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Numero 5 del 2007

Happy new family


Foto: Happy new family
PAGINA 31

Testi pagina 31

noidonne maggio 2007 31
All'inizio di marzo i giornali di Dubaiparlano di una palizzata eretta a
bloccare l'accesso alla spiaggia di Ju-
meirah. Finito, kaput, khalas, spiaggia
bloccata. Per colpa di chi, non si sa, ma
una finanziaria locale annuncia un pro-
getto edilizio lungo 17 chilometri: altre
ville con diretto accesso al mare, altri
centri commerciali, altri palazzi. Come
se a Dubai non ce ne fossero abbastan-
za.
Un foto rubata nel cantiere mostra
quella che, con scherno, chiameremo
'the potato', la patata, cioè un'enorme
penisola artificiale che si prolunga nel
mare, dove ora è l`unica spiaggia libe-
ra e naturale di Dubai.
Oltraggio! La gente di Dubai è scan-
dalizzata, demoralizzata, arrabbiata.
In una città in cui gli affitti sono au-
mentati anche del 200% negli ultimi
due anni, in cui i lavori di costruzione
edilizia devastano la visuale da ogni
angolo, rimangono pochi spazi in cui
l'occhio può vagare indisturbato, in cui
la mente può fermarsi in pace. Jumeirah
Beach è una di quelle oasi, senza bi-
glietto di ingresso, senza orari di aper-
tura o discriminazioni di salario, abbi-
gliamento, religione, razza.
Su questa spiaggia passano i turisti
giapponesi a fare le foto di ordinanza, le
ragazze in bikini, le famiglie indiane
con i loro picnic, le mamme arabe con i
bambini. C'e chi viene a fare jogging,
chi a meditare o a fare una partita di
calcetto. I muratori asiatici, quelli che
in tasca hanno appena i soldi per un bi-
glietto dell'autobus e una bottiglia di
Pepsi da spartire con altre 5 persone, ci
passano le poche ore libere, sedendosi
sul muretto che separa la spiaggia dalla
strada.
Insomma, una spiaggia che appartie-
ne davvero alla comunità e che ne rap-
presenta l'anima.
Scatta la protesta, 'Dubai style': pri-
ma un indirizzo email a cui rivolgere i
messaggi di protesta, poi una petizione
online e una lettera pubblicata su un
quotidiano. L'eco del messaggio si allar-
ga, gli altri giornali si interessano alla
faccenda, i media internazionali chia-
mano per un intervista, la faccenda co-
mincia a scottare. La radio ne parla, po-
trebbe scoppiare e certo sarebbe un
guaio se i media stranieri, soprattutto
quelli britannici, ne scrivessero. Intanto
le firme raccolte dalla petizione online
aumentano: 1000 nel weekend, altre
1500 la domenica, fino alla quota, in-
credibile, di 4000 persone che firmano e
lasciano un messaggio a volte triste, o
incredulo o arrabbiato.
È la prima volta che i residenti di
Dubai, con le loro multiple e diverse
identità etniche, sono uniti in una bat-
taglia per il bene della comunità. A pro-
muovere la petizione, ci sono ora mi-
gliaia di persone, con la stessa motiva-
zione: il rispetto dello spazio collettivo
di Jumeirah.
Il passo successivo è farsi ricevere
dal Numero Uno, Sheikh Mohammed.
Ci si prova in vari modi, ma la buro-
crazia ha la meglio e non ci si riesce.
È invece Sheikh Moh'd ad avere in
serbo una sorpresa per i cittadini del
suo regno: una telefonata a mezzanotte
di giovedì lascia trapelare che forse Sua
Altezza potrebbe aver fermato i lavori.
La mattina dopo i titoli dei giornali na-
zionali confermano la notizia: Sheikh
Mohammed ha dato l'ordine di smantel-
lare la palizzata, l'intero progetto è sta-
to bloccato. La spiaggia tornerà a far
parte della giornata e della routine di
migliaia di cittadini.
Si tira un enorme sospiro di sollievo
nel sentire che il buon senso e il buon
governo hanno prevalso e che i cittadi-
ni, la prima volta in cui si sono real-
mente uniti per dar voce ai propri senti-
menti, sono stati ascoltati.
La prima vittoria civile popolare di
Dubai, la si potrebbe chiamare, la pri-
ma volta in cui le tessere del puzzle cul-
turale che formano questa città così
frammentata, si sono unite per un idea-
le comune e non materialista.
E hanno vinto.
Marzia Beltrami
L’ultima spiaggia di Jumeirah
Viaggi svelati
tanto per cambiare una
breve storia a lieto fine.
Almeno per ora
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