Numero 3 del 2012
D come differenti
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la sua piena realizzazione. Ciò è determinante sia ai fini dei diritti indi-
viduali e fondamentali di ciascuno di noi, sia in termini di utilità gene-
rale del sistema, che potrà rigenerarsi su solide basi di un benessere di
cittadinanza diffuso.
Vi è un nesso profondo tra uguaglianza e giustizia, tra uguaglianza e pa-
rità , tra parità e giustizia, perché il diritto positivo prende in considera-
zione soprattutto le disuguaglianze frutto di ingiustizie. Le stesse poli-
tiche redistributive, la promozione delle pari opportunità in favore dei
soggetti deboli, le azioni positive, il “diritto antidiscriminatorioâ€, sono
tentativi di prevenirle o contrastarle.
L’eredità culturale intangibile delle donne nel corso dei secoli ha contri-
buito alla costruzione del presente, e oggi pretende di essere decisiva per
la costruzione del futuro. La scarsa rappresentanza femminile nelle istituzioni
della polisè frutto di uno stereotipo, un pregiudizio di non afï¬dabilità , che
deve essere sradicato mediante precisi interventi di riequilibrio. In Italia
il cammino è ancora lungo e in salita, come dimostra l’attuale composizione
di Camera e Senato, dove la presenza delle deputate è ferma al 21%, del-
le senatrici al 18%. Questo nonostante la massima e più autorevole cari-
ca dello Stato, il Presidente della Repubblica Napolitano, abbia afferma-
to che “non possiamo ignorare la gravita dello squilibrio persistente in Ita-
lia, a danno delle donne, nella rappresentanza politica â€. A livello di am-
ministrazioni regionali non stiamo meglio. Basta citare le 7 consigliere elet-
te su 80 in Regione Lombardia e il dato medio italiano dell’11,6% per con-
statare lo strabismo e la profonda parzialità di un sistema che relega a mi-
noranza ciò che è maggioranza nel Paese e nel mondo.
Anche in Emilia-Romagna le donne sono sottorappresentate nelle posi-
zioni apicali e di responsabilità , siano esse incardinate in sedi istituzionali,
elettive, pubbliche o private: ad esempio le presidenti delle amministrazioni
provinciali si attestano al 33%, le donne sindaco al 19,7% (numeri esi-
gui ma pure i più alti in Italia), mentre rappresentano il 38,4% della Giun-
ta regionale ma solo il 18% dell’Assemblea legislativa.
A ï¬ne 2011 si è tenuto a Roma il primo forum nazionale delle elette del-
le Regioni e Province autonome, organizzato dalla Conferenza dei Presidenti
delle Assemblee legislative, da cui è scaturito un documento condiviso,
da proporre alla discussione, per
una modiï¬ca delle leggi elettorali
che favorisca il riequilibrio di ge-
nere nella rappresentanza. Il do-
cumento, approvato all’unani-
mità prima dalla Commissione
per la piena parità tra donne e uo-
mini della Regione Emilia-Roma-
gna e poi in plenaria, ha impe-
gnato Giunta ed Assemblea Le-
gislativa ad assumere concretamente il tema e contribuire a risolverlo.
Èvero che non bastano i correttivi elettorali per superare ostacoli cultu-
rali e di sistema: ad essi vanno aggiunte solide politiche di conciliazio-
ne, ï¬scali e del lavoro. Né sfugge l’importanza della partecipazione del-
le donne ai vertici economici e societari e in tal senso un passo in avan-
ti si è fatto con l’approvazione in Parlamento (awenuta lo scorso 28 giu-
gno) di una legge che stabilisce la presenza di almeno un terzo del ge-
nere meno rappresentato nei consigli di amministrazione delle societÃ
quotate in borsa e controllate. È però altrettanto vero che una politica ri-
generata dalla presenza femminile potrebbe acquisire questi temi, così
importanti per il rilancio economico e sociale del nostro Paese, con più
slancio, consapevolezza e determinazione. Il cambiamento che ci dovrÃ
portare ad una compiuta democrazia paritaria è awiato. Il cambiamen-
to siamo noi.
