Numero 5 del 2006
L'altra metà
Testi pagina 26
maggio 2006 noidonne26
Dopo una quindicina di anni dall'ap-plicazione della legge 125/91 sulle
pari opportunità e le azioni positive il
Gruppo di lavoro della Rete Nazionale
delle Consigliere di parità ha promosso
la realizzazione di un software per
gestire l'obbligo previsto dalla norma
all'art.9. Tale articolo richiede alle
aziende pubbliche e private con oltre
100 dipendenti di redigere ogni due
anni un rapporto sulla situazione del
personale maschile e femminile in ognu-
na delle professioni e in relazione allo
stato delle assunzioni, della formazio-
ne, della promozione professionale, dei
livelli, dei passaggi di carriera o di qua-
lifica, dei licenziamenti, dei prepensio-
namenti e pensionamenti, della retribu-
zione effettivamente corrisposta. E' un
articolo che si muove nell'ottica di effet-
tuare rilevazioni avendo ben presente
che la differenza di genere è il livello
minimo per avere a disposizione dati
utili e capaci di rappresentare la realtà
(osservazione banale si potrebbe dire, se
non fosse che troppi dati ancora diven-
tano di difficile utilizzo perché non pre-
vedono sempre la differenza di genere
come standard minimo).
Al momento del varo della legge fu
ferocissima la discussione con il mondo
delle imprese su questo punto della
legge, le imprese lo rifiutarono (ci fu
anche un ricorso al Tar del Lazio) ed
ancora oggi non siamo in grado, per
molte Regioni, di stabilire se le imprese
tenute a farlo rispondono all'obbligo di
legge. Va inoltre sottolineato come l'a-
ver scelto di monitorare solo le imprese
con più di 100 dipendenti fu una media-
zione che si dovette accettare in sede di
approvazione della legge e che purtrop-
po esclude dall'osservazione una gran
parte delle piccole e medie imprese e
tutte quelle realtà - alcune cooperative
ad esempio - dove le donne sono inqua-
drate come socie-lavoratrici.
Un buon lavoro è stato fatto in questi
anni dalle Consigliere di Parità regiona-
li, soprattutto dopo la modifica del
ruolo delle Consigliere introdotto dal
dgl 196 del 2000.
La realizzazione di un software per la
raccolta dei dati e per la loro elabora-
zione è un ottimo contributo quindi per
applicare meglio la legge.
Forse sarebbe arrivato anche il
momento, avendo snellito le procedure,
di pensare ad estendere tale rilevazione
anche alle imprese con meno di 100
dipendenti ed allargare per tutti la rile-
vazione delle lavoraci anche part time,
atipiche e così via. A fronte di tale impe-
gno appaiono quindi interessanti le pro-
poste che si cominciano ad avanzare
anche in Italia per una premialità verso
le imprese che dimostrino di aver opera-
to al meglio per la realizzazione delle
pari opportunità.
La creazione di una sorta di marchio
di genere per le pari opportunità, così
come si sta sperimentando in varie parti
d'Italia e come ha realizzato la Francia
con l'introduzione della Label Egalité.
Una certificazione di qualità per le
imprese secondo un ottica di genere
potrebbe essere una buona proposta.
Una certificazione di genere
Proposte
Alida Castelli
Da luglio dello scorso anno, attraverso l'entrata in vigore del
Dlgs 145/05, le molestie e le molestie sessuali attuate nei luo-
ghi di lavoro sono discriminazioni a tutti gli effetti.
Vediamo come il legislatore definisce le due condotte e poi
facciamo alcuni esempi che ci permettano di comprendere se
qualche comportamento indesiderato, che abbiamo subito
nell'ambiente di lavoro, rientri nei casi definibili come discriminazioni. La molestia è un compor-
tamento indesiderato, posto in essere per ragioni connesse al sesso, che ha lo scopo o l'effetto di
violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile,
degradante, umiliante o offensivo. La molestia sessuale è un comportamento indesiderato a con-
notazione sessuale espresso in forma fisica, verbale o non verbale, che ha lo scopo e l'effetto di vio-
lare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile,
degradante, umiliante o offensivo. Se il tuo datore di lavoro o un collega di lavoro si permette di
criticare la tua prestazione lavorativa , ad esempio, in questo modo:"Era ovvio che non potevo
contare su di te, sei una cretina come tutte le donne" oppure "Ma non ci sei arrivata!! Hai un cer-
vello da gallina, del resto sei una donna!" allora ha posto in essere una molestia per ragioni connesse alla tua appartenenza di
genere. Non credo che sia necessario soffermarsi sulle condotte che si qualificano come molestie sessuali di tipo fisico, visto che
ogni donna le sa riconoscere perfettamente, più opportuno è qualificare quando le "galanterie" diventano molestie sessuali.
Cambiano la loro natura quando facciamo sapere al nostro datore di lavoro o al nostro collega che la cosa non è né desiderata
né apprezzata, ma l'autore non desiste. Anzi sovente, sentendosi respinto, alza il livello della sua sgradita condotta. Se si tratta
di un collega, devi sapere che il tuo datore di lavoro è per legge tenuto a garantire che l'ambiente di lavoro sia tale da salva-
guardare non solo l'incolumità' fisica e la salute psicologica, ma anche la dignità morale dei lavoratori, quindi puoi chiedergli di
adottare provvedimenti che risolvano la situazione, attraverso l'applicazione di sanzioni disciplinari e soprattutto attraverso il
trasferimento, ove possibile, dell'autore delle molestie; in caso contrario si rende inadempiente e, a sua volta, responsabile. Se inve-
ce si tratta del tuo datore di lavoro e, in seguito alla tua indisponibilità, diviene ricattatorio, non ti resta che rivolgerti ad un lega-
le di fiducia e alla Consigliera di Parità del tuo territorio per essere tutelata.
Avv. Natalia Maramotti
la Francia l'ha introdotta con
l'istituzione della Label Egalité
e in Italia si pensa
ad un software
Molestie e molesti sessuali sul lavoro