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Numero 6 del 2008

1948-2008: 60 anni di Sana e robusto Costituzione. Perchè cambiarla?


Foto: 1948-2008: 60 anni di Sana e robusto Costituzione. Perchè cambiarla?
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tetto. Insomma, bisognerebbe comportarsi come se lo
Stato fosse davvero preoccupato dei suoi cittadini, pronto
ad aiutare, pronto a riconoscere diritti.
Se consideriamo che tante cose sono cambiate e guar-
diamo all'aspetto propulsivo che hanno avuto certe leggi,
non vedo altra strada se non essere ostinate e impegnare
lo Stato con altrettanta fermezza sulle cose che dice e poi
non fa.
Io non vedo il bisogno di modificare gli articoli: la
Costituzione è il prodotto di un'epoca, è un po' la nostra
tavola della legge. Il problema è di vedere dov'è che non
funzionano le cose, dov'è che un determinato articolo non
offre la via per arrivare dove vogliamo arrivare. Facciamo
un esempio: se anche si togliesse la dizione riguardo all'es-
senziale "funzione familiare" della donna (Art. 37. La donna
lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse
retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di
lavoro devono consentire l'adempimento della sua essen-
ziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambi-
no una speciale adeguata protezione) riconoscendo che la
donna ha tante altre funzioni, il punto è un altro. Possiamo
anche togliere o modificare quell'affermazione, ma l'im-
portante sarebbe di fare in modo che questa funzione (cioè
quella familiare) fosse supportata, appoggiata, condivisa, e
che non ci fossero più casi come quello della ragazza che
ha detto "guadagno poco, devo abortire". Sarebbe impor-
tante che la società fosse accogliente. A questo punto non
importa che rimangano degli articoli che magari a noi non
piacciono: l'importante è che si facciano leggi giuste e che
si applichino.
Elena Ribet
Sulla mensola del caminetto di mio nonno c'era il mezzo
busto di un signore pettinato "all'Umberto" e con una cra-
vatta risorgimentale. "Un grande italiano - borbottava laco-
nico il nonno - un uomo politico, da prendere come esem-
pio". Il mezzobusto di Filippo Turati, nel pallore del gesso
sembrava contento di meritare le lodi dai viventi e di esse-
re considerato un modello di vita, anche se da vero genti-
luomo si limitava a un mezzo sorriso. Ma chi sono quei suoi
posteri che nell'anno di grazia 2008 dai
banchi dell'opposizione al Senato, in
un luogo che dovrebbe essere il tempio
della democrazia e della civiltà, stanno
urlando per la caduta del governo di
centrosinistra?
Gridano, si sbracciano, le vene del
collo gonfie, i vestiti scomposti, le voci
rauche. Un senatore, con le mani tutte
unte si ficca fette di morta-
della in bocca. Un altro ha
la testa fradicia di spuman-
te, un terzo infine si rivolge
a un collega chiamandolo
familiarmente "pezzo di
m…"e "vecchio frocio".
Questi i gentiluomini del
nostro tempo, chiamati
onorevoli. Ma saremmo
ingiusti se non riconoscessi-
mo che il primato della vol-
garità spetta spesso alle
donne, precisamente a
quelle della destra. Alcune sono eccezionali portabandiera
di tutto il peggio che si può dare in politica e come donne.
Memorabile il match che si svolse nel salotto televisivo di
"Porta a porta" fra Alessandra Mussolini e Katia Bellillo
entrambe onorevoli. Pestate, calcioni, tirate di capelli, men-
tre l'esterrefatto Vespa faceva da arbitro e tentava di sepa-
rare le due contendenti.
Ma le più dotate non hanno sempre bisogno di una spal-
la, e possono esibirsi brillantemente come soliste. Come
insegna Daniela Santanchè con il suo stile inconfondibile.
A un gruppo di giovani manifestanti davanti al Parlamento
apparve come un'Erinni, uscendo infuriata dal portone del
Palazzo. Non serviva, secondo lei, un gesto di attenzione
verso quello che i ragazzi chiedevano così vivacemente. Il
gesto era un altro, il dito anulare diritto verso il cielo a
significare "sai dove…?". L'allusione, facile capirlo, era a
quella parte del corpo dove non batte il sole e dove, a duo
dire, avrebbe voluto assestare delle belle pedate agli immi-
grati per ricacciarli aldilà della frontiera. Tanto per non
smentire la sua orgogliosa affermazione: "non ho mica le
palle di velluto".
Ma se durante l'anno tanto si è prodigata a fare sfoggio
della sua eleganza, in campagna elettorale ha fatto di più,
dando di sé un'immagine trasparente, e ha aperto il suo
cuore per confidare alle folle i suoi segreti. Così un giorno,
preso il coraggio a due mani ha rivelato la verità. Non su
qualche trama politica, su qualche attentato anticostitu-
zionale, ma su un tormento della sua vita privata. "Silvio
insiste perché gliela dia. Però io non gliela do". Ma si trat-
tava di una promessa elettorale che,
vista la sua mancata affermazione,
lei non è tenuta ad onorare? Sarà
davvero l'unica sconfitta di Silvio
Vincitore? Appassionante.
Giuliana Dal Pozzo
Lezioni di stile
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