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Numero 5 del 2009

La nuova Europa


Foto: La nuova Europa
PAGINA 36

Testi pagina 36

maggio 2009 noidonne36
Un incontro tra Anna Schoenstein,direttrice della casa editrice A
Oriente!, Jolanda Guardi, sua collega
docente universitaria di lingua araba, e
me, mi fa tornare alla memoria un testo
di Adrienne Rich 'Prendere sul serio le
studentesse'.
Studentesse dell'Università Statale di
Milano che, a partire dall'idea delle
Mu'allaqat, tradizione di poesia araba
del VII secolo, hanno scritto in versi il
loro sentire. Il riferimento è ai poeti del-
la "giahiliyya", così gli Arabi chiamano
il periodo pre-islamico, prima cioè della
nascita del Profeta. Jolanda e Anna mi
spiegano che la tradizione vuole che il
nome Mu'allaqat, "le Appese", si riferi-
sca al fatto che i testi scritti ("con lette-
re d'oro", specifica Goethe nel suo Di-
wan) di queste poesie sarebbero stati
appesi, per la loro particolare bellezza,
nella Ka'aba. Le Moullaq'at, anticamen-
te scritte sulle ossa di cammello (la sca-
pola, preferibilmente, perché larga e
piatta) o su foglie di palma, avevano
contenuti ben precisi: l'elogio di se stes-
si, lo spregio nei confronti di una perso-
na appartenente ad un'altra tribù e altri
temi. A partire da questi le ventitre stu-
dentesse hanno elaborato pensieri, for-
me e tecniche utilizzando come suppor-
to per la scrittura foglie rubate agli al-
beri cittadini o recuperate dal fiorista.
Il risultato è affascinante; le foglie, a
differenza dei fogli, generalmente ret-
tangolari, hanno forme diverse, stimo-
lanti, che richiedono adattamenti parti-
colarmente creativi. Così la scrittura
può seguire il contorno e l'arabesco può
nascere dalle nervatu-
re, in una relazione fe-
conda tra espressione
creativa e forma natu-
rale.
Ho chiesto a Silvia
Rigon, una studentessa
che ha seguito il corso,
quale rapporto indivi-
duasse tra natura e cul-
tura: "La scelta delle fo-
glie come base per le
nostre poesia è un
esempio di come una
forma naturale può
guidare l'esperienza
poetica e immaginati-
va, arricchendola di un
significato aggiunto: la foglia dipinta si
trasforma in una poesia che con legge-
rezza unisce lingua e arte visiva e di-
venta la base da cui partire per nuove e
sempre fresche osservazioni della realtà
e della vita. Attraverso l'esperienza
creativa personale la tradizione delle
Mu'allaqat, non è più apparsa distante
ma è diventata accessibile, decifrabile e
codificabile. Il ricorso alla natura come
ispirazione e poi l'uso dell'elemento na-
turale come base per scrivere il testo
crea una specie di gioco di matrioske:
man mano che si procede nell'elabora-
zione poetica, il lavoro si arricchisce, il
significato si trasforma e la stessa rifles-
sione sulla metodologia consente di co-
gliere la complessità e la molteplicità
della realtà. "Gioielli questi lavori poeti-
ci su foglie, gioielli le giovani studentes-
se che li hanno creati e le docenti che le
hanno sostenute e consigliate: Jolanda,
docente di lingua araba, e Giovanna
Gelmi, che ha condotto il laboratorio di
poesia. Una preziosità di progetto e di
lavoro che suggerisce una sintonia con
una suggestione: l'idea che il nome delle
"appese" non derivi solo dalla consuetu-
dine di appendere i testi ma anche dalle
gemme appese ad una collana.
Una sintonia che si ritrova anche
nell'assonanza tra la parola foglia e la
parola foglio, sia in lingua italiana e
francese che araba (waraq) che in altre
(in spagnolo hoja significa sia pagina
che foglia).
Appese a...
Milano / Università
Antonella Prota Giurleo
poesie scritte sulle foglie, per trovare un linguaggio universale
HIJAB o del CONFINE
Il VELO come confine del corpo, il rapporto col sacro, il lontano e il vicino, i luoghi e
le domande dell'esistenza, il dire, il raccontarsi. "Parola come suono e formula, chiac-
chiera e poema, gara poetica e canto, bisbiglio e sospiro, soffio e silenzio, sguardi che
indagano, giudicano, benevoli, assenti, lontani, sempre presenti". Come dicono le
organizzatrici, queste sono le suggestioni e i temi dello spettacolo 'HIJAB o del CON-
FINE' nato nell'ambito di un progetto europeo, la cui anteprima si tiene i giorni 8 e 9
maggio presso il Teatro Filippini di Verona. La Prima nazionale è prevista a Mantova il
19 giugno per Arlecchino d'Oro Teatro - Festival Europeo del Teatro di Scena ed
Urbano. L'idea nasce in seno al progetto biennale "ReconcArt" acronimo di
"Reconciliation through Art: perceptions of Hijab" per "esplorare, attraverso il linguag-
gio teatrale, le questioni fondamentali legate all'uso del velo islamico". Fine e stru-
mento della ricerca artistica, la MEDIAZIONE per ricostruire discorsi universali in tutte
le lingue, come "possibilità di ricucire il racconto interrotto dalle lontananze tempora-
li e spaziali, dalle migrazioni, dalle partenze, dalle rotture". Protagoniste del progetto
sono tredici donne residenti a Verona provenienti da Algeria, Marocco, Palestina, Siria,
Brasile e Italia coordinate dalle mediatrici linguistico-culturali Jamila Chtioui, Najat
Rezki. A partire da laboratori di narrazione e
di elaborazione drammaturgia, curati da
Susanna Bissoli (scrittrice), Letizia
Quintavalla (regista), Gabriel Maria Sala
(Direttore Master in Mediazione culturale-
Università di Verona), Rosanna Sfragara
(attrice), la nuova produzione teatrale di
Fondazione Aida ha coinvolto nel cast Batul
Hanife, Jamila Chtioui, Hanan Essoubai,
Saliha Oukazi, Najat Rezki, Tutti Scheber,
Rosanna Sfragara e Susanna Bissoli, ideazio-
ne luci: Massimo Consoli, tecnico Mattia
Cobbe. www.fondazioneaida.it
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