Numero 3 del 2007
Mimosa e non solo
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te le esigenze che si presentano, amorevolezza, affi-
dabilità, affetto. In sostanza, anche perché prese da
sensi di colpa nei confronti di anziani delusi nelle lo-
ro aspettative, cercano una figura che li sostituisca e
una sorta di servizio complessivo. La conoscenza
della lingua, per quanto venga ritenuta importante, è
un aspetto che la famiglia valuta in subordine al pri-
mo punto, pur dovendo sempre più registrare, so-
prattutto ad esperienza avviata, che si tratta di un
elemento fondamentale per stabilire delle relazioni e
dei "legami". La competenza professionale o comun-
que un approfondimento di ciò che la badante sa
realmente fare sul versante assistenziale e del gover-
no della casa fa parte di un approfondimento suc-
cessivo dopo aver considerato gli aspetti per così di-
re relazionali e di tipo etico legati innanzitutto a un
saper "essere". In sostanza i familiari ritengono di po-
ter compensare le competenze mancanti legate al sa-
pere e al saper fare assumendosi il carico di un ac-
compagnamento lavorativo e formativo che si sta ri-
velando molto più pesante e complesso del previsto
e che non può essere gestito solo secondo un'ottica
del "fai da te". Gli anziani hanno sempre sperato di
essere assistiti dalla propria famiglia e dai propri figli
(anzi figlie) ma si stanno rendendo ben conto che
questa speranza non può più essere "coltivata"(an-
che perché i figli sono sempre meno) per quanto cer-
chino di "farsi curare poco" per non essere di peso.
Nell'insieme gli anziani si stanno adattando alla cu-
ra delle badanti bianche, sebbene siano presenti fe-
nomeni di resistenza, agiti in modi diversi e spesso
sotterranei che, in certe situazioni portano a "consu-
mare" una badante dopo l'altra. Sta di fatto che, ge-
neralmente, gli anziani partecipano troppo poco al
percorso di scelta e decisionale che riguarda la per-
sona con cui dovranno condividere il quotidiano an-
che perché la ricerca delle "badanti" è sempre fatta
dai familiari in situazioni di emergenza. Ovviamente
l'assenza di una esperienza della cura che avviene in
situazione di convivenza fa sì che anche gli anziani
non abbiano riferimenti a cui collegarsi per cui a vol-
te passano da rapporti di tipo "padronale" e di con-
trollo esasperato a rapporti di tipo genitoriale e fa-
miliare con una serie di complessità di cui oggi ci si
comincia a rendere conto anche in funzione di ne-
cessari interventi mediativi da assicurare.
In genere, soprattutto all'inizio o da parte di quel-
le che non si sono sufficientemente informate, le
donne immigrate rispetto al lavoro di cura con an-
ziani danno molta importanza a un saper stare che
non contempla, tuttavia, tutte le difficoltà relaziona-
li che esso richiede e gli investimenti da mettere in
atto per quanto riguarda la costruzione di un legame
che non può attingere a una storia in comune. Con-
ta molto per loro uno "stare con" che, pur preveden-
do un tempo "continuo", non tiene conto né della
stanchezza psicologica che sopravviene, né degli sti-
moli cognitivi, comunicativi, espressivi e di rinfor-
zo/manutenzione della autonomia residua che do-
vrebbero essere assicurati e che sono tali da richie-
dere un impegno e una autoimprenditività che van-
no ben oltre la casalinghità. E' importante, poi, il "sa-
per fare" che attinge dalla loro cultura familiare e dal-
la loro cultura femminile senza pensare che debbano
essere "riconvertite" in quanto agite in un contesto
diverso e senza mettere in conto che dovranno pren-
dere in carico situazioni di pluripatologie, spesso
non ancora diffuse nei loro paesi e che hanno biso-
gno di tecniche assistenziali ben precise. Non meno
importanti sono ritenuti gli aspetti connessi a un
rapporto lavorativo che comunque è di tipo sessua-
to e viene percepito come tale soprattutto dagli an-
ziani maschi con problemi cognitivi (ma anche da al-
tri) con una serie di criticità tanto più complesse in
quanto gestite in grande solitudine. A fronte di que-
sta nuova realtà si pongono comunque degli interro-
gativi di fondo: come può una società non essere in
grado di onorare il patto di cura fra le generazioni e
finire per comprare la cura dalle donne dei paesi po-
veri?
A quale prezzo affettivo le donne dei paesi pove-
ri vendono la cura e l'accudimento ai bambini e agli
anziani dei paesi ricchi sottraendo a se stesse e ai
propri cari il diritto che viene riconosciuto agli altri?
Quanto si potrà sensibilizzare e promuovere, alme-
no per le donne dell'est europeo (i cui paesi sono re-
lativamente vicini) forme di conciliazione che con-
sentano una presa in carico di un anziano da parte di
due figure che si alternano nel lavoro di cura?
E infine: per quanto tempo sarà disponibile que-
sta nuova generazione di curanti dalla pelle bianca,
dai modi fini e con una buona istruzione? Per quan-
to tempo ci si potrà permettere una cura familiare
che prevede un rapporto uno a uno?
come cambia il patto
di cura fra le generazioni
quali aspettative hanno le donne
immigrate e che cosa ricevono?