Numero 2 del 2008
Politiche scomode
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ta del supporto sociale pubblico, aveva-
no ridato vigore ai clan familiari. E con
la complicità della propria cerchia fa-
miliare, le donne, per sfuggire alla poli-
tica del figlio unico, "fanno appello a
medici non autorizzati o a chirurghi oc-
casionali pagati a mercato nero per pro-
cedere clandestinamente alla rimozione
di sterilets (…) e fuggono nei villaggi vi-
cini per partorirvi di nascosto" (Marie-
Claire Bergère). La riluttanza della po-
polazione rurale di fronte alla limitazio-
ne delle nascite fu combattuta dalle au-
torità anche con metodi brutali. Tutta-
via, la posta in gioco era troppo alta: se
la crescita demografica nelle campagne
non fosse stata controllata, la scommes-
sa delle Quattro Modernizzazioni (agri-
coltura, industria, difesa, ricerca scien-
tifica e tecnologica) sarebbe stata per-
duta. La pianificazione familiare era la
prima e la più urgente di tutte le priori-
tà nazionali.
Altrettanto complesso era lo scenario
negli insediamenti urbani, dove le poli-
tiche di trasformazione delle imprese
pubbliche avevano causato licenzia-
menti su larga scala. Secondo i dati ri-
feriti da Elisabeth Croll, all'inizio degli
anni Novanta le donne costituivano il
70% dei lavoratori "dismessi". D'altro
canto, la legge varata nel 1988 per la
protezione del lavoro femminile, che im-
poneva alle aziende alti costi sociali per
la maternità, si era di fatto ritorta con-
tro le donne nel momento in cui si assi-
steva al disimpegno progressivo dello
Stato nei confronti delle imprese e alla
sostituzione del principio dell'incremen-
to del reddito come funzione del solo in-
cremento dell'occupazione con quello
dell'incremento del reddito in relazione
all'aumento dell'efficienza e della pro-
duttività. Ciò ebbe come effetto lo spo-
stamento di gran parte della manodo-
pera femminile nelle piccole ditte (meno
controllate), in quelle a partecipazione
straniera dove prevaleva il rapporto di
lavoro informale o, infine, nei settori
manifatturieri delle zone economiche
speciali (create per attrarre maggiori in-
vestimenti stranieri e dove le attività
economiche erano principalmente rego-
late dal sistema del mercato), in cui si
lavorava per lo più senza contratto,
senza orario e con miseri salari: in so-
stanza, con bassi costi di gestione e
grosse quantità di forza-lavoro.
A questi problemi si aggiungevano le
lacerazioni di un esodo massiccio dalle
campagne, nonostante la realizzazione
da parte delle autorità di un piano di ri-
strutturazione dello spazio rurale (lo
sviluppo di piccoli paesi, nei quali po-
tersi dedicare ad attività artigianali e
industriali), per evitare gli effetti della
destabilizzazione sociale. Questa migra-
zione, conseguenza dello scioglimento
definitivo delle comuni agricole che, in-
sieme con le unità di lavoro, costituiva-
no le cellule di base della produzione,
aveva riguardato molte giovani donne
cinesi in cerca di un lavoro nelle grandi
città come cameriere, commesse od ope-
raie nelle industrie tessili ed alimentari.
Oggi la maggior parte di queste sono oc-
cupate nel terziario (commercio e setto-
re dei servizi), anche se alcune di loro
cadono vittime del racket della prostitu-
zione o sono rapite per essere poi riven-
dute come mogli. La pratica del "guai-
mai" (rapimento e vendita) è un vero e
proprio commercio della schiavitù diffu-
so nel periodo pre-rivoluzionario e ri-
comparso dalla fine degli anni '70 in
tutta la Cina. L'immiserimento, in parti-
colare nelle zone rurali, aveva incorag-
giato il traffico delle mogli, che era un
espediente utilizzato per salvare i propri
familiari dalla fame.
Nel 1992, con lo scopo di proteggere
e migliorare la posizione delle donne, fu
approvata una legge sulla tutela dei lo-
ro diritti e interessi, e la Federazione na-
zionale delle donne cinesi, impegnata a
promuovere la parità tra uomo e donna,
diffuse sul territorio un programma
schematizzato nella "Dichiarazione del-
le quattro auto-referenzialità" (rispetta-
re se stesse; avere fiducia in se stesse; fa-
re affidamento su se stesse; migliorare se
stesse), i cui punti confluirono nelle di-
chiarazioni governative della Quarta
Conferenza sulle Donne organizzata
dall'Onu e tenutasi a Pechino nel 1995.
Con l'elezione a presidente della RPC
di Hu Jintao (2006) si apriva una nuo-
va fase, il cui obiettivo era far uscire la
Cina da una politica di sviluppo econo-
mico a tutti i costi, favorendo un'econo-
mia equilibrata che tenesse conto delle
sperequazioni sociali, dei danni am-
bientali e della condizione della donna.
A quest'ultimo proposito, il governo di
Pechino lanciava il nuovo piano "Aiuto
alle ragazze", per creare un ambiente a
loro favorevole, promuovere l'egua-
glianza tra i sessi e correggere lo squili-
brio nelle nascite, con l'elargizione d'in-
centivi economici e sociali alle famiglie
con figlie. E in un paese dove il welfare
era sempre più privatizzato, ciò era la
conferma che la penuria di donne rima-
neva una delle maggiori preoccupazioni
del paese.
noidonne febbraio 2008 29
dal controllo delle nascite al 'traffico delle mogli', dalla
scommessa delle Quattro Modernizzazioni (agricoltura,
industria, difesa, ricerca) al riequilibrio economico,
le contraddizioni e le lotte per i diritti delle donne cinesi