Numero 12 del 2008
E tu di che Natale sei?
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di conquistare ampi consensi e di dividere l'opposizione. Per
esempio, nel caso della scuola si è gettato fumo negli occhi
con la proposta del voto di condotta, del maestro unico, del
grembiulino, proposte che hanno nascosto il vero progetto:
il taglio ai finanziamenti per deprimere la scuola pubblica.
Questo governo è pericoloso anche perché non appare così
pericoloso ad una prima occhiata; questo rende l'opinione
pubblica meno guardinga e critica e l'opposizione più timi-
da.
La costituzione italiana deve essere cambiata, si dice, per-
ché sarebbe vecchia. Che ne pensa?
Sono contraria: le costituzioni vecchie sono le più giovani
perché le più fortemente rispettate e onorate nel presente.
Sono le leggi ordinarie che invecchiano con facilità.
Contrariamente a queste ultime, la costituzione non è una
risposta ai problemi concreti ma un quadro di riferimento
normativo e ideale per dare risposte ai problemi concreti in
sintonia con i principi democratici. Più vecchia significa più
solida non solo nella giurisprudenza o tra gli esperti, ma
anche nell'ethos dei cittadini. La costituzione americana ha
più di 250 anni ma nessuno si lamenta che è troppo vec-
chia. Questo argomento dell'età é specioso, sofistico, e
assurdo. E pericolosissimo. Occorrerebbero alcuni interven-
ti nella parte che riguarda l'organizzazione dello stato per-
ché una volta eliminato il sistema proporzionale, che era
contrappeso alla formazione di maggioranze forti, il siste-
ma intero si é sbilanciato. Tuttavia, in questo momento
intervenire sulla costituzione, magari per favorire una svol-
ta presidenzialistica, sarebbe ancora più pericoloso che in
passato. Per quanto riguarda invece la prima parte della
costituzione, quella sui diritti, sono assolutamente contraria
alla revisione. A partire dalla bicamerale, la costituzione é
stata portata nell'agone politico, usata come arma di scam-
bio politico per costruire alleanze, e questo ha fortemente
danneggiato la nostra democrazia, perché ha contribuito a
mettere in circolo l'opinione che la costituzione appartenga
ai partiti o alla maggioranza, mentre essa é e deve essere di
tutti noi cittadini. Se si crede che la costituzione debba esse-
re cambiata allora occorre farlo eleggendo un'assemblea
costituente. Il parlamento non può arrogarsi questo potere.
E infine, trovo problematica e anzi insopportabile questa
mania ossessiva di riformare tutto, sempre e continuamen-
te. Le riforme continue rendono fragili i sistemi. E poi ci
sono cose che vanno conservate: la scuola dell'obbligo, ad
esempio, non andava riformata ma semmai consolidata nel
bilancio. Non si può trattare la scuola come un bene eco-
nomico e giudicabile secondo la logica di mercato dei costi
e benefici. Dobbiamo porci nella prospettiva della conser-
vazione di quei patrimoni pubblici che la democrazia italia-
na ha.
Lei vive negli Stati Uniti. Ravvisa grandi differenze con il
sistema italiano?
Ci sono certo grandi differenze e il paragone é forse fuori
posto. Il sistema dei "checks and balances" rende il sistema
americano meno disposto a grandi mutamenti, e per que-
sto é difficile che una maggioranza abbia il potere di cam-
biare davvero il volto del paese. (Semmai é la Corte
Suprema che sembra avere questo potere come si é visto
con i diritti civili o l'aborto). Ma i diritti sono sotto attacco
anche qua; la differenza è che gli americani dispongono di
maggiori sistemi di controllo e soprattutto di una visione
quasi sacra dei diritti individuali. Il guardiano dei diritti é il
sistema giuridico, che non è fondato, come quello italiano,
sulla centralità della società o delle comunità (religione,
famiglia ecc), ma é molto più individualista. Però dal punto
di vista della cultura dei diritti, l'America è molto più avan-
zata.
L'elezione di Barack Obama a presidente degli Stati Uniti
è stata definita storica. Lei concorda?
Le presidenze americane non sono mai radicali e credo
che anche questa sarà probabilmente nella continuità. A
livello internazionale ci sarà un mutamento ma non sarà né
radicale né immediato. Ma avere un afroamericano come
presidente è un fatto simbolico e culturale di straordinaria
rilevanza dentro e fuori degli Stati Uniti. La sua presenza
distenderà le relazioni internazionali dell'America con altri
Paesi. Un presidente che viene da una tradizione vicina al
Medio Oriente potrà destare molte simpatie in quella parte
del mondo, e forse rendere il mondo musulmano più vicino
all'Occidente e anche più attento ad isolare gli integralisti
radicali. E' una speranza. Ma sarà la politica domestica il
problema centrale di questa presidenza. Con la crisi econo-
mica, che é enorme, si imporranno forse revisioni in politi-
ca finanziaria e sociale, il riconoscimento finalmente della
responsabilità criminale della bancarotta, e poi investimen-
ti nelle infrastrutture (che tra l'altro soffrono l'usura a causa
di decenni di mancanza di investimenti pubblici). Ma l'a-
spetto simbolico é quello che padroneggia ora: una fami-
glia nera alla Casa Bianca è un simbolo forte, così come
sapere che nel letto dove ha dormito Abraham Lincoln, il
presidente della guerra contro lo schiavismo, dormirà un
presidente afroamericano.
L’articolo 3 della Costituzione
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali
davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lin-
gua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali
e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'e-
guaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della
persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavorato-
ri all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.