Numero 6 del 2007
Bambini nel mondo sotto tutela
Testi pagina 32
giugno 2007 noidonne32
Nadia Angelucci
Questa è la storia di Angelica. Ma an-che di Selza, sua madre e di sua
nonna. E' la storia di un paese che ha
subito una dittatura di 35 anni in cui
dal 1954 al 1989 Alfredo Stroessner
Matiauda ha instaurato, in seguito ad
un colpo di stato, una sanguinaria dit-
tatura in Paraguay.
E' un paese avvolto dal silenzio del
mondo, che solo raramente si accorge
della sua esistenza, e contraddistinto da
quello dei suoi abitanti, persone cordia-
li ma intimorite, che spesso scelgono il
silenzio. E anche Angelica, mentre mi
parla della storia della sua famiglia,
sottolinea questa difficoltà a racconta-
re, non solo le emozioni, ma anche gli
eventi.
"Ora guardo indietro, alla mia infan-
zia, e penso di aver avuto dei tratti au-
tistici. Già da piccola sapevo di non po-
ter parlare dei miei genitori perché era-
no dei perseguitati politici; se mi face-
vano delle domande dovevo inventare
qualcosa. Così ad un certo punto ho
smesso di parlare".
Da dove co-
minciamo?
Dal 29 no-
vembre 1975.
Quel giorno c'è
una retata e
vengono arre-
state molte per-
sone, tra cui
mia madre. Era
la compagna di
un leader del
Partito Comuni-
sta Paraguayano, Derlis Villagra. Era
un'attivista politica ma l'esercito cerca-
va lui perché era un personaggio cari-
smatico e aveva presa sulle persone. Ar-
rivò nella loro casa una squadra in bor-
ghese, Derlis non c'era, e loro si portaro-
no via mia madre, che era incinta di 4
mesi. Nello stile delle dittature sudame-
ricane non le fu risparmiato nulla: tor-
ture, violenze e condizioni di detenzione
subumane. Fu torturata alla presenza di
un medico, ad un certo punto pensava
di essere morta; credeva di aver perso il
bambino. Dopo i primi atroci giorni fu
rinchiusa in un sottoscala dove rimase
4 mesi, incatenata. Si guardava la pan-
cia che cresceva e non poteva crederci.
Al settimo mese di gravidanza fu trasfe-
rita in un carcere in cui si ritrovò con
mia nonna, detenuta già da 7 anni, du-
rante i quali non si erano mai viste. Do-
vevano fingere di non conoscersi per
non essere separate e lo stare insieme fu
utile, soprattutto quando nacque il
bambino. Mio fratello, Derlis, è l'esem-
pio vivente di come gli esseri umani ri-
escono a sopravvivere anche in condi-
zioni estreme. Mia madre ha partorito
sola, non ha avuto alcuna assistenza né
cure; il bambino le fu sottratto quasi su-
bito e lo sentiva piangere nella stanza
accanto: pianse 24 ore, poi il silenzio.
Quando glielo riportarono era viola;
pensava fosse morto ma appena lo pre-
se in braccio il bambino cercò il seno e
si mise a succhiare.
Queste cose ti sono state raccontate
da tua madre?
Per tanti anni non ne ha voluto par-
lare e ci ha raccontato tutto solo spinta
da una questione burocratica legata ad
una indennità che è stato possibile otte-
nere in quanto perseguitati politici. Ab-
biamo dovuto compilare un formulario
e raccontare tutta la storia. Ci abbiamo
messo delle settimane perché mamma
raccontava un pezzo e poi si fermava e
non riusciva più ad andare avanti.
Continuiamo… Poi tua madre è sta-
ta trasferita nuovamente, questa
volta in una specie di campo di con-
centramento, a Emboscada...
E' il posto in cui ha conosciuto mio
padre. Era un militare che si opponeva
al regime e aveva un ciclostile con cui
stampava clandestinamente volantini e
manifesti. Con lui i militari si sono ac-
caniti molto nella tortura proprio per-
ché si sono sentiti disonorati dal fatto
che lui fosse uno di loro. Veniva da una
famiglia benestante ma il suo coinvolgi-
mento contro la dittatura e la sua de-
tenzione hanno praticamente portato
tutta la sua famiglia alla rovina.
Nel 1979 i tuoi genitori escono dal
carcere in seguito ad un indulto e co-
minciano a vivere insieme ma in bre-
ve vengono raggiunti da un nuovo
ordine di cattura e sono costretti a
fuggire dal paese...
Sì, nell'aprile del 1980 vengono avvi-
sati dal Comitato delle Chiese Evangeli-
che che i loro nomi erano su una lista
nera del regime e gli viene offerto di fug-
gire in Brasile dove avrebbero avuto
ospitalità presso delle comunità di base.
Decidono di fuggire da un giorno all'al-
tro e per farlo prendono un autobus che,
dopo 24 ore di viaggio, arriva a San
Paolo. Era il 9 aprile del 1980. Il 10 so-
Storia di Angelica. E di sua madre
Paraguay