Numero 12 del 2006
Letterina di Natale dai 4 milioni delle primarie
Testi pagina 30
dicembre 2006 noidonne30
Sharla Musabih, la fondatrice del cen-tro antiviolenza di Dubai, è una
incontenibile americana con tante storie
da raccontare e un'anima generosa. Dal
punto di vista personale è un esempio
incredibile di integrazione di due mondi
lontanissimi: a 18 anni negli Stati Uniti
incontra Hassan Musabih, cittadino di
un villaggio di Dubai, dopo pochi mesi
sono fidanzati e poi sposati, hanno il
primo figlio. Sharla lascia la sua agiata
vita americana, salta su un aereo e arri-
va nella Dubai degli anni 80, la Dubai
dei pescatori, della vita semplice e delle
case modeste. Segue i consigli di sua
madre, 'se vuoi che il tuo matrimonio
funzioni e vuoi vivere nel paese di tuo
marito, devi adeguarti alla loro cultura,
comportati come loro, non creare caos
in casa'.
E così lei fa: sforna 6 figli che oggi
hanno dai 5 ai 24 anni, si converte
all'Islam e in pubblico indossa l'abito
nero e il velo delle Emiratine. Eppure
questa donna è una vera ribelle, 'l'unica
vera femminista della penisola
Arabica', come si auto definisce.
Negli anni 80, assieme alle poche
altre mogli occidentali di uomini
Emiratini allora residenti a Dubai, crea
un network di beneficenza per persone
in difficoltà.
Presto le autorità cominciano a con-
tare su di lei. Nel 1991 la polizia le chie-
de di trattare un caso di violenza dome-
stica. A Dubai mancavano completa-
mente strutture sociali di supporto a vit-
time di violenza o del traffico di essere
umani, quindi nel 2001 Sharla fonda
'City of Hope' (La Città della Speranza),
un rifugio che accoglie donne e bambini
che hanno disperatamente bisogno di
una via d'uscita, di un briciolo di spe-
ranza e di supporto economico.
L'associazione non solo fornisce gra-
tuitamente un tetto e cibo a donne che
hanno deciso di rompere il cerchio della
violenza, ma anche assistenza legale
gratuita, psicoterapeuti, life coaching,
educatori per i bambini, training profes-
sionale e tutto quello che può servire per
ripartire da zero.
Dal 2001 City of Hope è cresciuta.
Oggi circa 90 tra donne e bambini risie-
dono in 3 ville in luoghi segreti della
città e ogni giorno Sharla riceve una o
due chiamate da parte di donne che
hanno bisogno di consigli e supporto - il
suo numero di telefono circola in tutti
gli Emirati e lei risponde personalmente
a tutte le richieste. La villa 67 è sempli-
ce, ma accogliente. Avrebbe bisogno di
manutenzione, ma i fondi vengono
dirottati verso cose più importanti.
Nella casa incontro Arwa, una quindi-
cenne giordana in conflitto con i suoi
genitori: lei studia in America e la fami-
glia invece la vorrebbe trascinare indie-
tro, dentro i confini sicuri della vita tra-
dizionale. 'Gli omicidi di onore - mi dice
Sharla - sono pratica comune in
Giordania'. Poi arriva Layla, una ragaz-
za dal volto raggiante che ha appena
lasciato il centro e sta ricominciando a
vivere; ha portato un telefono da pre-
stare a Arwa e vuole tanto salutare
Sharla: ha una luce incredibile negli
occhi, è bellissima. I casi che Sharla
vede quotidianamente sono dei più sva-
riati e trascendono l'appartenenza reli-
giosa, culturale, nazionale. Donne occi-
dentali, asiatiche, arabe, africane,
musulmane, cristiane, hinduiste, in rap-
presentanza della popolazione di que-
sto paese in cui l'80% è composto da
immigrati da più di 150 paesi diversi; le
statistiche perdono importanza davanti
al fattore che unisce tutte le residenti del
centro: uomini e dinamiche violente da
cui fuggire. Molte delle donne che si
rivolgono a lei sono vittime della vio-
lenza dei propri mariti o padri, la psico-
logia della vittima è probabilmente
uguale in tutto il mondo: le donne resi-
stono e giustificano fin che possono,
sopportano le botte, cercano di assorbi-
re il conflitto, fino a quando sentono
che la loro vita, o quella dei figli, è in
pericolo e non possono fare altro che
andarsene. Scelta sofferta. In media una
donna lascia il marito violento 7 volte
prima di prendere la decisione di
abbandonare la casa definitivamente.
Il sistema sociale degli Emirati Arabi
non aiuta: a una donna che si rivolge
alla polizia in caso di violenza domesti-
ca, viene fornito poco aiuto, una specie
di riconciliazione con il marito a cui
viene fatto firmare un foglio in cui si
impegna a non usare più violenza nei
confronti della moglie. Spesso il marito,
dopo aver subito questa umiliazione
pubblica, scarica la sua rabbia sulla
moglie ancora più intensamente.
Con ammirazione e un sorriso diver-
tito, immagino Sharla negli uffici di alti
funzionari a pestare i piedi, a cercare
soluzioni per aggirare e sfidare e infine
cambiare leggi o tradizioni obsolete e
maschiliste. Lentamente li ha portati
dalla sua parte e dove la legislazione è
ancora carente, ha imparato a interve-
nire con il buon senso e l'astuzia.
Quindi il marito violento e abbando-
nato sosterrà in tribunale che sua
moglie è scappata con l'amante, cosa
che è punibile per legge. Sharla invece
avrà già mandato una lettera alla poli-
zia dichiarando che la vittima è sua
ospite, così che non ci siano dubbi sulla
sua moralità.
La violenza famigliare non è l'unico
problema con cui Sharla si misura. Il
centro ospita spesso aiutanti domesti-
che che vengono schiavizzate o abusate
sessualmente dal proprio datore di lavo-
ro. Oppure ragazze vittime della tratta
delle bianche: convinte di venire a fare
le cameriere o le commesse, tantissime
Dove la speranza ha trovato casa
Viaggi svelati
Marzia Beltrami