Numero 2 del 2009
Se 60 anni vi sembran pochi provate voi a lavorar...
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anche conto che l'Italia rispetto al re-
sto dell'Europa è il fanalino di coda re-
lativamente alle discriminazioni di ge-
nere tra cui anche quella della diversa
età pensionabile. È necessario pure te-
nere in considerazione il fatto che le
donne, non potendo arrivare ad una
anzianità contributiva, vengono pena-
lizzate relativamente all'importo della
pensione percepita. In questo modo,
le donne rischiano di far parte in futu-
ro del settore sociale di massima po-
vertà. Perciò a questo tipo di misura
ne vanno collegate altre per la conci-
liazione e la condivisione dei tempi di
vita e di lavoro che consentano alle
donne non solo di poter accedere, ma
anche di rimanere nel mercato del la-
voro. Ancora oggi almeno due donne
su dieci lasciano la propria occupazio-
ne in corrispondenza della nascita del
primo figlio. In Italia siamo ancora lon-
tani dagli obiettivi di Lisbona di acces-
so al nido, con circa il 5% contro il
33% indicato per il 2010. Gli altri sta-
ti europei stanno investendo in modo
massiccio sulla responsabilità sociale
delle imprese e su una diversa organiz-
zazione del lavoro che favorisca la
conciliazione. Il punto sta nello sfrut-
tare appieno i talenti e far capire che
un mercato del lavoro che penalizza le
donne rappresenta una perdita per
tutta la società e per le aziende stesse.
Ci vogliono patti territoriali tra azien-
de, enti locali e Stato per dare stru-
menti nuovi e più flessibili per l'inclu-
sione sociale delle donne, di pari pas-
so con una eventuale riforma delle
pensioni".
Vicenza
Ester Lovisetto, consiglierà di
parità provinciale supplente
"Sono d'accordo
che l'età pen-
sionabile per le
donne sia com-
parata a quella
dell'uomo. Non
mi risulta che,
storicamente, le
donne inizino a
lavorare dopo
rispetto agli uomini, pensiamo ad
esempio agli anni della crisi in cui le
bambine iniziavano a lavorare anche a
12 anni. È vero che alcune donne in-
terrompono la carriera lavorativa per
maternità, la quale non viene conside-
rata come un bene sociale e diviene
così motivo di discriminazione solo a
carico della donna. Per questo motivo
le strutture sociali dovrebbero interve-
nire per sostenere questo bene sociale
che è la maternità. Si tratta di interve-
nire su aspetti quali la conciliazione
dei tempi di lavoro e di cura da parte
delle strutture pubbliche, con un im-
pegno sostanzioso.
Un altro aspetto importante da consi-
derare è che le donne sono più longe-
ve e godono di migliore salute rispetto
agli uomini. Questo vantaggio dal
punto di vista lavorativo, di recupero
anche in termini di carriera, va visto
nel contesto di un prolungamento del-
l'età lavorativa.
Ritengo anche che la componente
femminile debba essere valorizzata in
ambito occupazionale, come risorsa
non ancora utilizzata da parte della
società e dell'economia. Occorre riva-
lutare le donne per i contributi forti e
innovativi che portano, per le loro ca-
pacità e doti insite, in quanto portatri-
ci di diversità di interpretazione e di
competenze trasversali significative ed
efficaci.
Tempo di crisi...
Tempo di ammortizzatori sociali / 1
Gli effetti della crisi del sistema finanziario hanno travolto anche
il sistema produttivo e le aziende sono in difficoltà, il primo stru-
mento al quale ricorrono è la riduzione del personale o la sospen-
sione della produzione. Per le lavoratrici ed i lavoratori che si tro-
vano coinvolti in questi processi esistono i c.d. ammortizzatori
sociali. Quando si parla di ammortizzatori sociali si intende un complesso ed articolato sistema di tute-
la del reddito dei lavoratori/lavoratrici che sono in procinto di perdere o hanno perso il posto di lavo-
ro. Questo sistema è definito da specifiche norme di legge. I principali ammortizzatori sono la cassa inte-
grazione guadagni straordinaria e ordinaria (CIGS e CIGO), i contratti di solidarietà, l'indennità di dis-
occupazione e l'indennità di mobilità. Purtroppo queste tutele non riguardano tutte le lavoratrici ed i
lavoratori perché sono condizionate sia dai requisiti dimensionali delle imprese sia dai settori di appar-
tenenza.Sarebbe davvero stimolante aprire una riflessione sull'iniquo sistema che nel nostro paese ha
reso possibile, da un lato, la concessione di 7 anni di cassa integrazione all'80% del reddito per i dipen-
denti Alitalia, e dall'altro detiene il discutibile primato di fornire una scarsissima protezione ai disoccupati: infatti mentre in Francia e in
Germania rispettivamente il 75% e l'80% dei disoccupati percepisce una qualche forma di sussidio, in Italia solo il 20%.
Ma questa è una rubrica "tecnica" e allora ci occuperemo di definire le varie tipologie di ammortizzatori sociali, attraverso una serie di
articoli. In tempi come questi sapere di cosa stiano esattamente parlando governo e sindacati quando si riferiscono a questo tema è essen-
ziale per formare un giudizio.
LA CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI: le integrazioni salariali, assieme ad altre tipologie di istituti come i contratti di solidarietà, ser-
vono a garantire la conservazione del posto di lavoro, ed una parziale percezione di reddito, di fronte a eventi che coinvolgono le azien-
de e che potrebbero comportare il licenziamento o la mancata erogazione dello stipendio. All'interno dell'istituto "cassa integrazione gua-
dagni" sentiamo spesso fare la distinzione tra "ordinaria e "straordinaria". La differenza fondamentale tra i due istituti, semplificando, con-
siste nel fatto che la prima è rivolta a far fronte a situazioni "congiunturali" ossia ad eventi che per un certo arco temporale possono com-
portare difficoltà produttive, che incidono sui rapporti di lavoro, la seconda, invece, è rivolta a far fronte a situazioni "strutturali" di ecce-
denza del personale dipendente di un'impresa. Alla Cassa integrazione straordinaria si ricorre dunque in presenza di crisi di lunga dura-
ta che dipendono da processi di trasformazione o razionalizzazione dell'attività produttiva o anche da vere e proprie crisi aziendali.
Avv. Natalia Maramotti