Numero 10 del 2007
50E50: il 13 ottobre tutte a Roma
Testi pagina 35
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Amira Hass, nata in Israele da geni-tori sopravvissuti all'Olocausto, vi-
ve a Ramallah, scrive per il quotidiano
Ha'aretz e tiene una rubrica per il setti-
manale italiano Internazionale. E' autri-
ce di Drinking the sea at Gaza. e di "Do-
mani andrà peggio Lettere da Palestina
e Israele, 2001-2005" edito da Fusi ora-
ri. Tra i molti riconoscimenti ricevuti, il
World Press Freedom Award 1999, la
Colomba d'Oro per la pace 2001, il Pre-
mio Unesco/Guillermo Cano per la li-
bertà di stampa nel mondo 2003 e il
premio dell'Anna Lindh Memorial Fund
2004. Ecco una parte del suo interven-
to, raccolto in occasione di Festivalette-
ratura di Mantova.
"Fin dall'inizio dell'Intifada mi sono
occupata del tema della competizione
nel conflitto teso a dimostrare "chi è il
più grande" basato sul punto di vista di
partenza della pianificazione e della
strategia di Israele impegnato in una
vasta operazione ideologica su "chi è il
più forte", punto di vista sfortunata-
mente adottato anche dalle donne: sia
le israeliane entrando nell'esercito, sia le
palestinesi che, dopo aver assistito alla
demolizione del quartiere generale di
Arafat, nei primi due mesi dell' Intifada
hanno adottato il revanscismo, il peg-
giore dei modi di liberazione.
Per creare la politica di colonizzazio-
ne Israele si è avvalso dell'idea del sol-
dato come strumento di difesa, una ma-
nipolazione che permette di evocare il
soldato che è in ciascuno di noi. Di con-
verso, poiché nei Palestinesi non c'era
strategia, in Fatah c'era molto più spa-
zio per l'iniziativa personale che in que-
sto modo ha soddisfatto la rappresenta-
zione del bisogno di vendetta. In tal mo-
do la competizione con Israele si è af-
fiancata alla competizione tra i diversi
gruppi componenti e alla competizione
con Hamas. Quali sono i valori da di-
fendere quando ai palestinesi è stata ra-
pita la loro lotta contro l'occupazione?
In Palestina l'occupazione è privazio-
ne dei diritti e della possibilità di co-
struzione del proprio futuro e del pro-
prio destino, la repressione è la regola e
crea angoscia che genera incertezza. Mi
sono sempre definita una vera ebrea del-
la diaspora e andando a vivere prima a
Gaza e poi a Ramallah ho vissuto la
mia diaspora.
Per me donna e genere non sono un
fatto genetico, sono un fatto sociale,
una questione di potere. Per uguaglian-
za tra generi non intendo l'aspirazione
ad un mondo in cui le donne dominano
gli uomini. Se il tema dell'uguaglianza
tra i sessi per le donne israeliane e pale-
stinesi non deve essere abbandonato,
non può però costituire l'asse portante
di un'azione trasversale comune fino a
quando altre condizioni non saranno
raggiunte: cioè quando non saranno più
soggiogate. Di questo bisogna essere
consapevoli. Non basta essere femmini-
ste. Se agli occhi delle donne israeliane
la frequente posizione di sottomissione
all'uomo delle donne nella società pale-
stinese rappresenta un fenomeno di ar-
retratezza, non vanno invece disprezza-
ti quei tentativi compiuti da gruppi di
donne palestinesi che hanno dato vita
ad organizzazioni non governative che
lottano contro la discriminazione.
Queste volontarie hanno fatto e stan-
no facendo un lavoro straordinario per-
ché si rivolgono a migliaia di donne av-
valendosi di tutti i diversi linguaggi pos-
sibili. E' un peccato che il governo non le
finanzi. Se talvolta alcune domande per
un'ebrea laica sono normali, per una
donna palestinese esse rappresentano
una sfida all'islam".
Graziella Bertani
L’ebrea di Ramallah
Amira Hass
“per me donna e genere non
sono un fatto genetico,
biologico, ma sociale...una
questione di potere”
Sheikha Lubna,
la Ministra col velo
'StellaRe' è un premio che la Fondazione
Sandretto Re Rebaudengo di Torino assegna
ogni anno a una donna "capace di generare
idee, portare innovazione e rivoluzionare il
modo di guardare e leggere la realtà", come
indica Patrizia Sandretto, intelligente e
finissima presidente di questa importante
istituzione dal rilievo internazionale. Il
riconoscimento è un prezioso anello di
eccezionale grandezza disegnato da
Maurizio Cattelan. La scelta che nel passa-
to è caduta su Franca Sozzani, direttrice di
Vogue-Italia, quest'anno ha investito
Sheikha Lubna, ministra dell'Economia negli
Emirati Arabi. Giovane, graziosa, semplice
nel tratto, questa signora discendente da
una famiglia principesca, fra le 100 donne
più potenti nel mondo, ha dato, secondo la
presidente Patrizia Sandretto, una prova brillante della sua capacità di "affrontare una
società tradizionale legata a leggi che ancora impongono limiti" e di "distinguersi per il
lavoro svolto e una carriera eccellente che l'ha portata a diventare la prima donna nella
storia della Federazione degli Emirati Arabi Riuniti e a dirigere un ministero". "Nella UAE,
dove le donne non sono considerate con un'impostazione femminista, in pochi anni
abbiamo visto molte imprenditrici e donne d'affari emergere in territorio nazionale ed
estero - ha affermato Sheikha Lubna -. Attualmente le donne costituiscono il 50% delle
piccole-medie imprese e sono il 32% nei settori finanziari e bancari. Occupano il 30%
di tutti gli incarichi manageriali e per il 70% sono attive in ambiti professionali in qua-
lità di medici, insegnanti, farmacisti e non soltanto. La partecipazione delle donne in
tutti gli aspetti della società è uno degli scopi nei quali i nostri leader mettono maggio-
re impegno". Sheika, donna dall'enorme influenza e con il velo sui capelli, ha raccoman-
dato ha incoraggiato il mondo femminile ad una maggiore partecipazione nella vita poli-
tica, economica, sociale. Mirella Caveggia
Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Presidente Fondazione
Sandretto Re Rebaudengo e Sheikha Lubna bint Khalid Al
Qasimi, Ministro Economia degli Emirati Arabi Uniti