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Numero 5 del 2010

Non solo madri


Foto: Non solo madri
PAGINA 27

Testi pagina 27

noidonne maggio 2010 27
L'Iran è un paese spesso al centro del-le cronache internazionali, soprat-
tutto dopo le contestatissime elezioni
del giugno 2009, il cui esito, ovvero la
conferma come Presidente di Mahmud
Ahmadinejad, hanno scatenato una du-
ra protesta da parte di migliaia di ira-
niani, convinti che ci fossero state irre-
golarità e brogli e che la rielezione del
leader del partito conservatore non fos-
se dunque legittima. All'indomani delle
elezioni è nato il movimento verde, una
sollevazione popolare a cui hanno ade-
rito iraniani di ogni classe sociale per
protestare contro l'esito del vo-
to e più in generale contro il re-
gime conservatore, colpevole
di non riconoscere le differenze
interne al paese e di perpetrare
violenze contro i dissidenti.
Molti intellettuali iraniani
hanno aderito alle proteste,
anche quelli che per ragioni
varie vivono ormai lontano
dalla Repubblica Islamica. Ho
avuto il piacere e l'onore di in-
contrare a Roma Effat Mah-
baz, scrittrice e attivista dei di-
ritti delle donne, attualmente
residente a Londra. Da studen-
tessa, Effat partecipò alla Ri-
voluzione del '79. Nelle epura-
zioni che seguirono la rivolu-
zione culturale dell'Ottanta, fi-
nì nel carcere di Evin, insieme
al fratello. Quest'ultimo e il
marito della scrittrice vennero
condannati a morte e giusti-
ziati per la loro azione di pro-
testa per reati politici. Dopo
sette anni di prigionia la scrit-
trice cercò di riprendere gli stu-
di e, due anni e mezzo dopo,
partì per la Germania, dove ri-
uscì a specializzarsi in storia
del femminismo all'Università di Dort-
mund. Effat è una donna coraggiosa ed
estremamente vitale, anche se la profon-
dità del suo sguardo lascia per un atti-
mo intravedere il carico estremo delle
violenze subite durante i lunghi anni di
prigionia. Le ho subito chiesto delle sue
connazionali, della visione che lei ha di
loro, adesso che vive lontano, in un pae-
se occidentale. La prima domanda è vo-
lutamente provocatoria perché ho deci-
so di chiederle cosa pensa delle donne
che votano e sostengono Ahmadinejad,
di quelle che non sentono dentro la
fiamma del cambiamento. "Io queste
donne le capisco. Non hanno la benché
minima coscienza di quello che succede
in Iran perché non sanno cosa c'è fuori
dai nostri confini. Credono ancora in
Ahmadinejad perché lui ha comprato la
loro fiducia. Mi riferisco alle tante fami-
glie povere dell'Iran: da loro lui è riusci-
to a farsi amare donando un sacco di
patate che, se a noi sembra niente, per
alcune famiglie è vitale. Vero è anche
che le donne hanno troppa paura: ve-
dono in giro molta polizia e temono che,
se fanno sentire la loro voce, gli verrà
portato via quello che hanno. Io ho fi-
ducia nel fatto che prima o poi tutti
prenderanno coscienza della situazione
e che la lotta delle donne iraniane con-
tro le discriminazioni enormi che sono
ancora costrette a subire porterà a dei
risultati." Abbiamo continuato l'intervi-
sta parlando delle donne iraniane
'emancipate' che però faticano ad essere
realmente libere. "La nostra cultura tra-
dizionale e l'uso fanatico dei principi re-
ligiosi musulmani fanno sì che la donna
si trovi in una posizione di inferiorità ri-
spetto agli uomini, a cominciare dai
suoi familiari maschi, anche se ha rag-
giunto un livello di istruzione più alto.
La tradizione è un macigno che pesa
sulla testa delle donne." Le ho chiesto
poi della tanto discussa questione del
velo, tema quanto mai ricorrente quan-
do si parla di e/o con donne musulma-
ne. A riguardo Effat Mabhaz ha
paragonato il velo delle donne
iraniane al tacco a spillo delle
donne occidentali, ovvero "una
scelta volontaria ma plagiata
da quello che la società a cui
appartieni ti chiede per sentirti
parte integrante; si finisce in en-
trambi i casi a seguire dei det-
tami esterni spacciandoli per
scelte personali e libere." In ulti-
ma battuta le ho chiesto la sua
opinione sul'operato dell'Occi-
dente nei confronti della politi-
ca e del popolo iraniano. Mi ha
risposto ribadendo la sua grati-
tudine a quanti in occidente,
per esempio Amnesty Interna-
tional, si spendono per evitare
esecuzioni capitali e per spinge-
re i governi a liberare i prigio-
nieri evitando anche molti sui-
cidi per disperazione. Secondo
Effat "la strada più giusta da se-
guire per aiutare il popolo ira-
niano è attraverso la mediazio-
ne politica, non facendosi inti-
midire dalle minacce di Ahma-
dinejad. Lui insiste volutamente
sull'armamento nucleare dell'I-
ran e svia l'attenzione dei me-
dia, occidentali e non, da questioni più
urgenti come le discriminazioni e le vio-
lazioni dei diritti umani, delle donne in
particolare." Salutandoci calorosamen-
te, non si può non sperare che un nume-
ro sempre maggiore di donne iraniane
possa trovare strade personali di eman-
cipazione come quella trovata da Effat
Mahbaz, sperando che non debbano
passare necessariamente da un dolore
così intenso come la perdita dei propri
cari e della libertà.
Dentro e fuori i confini
Iran
Silvia Vaccaro
Effat Mahbaz,
uno sguardo femminile
sulla situazione iraniana
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