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Numero 6 del 2010

Spot! Pubblicità & dignità


Foto: Spot! Pubblicità & dignità
PAGINA 28

Testi pagina 28

giugno 2010 noidonne28
Arriviamo ad Addis Abeba di notte.Alle 8 siamo già in viaggio verso
Sud. Ci fermiamo per la notte ad Awas-
sa, una fra le più belle città etiopi. An-
diamo nella Valle dell'Omo, verso Sud,
verso un ignoto che ci affascina.
La passione per questo incredibile
paese ci ha prese fin dal primo viaggio.
Questa volta abbiamo deciso di avven-
turarci in una zona dove vivono alcune
fra le etnie più antiche d'Africa. Abbia-
mo molti timori per diverse ragioni:
viaggiare in carrozzina a queste latitu-
dini non è facile ma la vita in carrozza
presenta ogni giorno imprevisti a cui far
fronte; dai precedenti viaggi sappiamo
che nemmeno le guide danno informa-
zioni precise sulle strutture ricettive per
cui occorre affidarsi alla fortuna; nella
Valle dell'Omo incontreremo popoli che
il turismo sta 'corrompendo' e ci sentia-
mo un po' colpevoli per la nostra curio-
sità. Qui i chilometri sono relativi. Quel-
lo che fa la differenza è la condizione
della strada. Sapevamo già che l'asfalto
sarebbe finito ad Awassa, ma con Tezé-
ra, il nostro autista/guida, siamo tran-
quille, è un compagno di viaggio atten-
to, prudente e innamorato del suo pae-
se, che conosce benissimo.
Arriviamo a Konso verso l'ora di
pranzo. Gli uomini e le donne dell'etnia
Konso vivono in numerosi villaggi spar-
si in uno splendido territorio coltivato a
terrazze. Ogni villaggio comprende di-
versi tucul. Al centro del villaggio una
piazza con l'albero delle generazioni.
Scostato dagli altri, un tucul per i gio-
vani uomini che trascorrono qui la loro
iniziazione al mondo adulto. Gli anzia-
ni filano il cotone, le donne tessono. La
vita sembra immobile. Lungo la pista
terrosa che arriva al villaggio incontria-
mo una folla che, a piccoli gruppi, va al
mercato a vendere e a comprare. Le don-
ne indossano gonne di cotone grezzo
con bordi decorati. Dall'incontro fortui-
to con un italiano, che lavora per una
Ong, impariamo che quella che ci sem-
bra ricca vegetazione è, come nel deser-
to, frutto di poche gocce di pioggia: non
hanno acqua, non piove da due anni e
senza i rifornimenti alimentari del PAM
(Programma Alimentare Mondiale), il
rischio di carestia sarebbe altissimo.
Scopriamo una cooperativa di tessuti
gestita da un gruppo di donne: ci sem-
bra un modo intelligente per utilizzare
le risorse che il turismo porta. Molti
bambini vendono oggetti di perline e so-
no particolarmente abili nella contrat-
tazione con i farengi o iu iu (come gli
etiopi chiamano gli stranieri). Questo
popolo costruisce grandi totem di legno
a protezione dei villaggi, i Waaka, che
non riusciamo a vedere perché, in consi-
derazione dei frequenti furti di queste
sculture lignee (molto ricercate sul mer-
cato di Addis), una Ong francese le ha
raccolte per allestire un piccolo museo
ancora chiuso. Non sfuggiamo però ai
bambini dai quali ne compriamo alcuni
in miniatura. Al mattino ripartiamo
verso Turmi con una sosta lungo il de-
serto di Wyeto per un caffè etiope, qua-
si più buono del nostro. I servizi igienici
ci sono ma per me risultano impratica-
bili. Facciamo un'altra, emozionante so-
sta, al villaggio degli Arbore, un gruppo
che vive in questo deserto dove la vege-
tazione è di arbusti e il caldo micidiale.
Anche qui siamo accolte con grandi
esclamazioni di meraviglia: questi po-
poli non sanno cos'è una carrozzina e
questa donna bianca, su un mezzo se-
movente, spaventa e incuriosisce. Sono
quasi sollevata, essere un fenomeno mi
fa pesare meno il senso di intrusione che
avverto. Se dai Konso la guida che ci ac-
compagnava aveva scattato numerose
foto, qui dobbiamo farlo da sole e scat-
tiamo una sola foto di gruppo, intimidi-
te dalla bellezza di queste genti.
A Turmi abbiamo una piacevole sor-
presa: il lodge è particolarmente bello e
comodo: le camere sono tucul appena
costruiti all'insegna della migliore tradi-
zione africana, i bagni comodi e puliti,
l'accoglienza calorosa coniuga folklore
e raffinatezza.
La mattina successiva, dopo due ore
di pista, arriviamo dal popolo Karo che
vive in un grande villaggio sul fiume
Omo. Il governo etiope ha pressoché ul-
timato una diga su questo fiume che do-
vrebbe risolvere il fabbisogno di energia
elettrica del paese, ma rischia di toglie-
re acqua a popoli che già vivono in con-
dizioni estreme. Arrivando al villaggio,
diamo un'occhiata al fiume, un nastro
azzurro in questa terra rossa con una
portata d'acqua veramente scarsa. E'
con noi una guida locale, un giovane in-
fermiere che, quando non è alla posta-
zione medica di Turmi, accompagna i
turisti. Le condizioni in cui vivono que-
ste genti sono veramente difficili, la
mortalità infantile è alta, le donne
muoiono ancora di parto e la loro vita è
particolarmente dura. La presenza di
una postazione sanitaria è già un fatto
importante. Anche qui grande interesse
per me: dopo un primo momento di spa-
vento, i bambini non vedono l'ora di im-
possessarsi delle manopole e spingermi.
Come con i Konso e con gli Arbore, trat-
tiamo con il capovillaggio il nostro "bi-
glietto di ingresso". Sono tutti molto gen-
tili, le donne sono bellissime: indossano
gonne di pelle di capra, perline al collo
e in testa, braccialetti ai polsi; quelle
maritate hanno particolari cerchi di me-
Etiopia
Tra il deserto e la meraviglia
Anna Grazia Giulianelli
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