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Numero 2 del 2015

Libere/i di scegliere: gay lesbo Lgbt - Speciale Rebibbia


Foto: Libere/i di scegliere: gay lesbo Lgbt - Speciale Rebibbia
PAGINA 27

Testi pagina 27

Inserto realizzato con il contributo della Regione Lazio, Assessorato Pari Opportunità e Sicurezza, all’associazione L’Isola di Ula e Opp. Testi delle detenute del carcere femminile di Rebibbia (Roma, ottobre — dicembre 2014)
La liberazione
attraverso la memoria
C’era una volta Francesco, un topolino
che si preparava ad affrontare l’inverno.
Mentre i suoi amici raccoglievano noci, fi eno,
bacche e grano per la tana, lui restava lì fermo.
“Non lavori Francesco?” dicevano gli amici vedendolo
fermo con la faccia al sole.
“Come non lavoro - rispondeva -, sto raccogliendo
i raggi di sole per i gelidi giorni d’inverno”.
“Ora, Francesco, che fai?” chiedevano gli amici
vedendolo saltellare nei campi.
“Raccolgo colori - rispondeva -. L’inverno è grigio”.
“Stai sognando, Francesco?” quando lo videro
accoccolato all’ombra di una pianta.
“Raccolgo parole per le giornate d’inverno. Sono
tante e lunghe. Rimarremo senza nulla da dirci”.
(Leo Lionni)
Sono in letargo da mesi nella mia cella. Ho fatto
provviste per 45 anni e oggi mi ritrovo a consumare
il doppio del mio fabbisogno giornaliero. Per il
detenuto lo spazio si restringe, ed il tempo si
dilata. Leggo tanto, seguo alcuni corsi, aspetto
ogni giorno la posta dei miei cari. E per tutto
il tempo mi sento infelice. Infelice per aver
perso un’opportunità convinta di averne altre
cento, infelice per tutto quello che non ho fatto
quando avevo abbastanza fi ato e terra da correre
davanti. Infelice per aver giurato, promesso e poi
mancato. Infelice per non essere stata abbastanza
innamorata, abbastanza serena, abbastanza viva,
abbastanza libera ogni giorno. Mi hanno legata
bene, quando mi hanno arrestata. Non ho provato
a sciogliermi, non sarebbe servito a liberarmi. E
allora, attraverso la memoria, in questo tempo
di reclusione cerco la liberazione. Ricordare
tutto; ripercorrere le istantanee, i corti della
mia vita, avere la volontà di produrre memoria,
identità, coscienza, affi nché il carcere non mi
cancelli. La mia famiglia svolge un compito molto
delicato, assolutamente incosciente del metodo di
approccio con chi sta da questa parte. E a volte è
tremendamente tragicomica la comunicazione tra
Disegno by Cinzia
noi. A sentire mia madre, mi trovo comunque in un
posto sicuro, protetto, mica come Milano di notte.
Il carcere attenta alla mia identità. Ne ho parlato
con la mia amica Loredana, anche lei con problemi
di comunicazione con l’esterno.
Cinzia
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