Noi Donne Home La Nostra Storia Archivio Materiali Contatti

Ricerca nell'Archivio

Numero 11 del 2007

Stop femminicidio


Foto: Stop femminicidio
PAGINA 35

Testi pagina 35

noidonne novembre 2007 35
dovrebbe imparare a fare dimostrando
di essere persone libere, e, in quanto ta-
li, civili.
Tra le mie letture giovanili ho rispol-
verato un racconto scritto da Lessing
negli anni Settanta, che mi sembra em-
blematico della sua produzione. Il rac-
conto, tratto dal volume "Tra donne", si
intitola "la stanza 19" e rappresenta "il
fallimento della razionalità", ovvero il
fallimento dell'idea che possa esistere
un modo giusto e unico di organizzare
la vita degli individui senza considerare
le complesse esigenze interiori di ogni
singolo essere umano. La protagonista
del racconto è Susan Rawlings, una
donna sposata a un uomo "per le nume-
rose affinità che li accomunavano", ma-
dre di quattro figli, e padrona di una
grande casa in riva al fiume, dentro la
quale cerca invano di trovare un pro-
prio spazio di autonomia, che infine tro-
va in una anonima stanza di un alber-
ghetto per prostitute, che finisce per ap-
partenerle più della sua stessa casa:
"quel senso di vuoto le scivolava deli-
ziosamente nelle vene, come fosse il suo
stesso sangue". Scoperta dal marito, at-
territo dalla "follia" della moglie, si ri-
trova costretta ad inventarsi un amante
per rassicurarlo. Uscita dal ruolo di ma-
dre e moglie si ritrova costretta a indos-
sare il ruolo di amante per non essere
considerata pazza ed essere accettata
dalla società-marito che le propone un
menage a quattro, avendo anche lui un
amante.
Una bella metafora della società in
cui viviamo oggi: se il modello in cui sei
prevista ti sta stretto c'è sempre la pos-
sibilità di sfornarne un altro. Ecco forse
perché Doris Lessing non ama essere de-
finita icona del femminismo, e crede più
nelle trasformazioni dei singoli indivi-
dui che nei cambiamenti della politica:
non vuole essere collocata in nessuna
etichetta, solo continuare a cercare un
proprio e sempre rinnovato spazio di
autonomia, forse per riscattare tutte le
Susan Rawlings sprofondate nel suicidio
o nella depressione.
Tra le sue opere maggiori ricordiamo
'I figli della violenza', (ciclo di cinque
opere, tra cui 'Martha Quest' che narra
la storia dell'emancipazione della pro-
tagonista e della sua ricerca di identità)
e 'Il taccuino d'oro' che registra le in-
quietudini culturali degli anni '60.
iraniana di nascita e poi vissuta nello Zimbawe, Doris Les-
sino è stata insignita del Premio Nobel per la letteratura in
quanto “cantrice dell'esperienza femminile, che con
scetticismo, passione e potere visionario ha messo
sotto esame una civiltà divisa”
STRUMENTIL’autostima
L'autostima è strettamente collegata al valore che
diamo a noi stesse. Capita che riconosciamo in noi
capacità positive (scolastiche, organizzative, arti-
stiche) ma nonostante ciò, non avere realmente
amore per noi. Al contrario possiamo avere un'alta
autostima senza che esistano concrete prove di
particolari capacità che giustifichino una visione
così positiva di noi. L'autostima dipende sia da fat-
tori interiori, cioè da nozioni apprese, dalla visione
che abbiamo di noi stesse e dalla realtà che perce-
piamo, sia da fattori esterni, come ad esempio i
successi che otteniamo e la qualità dei "messaggi"
che riceviamo dalle altre persone.
Le persone infatti sviluppano un'idea di sé sulla
base di come sono trattate o viste dagli altri: "gli
altri ci fanno da specchio e noi tendiamo a vederci
come loro ci vedono, a giudicarci come loro ci giu-
dicano". In altre parole ciò che gli altri pensano di
noi, cioè l'immagine di noi che ci rimandano, diven-
ta piano piano ciò che noi pensiamo di noi stesse.
Ma se è vero che ciò che gli altri pensano di noi,
influenza quello che noi pensiamo di noi stesse, è
anche vero il contrario, cioè che gli altri sono a loro
volta influenzati da ciò che pensiamo di noi stesse
e tendono a vederci come noi ci vediamo. Il detto
comune secondo cui "Per piacere agli altri bisogna
innanzitutto piacere a noi stessi" è più che mai
azzeccato.
Il livello della nostra autostima influenza sempre le nostre azioni e viceversa. Non
sempre veniamo aiutate nella costruzione della nostra autostima; i genitori e la scuo-
la, primi soggetti con cui veniamo a contatto, hanno una grande responsabilità nella
fase della crescita. L'autostima diminuisce anche a causa delle delusioni per un lavoro
insoddisfacente o per rapporti d'amore finiti male. Come si può uscire dall'idea che non
siamo mai all'altezza della situazione, che non valiamo niente, che sbagliamo sempre?
La prima regola da rispettare da questo momento in poi è: accettazione che vuol dire
" stare dalla propria parte" è un'assunzione di responsabilità verso noi stesse.
Accettarsi vuol dire valorizzarsi prendersi degli impegni verso di noi. Bisogna ri-trova-
re quell'egoismo naturale che ogni essere umano ha di diritto al momento della sua
venuta al mondo. L'accettazione di sé è la condizione indispensabile per cambiare e
crescere. Significa riconoscere i propri errori, ammettere con noi stesse di avere sba-
gliato, accoglierli come incredibili occasioni per imparare da essi.
Autostima significa rifiutarsi di fingerci diverse da quello che siamo realmente solo per
piacere agli altri, vuole anche dire vivere in modo autentico, rivoluzionare l'immagine
che abbiamo di noi e affermare finalmente le nostre convinzioni e i sentimenti più inti-
mi e veri che dentro nel cuore di tutte noi scalpitano per venire alla luce.
L. Rinaldi,
Studio di donna in posa, 2006
Gianna Morselli
\


©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®