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Numero 6 del 2010

Spot! Pubblicità & dignità


Foto: Spot! Pubblicità & dignità
PAGINA 31

Testi pagina 31

noidonne giugno 2010 31
re i muri, se trovavano un murale. I
graffiti sono riemersi con nuove tecniche
e nuove forme, nel 2000 con lo scoppio
della Seconda Intifada.
Nel luglio del 2003 ci ha provato an-
che l'Autorità Palestinese a cancellare
parte di questo universo colorato. In se-
guito ad un accordo tra Israele e Abu
Mazen, sono stati cancellati alcuni dei
murales colorati e degli esercizi calligra-
fici dai muri di Omar bin al-Mukthar
street, una delle principali arterie di Ga-
za City. Ma la rimozione è durata poco.
E le strade di Gaza hanno ripreso a es-
sere le pagine su
cui è scritta la sto-
ria quotidiana di
questo fazzoletto
di terra. Oggi come
ieri messaggi di ogni genere ricoprono i
muri, i pali della luce, ancora oggi il
graffito è un mezzo per mobilitare la po-
polazione palestinese, per riaffermare la
propria identità politica, per dare un
messaggio alla comunità.
Anzi, se ovunque nel mondo le auto-
rità si accaniscono con sanzioni pecu-
niarie contro i graffitari, considerati al-
la stregua di vandali, a Gaza il governo
de facto di Hamas, non solo li tollera,
ma li incoraggia, "organizzando veri e
propri corsi di calligrafia" racconta
Mia. Quale è la differenza tra i graffiti
di Gaza e quelli di Londra o Berlino?
chiedo a Mia. "Un graffito nel mondo
occidentale è spesso l'opera di un singo-
lo individuo, per affermare 'ehi ci sono,
io esisto, questo è il mio messaggio, o la
mia arte'. A Gaza, raramente il messag-
gio è di un singolo, piuttosto di una fa-
zione politica, di un clan, di una intera
famiglia o comunità." Mia fa l'esempio
dei ritratti degli shaheed. "Non è solo un
atto per commemorare chi è morto, è un
messaggio che l'intera famiglia vuole
dare al quartiere, alla comunità, come a
dire abbiamo perso un figlio, abbiamo
perso qualcosa di prezioso, abbiamo
fatto un sacrificio, non chiedeteci altro."
Un filmato della mostra è disponibile su:
http://www.youtube.com/watch?v=vZ7QX_tfzDs
la mostra fotografica di Mia Groendhal,
"Gaza Graffiti, messaggi di amore e politica",
catalogo pubblicato dall'American University
della Cairo Press, ha fatto il giro della West
Bank e di Israele per approdare a Gaza.
Sette anni di fotografie per ripercorrere
il senso dei graffiti nella Striscia
Tutto quello che non mi fa
morire, mi rende più forte.
Nietzsche
Con la crisi economica che ha inve-
stito il nostro paese, la paura tra-
smessa dai media entra nelle case in
maniera pressante. Le condizioni di
vita della maggior parte degli indivi-
dui peggiorano. Le famiglie si trova-
no a dovere fronteggiare difficoltà
economiche, cassa integrazione o
peggio ancora la perdita del lavoro.
Dobbiamo cambiare schema e mo-
di di vivere? Il bicchiere continuiamo
a vederlo mezzo pieno o si sta svuo-
tando? Per affrontare i cambiamenti
repentini, l'aggressività della globa-
lizzazione, i problemi quotidiani, ab-
biamo bisogno di più energia, abbia-
mo bisogno di "resilienza", Platone la
chiamava "tymoidés", termine che in-
dica un'impronta della personalità
composta da diversi componenti:
esperienze, comportamenti, creden-
ze, intelligenza emotiva, cioè quella
forza d'animo che risiede nel cuore,
che ci viene in soccorso nei momenti
di difficoltà, forza che mette in movi-
mento il cambiamento e che ci fa
scegliere una strada (per noi giusta)
piuttosto che un'altra.
Resilienza, in Fisica, significa: "ca-
pacità di un materiale di resistere a
urti improvvisi senza spezzarsi"; se la
caliamo nel campo sociale, si può
tradurre nella capacità umana di af-
frontare le avversità della vita, supe-
randole e uscirne trasformati e più
forti. Gli elementi costitutivi della re-
silienza sono presenti in ogni essere
umano; intuitivo nell'infanzia, e se
rinforzato, decisivo nella crescita ver-
so l'adultità. La società, nel suo insie-
me, ha curato e sviluppato poco le
qualità che sono insite nel concetto
di resilienza: introspezione, indipen-
denza, interazione, iniziativa, creati-
vità, allegria, valori morali. Ciò ha
fatto sì che le generazioni nate e cre-
sciute negli ultimi trenta anni, segna-
lino forti difficoltà di reazione, a
fronte di criticità ed eventi negativi.
La persona "resiliente" è meno vulne-
rabile, ha già sperimentato e supera-
to ostacoli nell'arco della vita, all'op-
posto la persona iperprotetta non ha
mai potuto mettersi alla prova e raf-
forzare la propria capacità di ripresa.
Diffondere il concetto di resilienza
contribuisce a comprendere che ogni
persona possiede questa caratteristi-
ca innata, coltivarla e trasmetterla al-
le nuove generazioni presuppone la
possibilità di dotarle di strumenti ef-
ficaci che contrastino con l'appiatti-
mento e la rassegnazione, sintomi
che stanno invadendo le loro vite.
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