Numero 2 del 2015
Libere/i di scegliere: gay lesbo Lgbt - Speciale Rebibbia
Testi pagina 28
Inserto realizzato con il contributo della Regione Lazio, Assessorato Pari Opportunità e Sicurezza, all’associazione L’Isola di Ula e Opp. Testi delle detenute del carcere femminile di Rebibbia (Roma, ottobre — dicembre 2014)
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Soff ocata
da una maschera
Mi presento. Nell’anno del Signore, 29 febbraio
1972 sono nata a Firenze da genitori congolesi. Mi
sento, sono fi orentina. Non soltanto per il diritto
dello jus soli, ma soprattutto per il diritto del
cuore e dei sentimenti. Se a Dante, nell’Inferno,
Farinata degli Uberti disse: “La tua loquela ti fa
manifesto della nobil patria natia” a me, molto
più banalmente in tv mi dicevano: “Dopo la sua
scollatura ciò che in lei più strabilia è la calata
toscana”. Sono dunque concittadina di Dante, di
Machiavelli e persino di Michelangelo, un’italiana sui
generis perfettamente integrata nel tessuto sociale
e civile del nostro Paese. Tali peculiarità mi hanno
portato ad una attiva e costante presenza in tv, in
qualità di attrice umorista e showgirl. Ho cercato di
cavalcare il sistema accettando di essere sfruttata
e cercando di sfruttarlo. Purtroppo anche per la
sottoscritta la giustizia ha avuto il suo countdown
e sono fi nita a Rebibbia per un reato di truffa che
credevo prescritto, in quanto commesso dal 2002
al 2005. Chi sbaglia paga, come si suol dire, ma se
non era anche per la negligenza dei miei difensori
potevo già usufruire di pene alternative. I diversi
legali ai quali mi sono rivolta non hanno avuto
un coordinamento tale da tutelare la mia libertà.
La libertà… il bene più prezioso soprattutto per
Sylvie, così libera di spirito, piena di vita, di gioia,
con un animo che ha sempre voluto soffocare
indossando una maschera… Provo delusione,
dolore, rabbia! Nel contempo mi sento sconfi tta
non perché sono entrata in cella bensì in una cella.
In un certo modo ci sono sempre stata: la cella di
una vita evanescente, di pochi contenuti, colma
di zombi senz’anima. Cerco di affrontare l’attuale
condizione, in modo sereno e razionale…quelle
peggiori (per certi versi) sono più utili alla crescita
interiore dell’essere umano e al suo percorso
psicologico. Questo triste periodo della vita mi
servirà a temprare la mente ed infondere coraggio
e saggezza al mio spirito. Mi sono organizzata
affi nché il tempo scorra il più velocemente
possibile frequentando le varie attività permesse
nel carcere sperimentale di Rebibbia: laboratorio
teatrale, corso di giornalismo, di yoga, di fi losofi a.
Qui dentro la vita è fatta di piccole cose e, tutto
ciò che all’esterno può sembrare insignifi cante, qui
diventa di vitale importanza. È dura stare in carcere
ed è peggio se si tratta della prima volta. Affronto
la realtà così come mi viene posta, giorno per
giorno, con dignità e coraggio. Vado in Chiesa tutte
le domeniche. È l’unico momento in cui sono sola
con me stessa…al termine della funzione religiosa
possiedo una forza diversa e una nuova speranza
per iniziare la settimana.
Trovo conforto nel ricevere lettere di persone a me
sconosciute che mi confermano stima, simpatia e
pure ricordo per le mie partecipazioni televisive
ritenendo, erroneamente, che le porte del carcere
annullassero espressioni di solidarietà umana, che
ho scoperto, invece tangibili! C’è tanta gente che
mi aspetta alla fi ne di codesto percorso. Dio mi è
sempre vicino!
Sylvie Lubamba
Rebibbia 29 Novembre 2014
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