Numero 12 del 2011
Illuminata umanità
Testi pagina 26
SLOW FOTO
A "ASCOLTO
i CON GLI OCCHI"
di Nadia Angelucci
IL MESTIERE E L'ARTE DI UNA DONNA
q DIETRO LA MACCHINA FOTOGRAFICA.
INTERVISTA AD ANTONELLA DI GIROLAMO
a prima fotografia, in bianco e nero, venduta a Ri-
nascita nel 1990 e il prossimo progetto che preve-
de Ia partenza, a gennaio, di un corso di fotografia
per le detenute nel carcere di Rebibbia, con l'ap-
poggio della Coop Tirreno e dell'Upter. In mezzo ven-
ti anni di passione per la fotografia con un percor-
so che l'ha portata a sperimentarsi in differenti campi: fo-
toreporter, elaborazioni digitali, insegnante di fotografia.
Cosa significa per te essere una fotografa?
Rappresenta la libertà e la curiosità . Mi sento libera per-
ché organizzo il mio lavoro in maniera totalmente auto-
noma e soddisfo la mia curiosità perché attraverso la fo-
tografia ho una ‘scusa' per avvicinarmi a differenti mon-
dia me estranei e distanti ed essere accettata.
Come si è modificato il mestiere neqli ultimi anni?
Il passaggio dall'analogico al digitale è stato un cambia-
mento epocale. Il vantaggio del digitale è che consente un
abbattimento dei costi di sviluppo, stampa e sistema di ar-
chiviazione. E in un certo senso mette sotto controllo l'in-
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tero lavoro del fotografo che diventa padrone di tutta la
filiera. Il digitale ha democratizzato la fotografia aumen-
tando la concorrenza. Questa concorrenza, secondo me,
invece di portare ad un livellamento al basso alla lunga co-
stringerà chi vuole fare bene questo mestiere a puntare
alla qualità . Uno svantaggio è che abbiamo perso la len-
tezza e quindi la capacità di entrare in empatia con il sog-
getto fotografato, sia esso una persona, una situazione, un
luogo. lo per fare un servizio torno anche tre volte sul luo-
go perché lentezza significa per me attenzione. Ecco, vor-
rei tornare alla slow foto.
Il tuo è un mestiere che sta tra arte e artigianato.
Cosa significa per te?
Per me fotografare significa mettermi in ascolto con gli 0c-
chi. È una cosa che ho imparato viaggiando con un gran-
de giornalista, Stefano Chiarini del Manifesto; quando gli
chiedevo “cosa andiamo a fare" lui mi rispondeva “andiamo
a vedere". Così ho imparato ad aspettare e cercare il con-
tatto tra il mondo esterno e il mio mondo interno e a la-
vorare su ciò che questa relazione suscita.