Numero 12 del 2009
Femminsmo: parliamone
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sultanato dell'Oman. I palestinesi della
Cisgiordania hanno, dal 2002, la loro
barriera di separazione, concretizzazio-
ne di un vero e proprio incubo: essere
costretti a vivere come topi in villaggi
trasformati in lager a cielo aperto, in
una sorta di regime di apartheid tra-
piantato in Medio Oriente. Anche attor-
no alla Striscia di Gaza vi è una barrie-
ra che la circonda completamente. Una
storia lunga e sofferta quella del conflit-
to tra Israele e Palestina, efficacemente
resa nel film "Il giardino dei limoni"
(2008). Un film che si svolge lungo un
reticolato che separa due mondi: quello
dove sta la villa del ministro israeliano
e quello del giardino dei limoni di pro-
prietà di Salma, la protagonista palesti-
nese. Vi è, infine, il muro che a Cuba di-
vide l'Avana dalla c.d. Tribuna antim-
perialista, a pochi metri dalla Sezione
Interessi Usa. Non è propriamente un
muro. Non vi sono i Volkspolizisten del-
la RDT, pronti a sparare su chi cerca di
scavalcarlo. E' solo un grande palazzo
dove ha, appunto, sede l'Ufficio degli in-
teressi americani.
Muri ci sono in Europa. Quello fra
Turchia e Cipro, edificato 35 anni fa da
Ankara per delimitare i territori che ri-
vendica a Cipro. Quelli che dividono
protestanti e cattolici in Irlanda.
Quando furono eretti (anni '70), pro-
vocarono la deportazione tra le due zo-
ne d'intere famiglie. Tra il Medio Orien-
te e l'Occidente spicca la barriera elet-
trificata che la Spagna ha innalzato per
sbarrare il passo degli immigrati maroc-
chini o subsahariani. Una barriera dop-
pia, alta da 4 a 6 metri e lunga 9,7 km.
intorno alla città di Ceuta e 8,2 km. in-
torno a quella di Melilla, dove si con-
centra, appunto, la pressione di milioni
di uomini in cammino dall'Africa sub-
sahariana. Ci sono i muri dell'era glo-
bale. Muri che cercano di allontanare
un'umanità sofferente che preme ai can-
celli del benessere occidentale. Muri che
raccontano di una politica che ha mes-
so il nostro futuro nelle mani dei teorici
delle guerre preventive, dei sostenitori
della democrazia da esportare, degli
esegeti di un Occidente opulento che de-
ve difendersi da eserciti di senza spe-
ranza, da masse di diseredati che cerca-
no di fuggire da realtà insopportabili,
da regimi dispotici, da élite al potere
che hanno dilapidato, spesso con l'aiu-
to o il silenzio complice delle cancellerie
europee e della superpotenza america-
na, ricchezze straordinarie. Un muro
dell'esclusione era in costruzione (subito
abbattuto con picconi, martelli e pale
dai residenti del quartiere popolare) su
richiesta degli abitanti ricchi del quar-
tiere de La Horqueta (San Isidro) a Bue-
nos Aires. Una barriera, che doveva es-
sere alta tre metri e lunga 270, per di-
fendersi dai poveri, da quelli del barrio
della Villa Jardin (San Fernando), e pre-
servare la vita tranquilla del quartiere
benestante. Rio de Janeiro ha proposto
un murallon anti-favelas, e interi quar-
tieri a Baghdad sono stati divisi da mu-
ri eretti per separare sunniti da sciiti. A
Veliko Tarnovo (Bulgaria centrale), da
alcuni anni mecca degli immobiliaristi
britannici, il gruppo israeliano Tidhar
ha fondato nella periferia collinosa una
"città satellite" di 60.000 mq. dotata di
centri commerciali, scuole ecc. A ben
vedere, "La zona", descritta nel film di
Rodrigo Plà (2007), pur se "pantografa-
ta" nelle dimensioni di una terrificante
metafora, non si distanzia poi molto
dalle fortificazioni e dall'isolamento di
molti quartieri-bene, mondi blindati,
sorti come funghi in questi ultimi anni
in varie parti del mondo. Nel 1999 nel-
la città di Ústí nad Labem, Boemia set-
tentrionale, era stato eretto un muro al-
to quasi due metri attorno a due caseg-
giati abitati prevalentemente da rom.
Ma era semplicemente grottesco che ses-
sant'anni dopo l'Olocausto rinascesse
un ghetto proprio nel cuore dell'Europa.
Benché alcuni abitanti della zona aves-
sero chiesto forme di segregazione anche
più rigide, il muro fu abbattuto l'anno
seguente. Accanto ai "nuovi ricchi" del-
l'Europa dell'Est convivono ora i "nuovi
poveri". La libertà rivendicata da un si-
stema marcio e corrotto fin nelle fonda-
menta, e conquistata con il crollo del
Muro di Berlino, ha tuttavia significato
la libertà di privatizzare tutto, provo-
cando un esercito di milioni di misera-
bili. Ogni muro ha la sua storia. Ma tut-
ti sono stati eretti su decisione di una
sola delle parti interessate, e tutti ce-
mentano l'odio. Il "Nuovo Inizio" avrà
luogo con la caduta di tutti i muri: ma-
teriali, simbolici, ma non per questo me-
no minacciosi o inquietanti.
Comincerà se vi sarà un grande sal-
to di civiltà capace di traghettare l'u-
manità fuori da questa barbarie e "oltre
il capitalismo in crisi".
grandi celebrazioni hanno ricordato i 20 anni della caduta
del muro di Berlino. Ma quante barriere ci sono ancora nel
mondo? A Tijuana tra Messico e California,
tra India e Pakistan, tra l'Arabia Saudita e lo Yemen,
tra il Kuwait e l'Iraq. E molti altri...
Muro a Tijuana (Messico). Le 3mila croci attaccate
al muro ricordano i migranti uccisi
Muro Israelo-Palestinese Muro visto dai palestinesi Muro a Belfast
Muro USA-Messico
Muro di Israele