Numero 10 del 2006
Violenza: sconfiggere la paura
Testi pagina 30
ottobre 2006 noidonne30
Il Ladakh si trova nell'Himalaya occi-dentale, a Nord dell'India, al crocevia
di catene montuose di straordinaria
altitudine (da 2.700 a 6000 metri e
oltre). E' una regione poco conosciuta,
aperta al turismo estero dal 1974, ma
apprezzata per l'affinità col Tibet, per-
ciò detta "Secondo Tibet". L'area è tibe-
tana, dal punto di vista geografico e
culturale. Dopo l'invasione cinese degli
anni '50, migliaia di tibetani vi si rifu-
giarono per ricreare l'ambiente d'origine
e ravvivare le tradizioni.
Un insegnamento buddista recita:
"Come le due ali di un uccello devono
essere in equilibrio perché possa volare,
così nessuno può raggiungere l'illumina-
zione, se la saggezza non è accompa-
gnata dalla compassione". Il femminile
è simbolo di saggezza e il maschile di
compassione, perciò la frase esprime
l'essenza del femminismo locale: uomini
e donne devono collaborare in equili-
brio, riconoscendo e integrando le loro
qualità.
La posizione di forza e prestigio che
le donne rivestono nella società ladaka
suscita interesse: in nessun altra cultura
le donne hanno un ruolo così incisivo e
paritario. Il tradizionale copricapo
(perak) incastonato di turchesi e coral-
li, aggiunti di anno in anno, è trasmes-
so dalla madre alla figlia maggiore
quando si sposa, non tanto a testimo-
niare la ricchezza familiare, ma piutto-
sto l'importante ruolo sociale. Una
prova è la Regina, succeduta nel 1974
al marito deceduto e considerata anco-
ra oggi una delle voci più influenti del
paese, per essere stata attiva rappresen-
tante del parlamento indiano fino alla
recente successione del figlio maggiore.
Le ladake sono piccole e belle: sguar-
do che cattura e sorriso che fissa l'atten-
zione, aperto, inaspettato, che rivela
sicurezza. Le giovani accennano timidi
saluti, le adulte sono disinvolte e
mostrano senza esitazione elevata
dignità nei rapporti sociali: per strada
conversano e scherzano animatamente
coi maschi, si siedono accanto a loro
nelle manifestazioni pubbliche.
Le differenze di genere sono poco
marcate: si usano nomi propri identici
per maschi e femmine; un unico prono-
me indica sia"lui" che "lei"; i cognomi
non seguono la filologia maschile; i rife-
rimenti familiari sono casa e fondo agri-
colo, per marcare il legame con la terra.
Le donne lavorano più degli uomini,
ma il loro contributo è riconosciuto,
senza rigide e stereotipate ripartizione
di ruoli, ad eccezione di pochi compiti.
Le attività femminili (tessere, cucire,
cucinare, lavorare a maglia) sono con-
divise coi maschi, abituati nell'infanzia
ai lavori domestici, senza temere minac-
ce alla mascolinità. Arare resta un com-
pito maschile, ma le giovani sanno irri-
gare, aprire canali e riparare frane.
Coltivano e lavorano nei campi, dove il
terreno è duro e sassoso,. Dopo il rac-
colto scendono in città a improvvisare
mercati dove c'è maggior afflusso di
gente. Dispongono frutta e verdura ordi-
natamente impilata su coperte di lana
distese a terra, circondate da sacchetti
di cereali, formaggio e frutta secca.
Quindi si accovacciano sul marciapie-
de, in attesa degli avventori. Molte sono
dedite all'allevamento e, alla pastori-
zia. Le nomadi vivono in tenda durante
il rigidissimo inverno, pascolando yakh,
muli e capre hymalaiane, da cui ricava-
no la lana per confezionare preziose
pashmine e tramandare l'arte della tes-
situra.
Una lezione di ecofemminismo
Secondo Tibet
Maria Elisa Di Pietro