Numero 2 del 2007
Famiglia allargata e in evoluzione
Testi pagina 33
no in gioco. Seguire perciò cosa fa la si-
nistra in Israele e cosa fa la sinistra in
Palestina, insomma un intervento per
forza globale. Janiki Cingoli, direttore
del Centro Italiano per la Pace in Medio
Oriente parla di "atteggiamento di equi-
vicinanza"- ben diverso perciò dall'equi-
distanza è un termine che mi piace mol-
to e che afferma che non si possono più
avere attori che vanno ciascuno per
conto proprio.
Possiamo dire che la società israelia-
na prevede le pari opportunità tra
uomini e donne? Da che parte stan-
no le donne in Israele?
Io percepisco lo Stato di Israele come
uno Stato in cui dalla nascita c'è stata
una certa parità tra donne e uomini. Fi-
no all'affermazione di movimenti reli-
giosi è stata una società molto libera
che ha favorito anche la partecipazione
delle donne alle più alte sfere dell'Am-
ministrazione e del Governo del Paese.
Penso all'ex Ministro Shulamith Aloni,
ma anche alla stessa Golda Meyr. Si
tratta di figure molto forti, di personag-
gi non di secondo piano, non solo asse-
gnatarie di mandato per rispetto di
eventuali quote rosa. Da che parte stan-
no? Amo pensare alle famose 4 madri
che hanno richiesto il ritiro dal Libano.
Conosco una di loro personalmente è
una persona di rara intelligenza e rara
umanità: Manuela Dviri Norsa una del-
le promotrici di questo piccolo movi-
mento che mobilitando centinaia,mi-
gliaia di donne ha portato al ritiro dal
Libano. Poi l'estate scorsa tutto è anda-
to a catafascio
Marina giornalista e scrittrice. Qua-
li sono i suoi rapporti con le sue
omologhe d'Israele? Perché in Italia
stentiamo a conoscerle? Forse perché
loro si cimentano in generi meno
"commercialmente produttivi"?
I miei rapporti con le mie omologhe
d'Israele sono di grande ammirazione e
non oso certo paragonarmi a loro. Per
fortuna in Italia vengono pubblicate da
case editrici attente come e/0. Anche se
quasi sempre esprimono idee tormentate,
non posso dire che si cimentino con gene-
ri commercialmente non produttivi. Sto
pensando alla bravissima Savyon Lie-
brecht, che certo tratta di argomenti uni-
versali. "Prova d'amore" è un romanzo
d'amore bellissimo. O penso a Zeruya
Shalev, che analizza i rapporti di dipen-
denza, a volte patologici, tra uomini e
donne, per esempio. Di recente ho letto
un libro uscito da poco "Ogni casa ha bi-
sogno di un balcone" di Rina Frank, una
storia molto mediterranea, piena di iro-
nia e di vita. Queste scrittrici hanno tutte
alle spalle vissuti familiari molto dram-
matici, la vita o l'arrivo in Israele, hanno
caratteri epici insomma. Hanno storie fa-
miliari da raccontare e questo giova alla
letteratura (il che ovviamente non vale
solo per le israeliane, ma in questo caso
il beneficio è molto evidente).
Che ruolo gioca la cultura di genere
in Israele a sostegno della pace?
Le donne sono sempre più interessate
alla pace e anche se in Israele le donne
fanno il soldato la guerra è sempre un
gioco di maschi.
Marina e Sofonisba… per caso Sofo-
nisba rappresenta anche tanti suoi
sogni? E tra questo anche un grande
sogno di pace?
Sofonisba non ha un carattere molto
pacifista, è amante delle maniere forti,
però agisce a fin di bene. Se ogni bam-
bino avesse una Sofonisba custode le
guerre non ci sarebbero perché le Sofoni-
sbe si eliminerebbero a vicenda. Quindi
alla fine il risultato sarebbe quello di
una pace.
E come madre ha mai regalato ai fi-
gli un'arma?
Ammetto di avere regalato a mio fi-
glio una pistola ad acqua… ma la ha
usata per innaffiare i fiori…
noidonne febbraio 2007 33
una visione di Israele laica e di sinistra, un'analisi della
pesante situazione dei rapporti nella regione e il ruolo dei
vari soggetti. Donne comprese
concetti e autori
Ridateci la croce celtica
Un cuore. Una croce. Il gesto di una mano. Pugno chiuso o saluto romano. La bam-
bina che corre nuda, lontano, in un Vietnam devastato. Il ragazzo col viso coper-
to e la pistola puntata degli anni di piombo. La matricola che ferma il carro arma-
to a Tien an men. Marilin che alza la gonna con il vento della metropolitana.
Immagini. Simboli. Come le Twin Towers o il cappio alla gola di Saddam. Sono alle-
vati dalla cronaca ma nascono nella preistoria. Una stratificazione millenaria. Come
la pietra conservata a Creta. Il disco di Festo, su cui 15.000 anni fa un nostro ante-
nato scolpì i simboli di quella che poteva diventare la prima stampa a caratteri
mobili. Ma non ebbe fortuna e la storia prese un altro corso, aspettando millenni
prima di inventarsi un alfabeto. Da Archimede a Bacone abbiamo coltivato simbo-
li che superano materia e razionalità. Dalla fisica abbiamo imparato che le dimen-
sioni non sono quattro ma molte di più e mentre la medicina esce dalla preistoria
completiamo il genoma umano pensando di essere lontani da graffiti e pitture
rupestri. Ma allo stadio continuiamo ad alzare le mani, per avvicinarci al cielo, e
quando siamo innamorate vorremmo ricevere solo rose rosse. La comunicazione
non è la nostra ma quella che ci hanno dato. Esce fuori dal buio come la strega, la
svastica o la croce. Troppo antichi per farceli scippare. Troppo simbolici per abban-
donarli. Michelangelo e Dante hanno costruito i loro capolavori fino a farne degli
autentici codici segreti al pari di Cristianesimo e massoneria. Ma la croce celtica no.
La svastica neppure. Non possiamo più usarle. Vecchi di quattromila anni sono
stati conquistati da altri e noi non potremmo più sognare per generazioni. Sono
simboli compromessi. Assurdamente. 25 anni di Hitler azzerano millenni. Mai più
quel simbolo. E mai più quel sentimento che stordisce e affascina perché comune
alla storia dei nostri padri.
Emanuela Irace