Numero 12 del 2009
Femminsmo: parliamone
Testi pagina 25
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pessimo futuro per le giovani non ap-
partenenti al ceto alto della società.
Ricordo che il massiccio ingresso del-
le donne nel mondo del lavoro è seguito
alla riforma che portò alla scuola me-
dia unificata all'inizio degli anni '60!
Il tema della salute passa anche at-
traverso lo stress e, da un lato siamo
costantemente sollecitati alla pre-
venzione, alla longevità, allo star
bene e, dall'altro, una donna cin-
quantenne risulta "da buttare". Non
è un controsenso?
In Italia la misoginia sta riprendendo
fortemente piede, e di fatto il "requisito
estetico" è condizione ancora dramma-
ticamente richiesta alle donne, seppur
non sempre in maniera esplicita.
Ne è esempio la maggiore difficoltà
delle non giovanissime a trovare lavoro,
nonostante ci venga chiesto di lavorare
più a lungo perché siamo mediamente
più longeve. Omettendo di mettere in
conto la fatica che cumuliamo durante
la vita nel lavoro retribuito e in quello
non retribuito e omettendo le differenze
di condizioni tra lavori manuali e intel-
lettuali. Caso mai sarebbe utile che tut-
ti i componenti della società imparasse-
ro a manutenere la vita propria e altrui
come sanno fare le donne.
C'è chi vuol fare intendere che le don-
ne svolgono lavori meno faticosi e peri-
colosi poiché il tasso di infortuni, in
particolare mortali, è più basso.
Ma un'analisi più attenta ci dice che
le cose sono diverse: secondo l'OIL in Eu-
ropa ci sono 4 morti a causa di malat-
tie professionali per ogni morto per in-
fortunio. Ciascuno di noi conosce don-
ne che soffrono di dolori e malattie va-
rie, sia fisiche che connesse allo stress,
che originano dal loro lavoro e la loro
invisibilità mediatica non ne riduce la
portata di sofferenza a volte invalidan-
te. Così come la precarietà riduce la
condivisione dei saperi e delle esperien-
ze, riducendo le denunce relative. Par-
larsi tra donne, colleghe, compagne di
lavoro si può e si deve, per contribuire a
uscire dalle solitudini in cui vogliono ri-
cacciarci e per mettere in pratica la so-
lidarietà di cui siamo capaci.
Esperienze, Parlarsi, Solidarietà,
sembrano parole d'altri tempi. Ci
possono davvero aiutare?
Lo dobbiamo fare ancor più oggi per
uscire da questa crisi che ha anche un
portato democratico e misogino.
E' indispensabile e possibile un nuo-
vo modello di sviluppo sostenibile an-
che sul piano sociale e ambientale ba-
sato sulla ricerca, innovazione, occupa-
zione anche di qualità, saperi, istruzio-
ne, nuovi valori di convivenza, demo-
crazia.
La CSI (Conferedazione Sindacale In-
ternazionale) scrive nel suo documento
che presenterà ai negoziati sul cambia-
mento climatico a Copenaghen: "i sin-
dacati ritengono che la giustizia del cli-
ma non può essere raggiunta senza la
giustizia di genere.
Le donne sono una fonte essenziale di
idee innovative e strategie di protezione
e debbono essere sostenute in modo da
poter svolgere un ruolo centrale nel pro-
cesso decisionale a tutti i livelli, com-
prese le strutture sindacali."
Mi sembra l'approccio giusto.
dalle crisi che viviamo - economica, sociale e ambientale - si
può uscire con un nuovo modello di sviluppo sostenibile.
Anche sociale e ambientale e nel rispetto delle donne
La via giudiziaria alla
rappresentanza di genere
Negli ultimi mesi i TAR di varie Regioni si
sono pronunciati in merito alla questione
della rappresentanza femminile nelle Giunte
di alcuni Comuni in Puglia e nel Lazio e
della Provincia di Taranto. Impugnando
semplicemente gli atti di nomina delle
Giunte, e chiedendo l'annullamento con la
sospensiva immediata con la motivazione
che i due generi non erano presenti in quel-
le Giunte, i vari TAR hanno pronunciato
ordinanze che facevano decadere gli
Assessori da poco nominati. La meraviglia
con la quale la stampa a livello nazionale,
riprendendo una dichiarazione della
Ministra Carfagna, che ha commentato la
vicenda di Taranto e soprattutto della stam-
pa locale per gli altri casi, dimostra, ancora
una volta come siamo "digiuni" di cultura
giuridica del nostro paese. Scarsa conoscen-
za ne hanno i media, altrimenti non si
sarebbero così meravigliati, e altrettanta
scarsa ne hanno gli amministratori (o alme-
no trovano conveniente farlo credere) se si
sono nominati assessori "fuorilegge". Ma
ancora troppe volte nemmeno noi donne conosciamo i nostri
diritti e le leggi che, nemmeno troppo scarse numericamente e
qualitativamente, tutelano i nostri diritti.
E non servono gli Statuti degli Enti Locali per sancire la presen-
za di tutti e due i generi, anzi gli Statuti dovrebbero essere uni-
formati al Testo Unico sulle Autonomie Locali (dlgs 267/2000
art. 6 comma3) che prevede che tutte, ma proprio tutte le
amministrazioni locali devono garantire nelle Giunte l'adegua-
ta presenza dei due generi. Anzi a guardar bene la rappresen-
tanza di genere è prevista anche per gli "enti, aziende ed istitu-
zioni da esse dipendenti". Insomma c'è da fare un bel lavoro,
volendo. Un inserto del "Sole 24 ore" del 28 settembre u.s. par-
lava di una cifra enorme di Enti Locali "fuorilegge": ben 1.600!
E nulla sappiamo delle varie municipalizzate o enti vari: ci
sarebbe proprio un bel da fare per i TAR.
Inoltre leggendo le varie ordinanze dei TAR si scopre anche che
come memoria difensiva i vari Sindaci ed Assessori messi in
mora si difendono dicendo che "non hanno trovato donne", ma
la scusa non vale, non viene accettata.
Allora che fare? Cominciamo in via massiccia a seguire la via
giudiziaria alle pari opportunità. Quasi, quasi potrebbe essere
un'idea, e in alcuni casi credo sia anche necessario farlo soprat-
tutto nei confronti di quelle amministrazioni troppo sorde ai
problemi delle donne. Comunque dobbiamo sapere che abbia-
mo una legge dalla nostra parte e che è bene che cominciamo
ad esercitare l'obbligo previsto.
Alida Castelli