappresentanti più note di que-
sto tipo di associazioni ricordiamo Hu-
da aš-Šar'awi, nota per essere stata la
prima donna egiziana a togliersi la par-
te di velo che copriva il volto. Le asso-
ciazioni di questo periodo, alcune pro-
paggini delle quali vediamo ancora og-
gi rappresentate, ad esempio in Egitto
dalla moglie del presidente Mubarak,
che si è fatta promotrice di un progetto
per l'emancipazione della donna egizia-
na o dalla regina di Giordania, e, anche
se in parte se ne discosta, dall'esperien-
za di Karovane di Fatima Mernissi, sono
di estrazione sociale alta e propongono
sì un'emancipazione della donna rispet-
to ai modelli tradizionali, ma sempre
entro l'ambito domestico, intendendo
quindi il ruolo della donna sempre al-
l'interno della tradizione.
In seguito alla conquista delle indi-
pendenze in diversi paesi arabi, sono
sorte diverse associazioni che univano a
un'azione concreta un'elaborazione
concettuale ispirandosi in vario modo
al femminismo occidentale e che aveva-
no come obiettivo finale l'uguaglianza
fra i sessi. Queste associazioni, che sop-
periscono al ruolo dello stato che si dis-
interessa dell'emancipazione della don-
na, tuttavia, non hanno avuto molto
successo per il linguaggio utilizzato e
soprattutto per il rifiuto delle categorie
religiose, unitamente a problemi legati
all'impossibilità materiale di raggiunge-
re tutto il territorio di un determinato
paese e agire così in modo capillare sul-
la presa di coscienza della popolazione
femminile. Il rifiuto di assumere il mo-
dello occidentale in toto deriva, da un
lato, dalla strumentalizzazione del dis-
corso donna in occidente, dall'altro dal
rifiuto di rinnegare la propria cultura e
il proprio sistema valoriale. La disillu-
sione, inoltre, nei confronti dell'occiden-
te che promette a parole di difendere i
diritti delle donne ma nei fatti scende a
patti con paesi che calpestano i diritti
minimi delle donne come l'Arabia Sau-
dita, ad esempio, o difende regimi che
fanno della donna un mero strumento
politico, ha portato molte donne a ri-
volgersi all'Islam come unica fonte legit-
timata per la difesa dei propri diritti.
Proprio in quello spazio creato dalla
disillusione si sono inseriti i movimenti
fondamentalisti che si richiamano a
una lettura sclerotizzata delle fonti e
che, ciononostante, hanno spinto le
donne a rivendicare i propri diritti an-
che politici in modo funzionale ai loro
obiettivi partitici sostituendosi nelle se-
di in cui lo stato era assente.
Un impulso interessante, tutto recen-
te, è stato dato dal ruolo che hanno as-
sunto i media nella vita di tutti i giorni:
radio, televisione ma anche internet
hanno contribuito alla diffusione di idee
L’Islam che fa audience
Velo o non velo?
Jolanda Guardi
Fatima Mernissi
Heba Qutb
Nimat Hafez Barazangi
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