Numero 6 del 2008
1948-2008: 60 anni di Sana e robusto Costituzione. Perchè cambiarla?
Testi pagina 34
giugno 2008 noidonne34
Il Burundi è un pic-colissimo stato
africano, incastrato
tra il Congo, la Tan-
zania e il Ruanda,
al quale solitamente
lo si associa per via
della guerra fratrici-
da tra hutu e tutzi e
del genocidio che nel
1994 ha sconvolto i
due paesi, ucciden-
do, torturando e vio-
lentando milioni di
donne, uomini e
bambini. I soprav-
vissuti, in maggio-
ranza donne e vedo-
ve, hanno faticosa-
mente raccolto i cocci, inventandosi for-
me creative di auto-aiuto, di riconcilia-
zione e di concreto sostegno sanitario ed
educativo, costruendo realtà autoctone
che meritano di essere scoperte e visita-
te (vedi Federica Ruggiero, "Pratiche di
resistenza delle donne nel genocidio
rwandese", in "La nonviolenza delle
donne", Lef, 2006).
Ho avuto la fortuna di incontrare
una di queste realtà attraverso la cono-
scenza personale di Marguerite Baran-
kitse, fondatrice della Maison Shalom.
Ma prima di parlare di lei vorrei dare
ancora qualche notizia di tipo "storico-
geografica".
Per raccontare questa regione del
mondo disastrata dalle guerre civili non
potrebbe esserci immagine più errata di
quella della divisione o dell'alternanza,
che lasciasse immaginare ora uno ora
l'altro dei gruppi vittime o dominanti.
Sarebbe una cieca e impropria semplifi-
cazione: perchè ciò che più la caratte-
rizza è invece la comune sofferenza,
condivisa da tutti, nessuno escluso.
La distinzione tra due gruppi appar-
tenenti ad uno stesso popolo, talvolta
persino a una stessa famiglia, ha origi-
ne nella storia coloniale: sia il Burundi
che il Rwanda erano stati annessi dalla
Germania nel secolo diciannovesimo e,
in seguito alla prima guerra mondiale,
affidati dalla Società delle nazioni al
Belgio, il quale ha portato avanti il pro-
cesso di stravolgimento culturale già
iniziato dai tedeschi cancellando le tra-
dizioni, semplificando i rapporti sociali
e famigliari e imponendo la suddivisio-
ne "etnica" tra hutu e tutzi sulla base del
numero delle vacche pro-capite (con più
di 10 vacche si era tutsi, sotto hutu).
Non a caso questi ultimi sono sempre
stati la maggioranza, più dell'80%.
L'accrescersi delle violenze tra i due
gruppi, che tra colpi di stato, dittature
militari e disordini vari, si sono alterna-
ti al potere, non ha avuto tregua fin dal
1962, anno dell'indipendenza dal Bel-
gio, ed ha visto nel 1972 un primo im-
portante massacro di cui vittime sono
stati soprattutto i componenti del grup-
po "hutu", che sono stati sia uccisi sia
costretti a fuggire in Zaire e in Tanzania.
In seguito, nel 1993-94, il genocidio più
noto alla comunità internazionale è ini-
ziato contro gli hutu, ma si è presto ca-
povolto provocando il gigantesco mas-
sacro di tutsi ed hutu moderati, com-
piuto dagli hutu al potere, che in Rwan-
da ha mietuto un milione di morti e in
Burundi e Tanzania l'affluire di migliaia
di profughi. Da quattro anni, in entram-
bi i paesi sconvolti da più di dieci anni
di guerra, è iniziato un lento e non faci-
le processo di pace, che prevede una
equa ripartizione delle istituzioni fra
hutu e tutsi, e ha avuto come prima
conseguenza la chiusura dei campi in
Tanzania e il rientro di decine di mi-
gliaia di profughi e rifugiati, sia dell'uno
che dell'altro gruppo, con conseguente
aumento di popolazione, carenza ali-
mentare e problemi sanitari.
Ascoltando i racconti diretti di Mar-
guerite Barankitse, una donna dallo
sguardo intenso, il volto trasparente e le
parole chiare e severe di chi ha fatto
una scelta forte e non teme né critiche
né minacce, la percezione più immedia-
ta è quella di trovarsi di fronte non sol-
tanto ad una donna, ma alla metafora
Burundi
Maggy e la Maison Shalom
Giovanna Providenti