“L’ITALIA SONO ANCH’IOâ€
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Il Gruppo del PD in Regione
EmiliaRomagna sostiene, da
mesi, la campagna “L’Italia sono
anch’io", proponendo così la ri-
forma del diritto di cittadinanza
peri minori stranieri nati qui e ac-
cogliendo l’appello del Presi-
dente della Repubblica Giorgio
Napolitano che ha di recente pre-
so posizione a favore di questa
soluzione.
Sull’argomento l’Italia ha norme
assai restrittive, contrariamente
agli Stati Uniti e a numerosissimi Paesi occidentali ed europei. Ai figli
degli stranieri infatti è semplicemente concessa la possibilità di richiedere
la cittadinanza al raggiungimento della maggiore età , a condizione che
abbiano risieduto in Italia dalla nascita senza alcuna interruzione. Ciò
li rende, a tutti gli effetti, bambini di serie B. Questi ragazzi vivono con
i nostri figli, frequentano le stesse scuole, giocano assieme, si sento-
no nella stragrande maggioranza dei casi italiani; eppure da un momento
all’altro potrebbero essere rimpatriati e perdere cosi ogni diritto.
Durante il dibattito in Assemblea Legislativa, nel confronto fra diver-
se idee politiche, un esponente del PDL ha accusato il centrosinistra
di voler trasformare l’Italia nella “sala parto del/Africa". |l portato cul-
turale che un’affermazione simile evoca non è un inedito nella nostra
storia recente. La disgraziata avventura coloniale vedeva il Duce in pri-
ma fila nel cercare “un posto al sole", ma contemporaneamente si ema-
navano leggi contro i meticci e per preservare la razza italica da “con-
taminazioni". Negli anni del boom economico il nord affamato di ma-
nodopera impiegava un gran numero di meridionali, ma sovente essi
finivano ghettizzati e si registravano episodi di intolleranza contro i
cosiddetti “terroniâ€. Non solo a Milano e a Torino, anche a Bologna.
Ècresciuto un “leghismo culturale" che considera normale affidare agli
extracomunitari le mansioni più umili e pesanti, e al co itempo negare
loro le tutele che reputiamo per noi sacre e inviolabili. In tutto ciò rie-
cheggiano, spiace constatarlo, rigurgiti razzisti e cert' provincialismi
culturali tipici del ventennio fascista che spaventano e che sperava-
mo archiviati per sempre.
Nel bel film “Almanya†nelle sale cinematograï¬che di ecente c’è una
frase importante pronunciata da Max Frisch, scrittore e architetto svizze-
ro, a proposito dell’imponente fenomeno della migrazione verso la Ger-
mania awenuto fra gli anni '60 e ’70: "Abbiamo chiamato lavoratori —
disse - e sono arrivate delle personeâ€. Fra loro, vorrei aggiungere, sono
arrivati anche dei genitori e molto spesso (come raccmta la pellicola)
sono nati dei ï¬gli una volta che le madri e i padri si trovavano già in Italia.
Occorre allora avere il coraggio di affrontare alcune domande, senza
nascondersi: un Paese che non sappia difendere i più p'ccoli, le giovani
generazioni, può dirsi veramente evoluto? Per stare arcorati all'attua-
lità : con la crisi che incombe — e l’elevato rischio di espdlsione dei loro
genitori, qualora perdano il lavoro e non si vedano rinnovato il permesso
di soggiorno — cominceremo a rispedire a cuor leggero neonati e ado-
lescenti oltreconfine “causa recessioneâ€, negando loro qualunque di-
ritto? Una società che con una mano censura a gran voce i perversi mec-
canismi che ci stanno impoverendo sempre più, e con l’altra intesta di
fatto il conto di questa situazione a dei minorenni, a mio parere è in-
degna di considerarsi civile.
Marco Monari