Numero 8 del 2016
Felicità, parliamone
Testi pagina 23
21Luglio-Agosto 2016
nei femminismi, questa ricerca della felicità mi sembra di
leggerla proprio nell’originaria produzione di uno sposta-
mento rispetto alle narrazioni dominanti. Sta nel supera-
mento della subalternità. Si annida nel cuore delle radici
nelle pratiche delle donne. All’origine, già solo nella conte-
stazione dei tempi in cui, alle donne, la felicità era imposta.
Felicità come passione politica e condivisione di cor-
pi in divenire, di cui credo ci sia ancora bisogno. E in
modo prorompente. È il desiderio
di immaginare e costruire un al-
tro tempo. Esattamente perché
penso che il femminismo sia un
divenire, vedo nel suo movimento
anche quello di una felicità che si
compone. È la costruzione di una
libertà altra perché, come diceva
Carla Lonzi, “non c’è dubbio che la li-
berazione della donna non può rientrare
negli stessi schemi (...) si vanifica il traguardo
della presa del potere”. Una libertà nuova, fatta di re-
lazioni e incarnata nei corpi, che supera l’affermazione
degli egoismi. Per me, la felicità è la possibilità di una
rivoluzione. ?
TRA IL SACRO
E IL PROFANO…
Una risata e il primo bacio. L’acqua
bevuta a garganella dopo una corsa.
La festa di laurea con il vestito
che ti sta a pennello. Attimi che
accecano, desideri che si realizzano,
paure che si dimenticano. Sorella
minore dell’amore, la felicità ha la
misura del momento e la velocità
di un passaggio mai permanente. È
il tempo che acquista lo spessore
necessario al ricordo, la sorpresa
live che accarezza il presente,
l’immaginazione del futuro.
Depennata da Voltaire nel suo
dizionario filosofico, coincide per
gli antichi greci con l’eudemonismo,
termine che rimanda al fondamento
della vita come realizzazione etica.
Una morale che James Hillman
scandaglia in tutta la sua profondità
partendo proprio dall’etimologia
del concetto greco traducibile con:
essere in compagnia di un buon
demone.
È il daimon - l’anima, il paradigma
- come il genius dei latini o l’angelo
custode dei cristiani. Ma è anche
la forma fondamentale, l’immagine
primigenia che ci crea nella nostra
individualità e ci fa felici. La ghianda
che definisce il progetto della nostra
vita e che ciascuno incarna. Negli
archetipi di Hillman, come per
Socrate e Platone, è il marchio che
riceve il carattere fin dall’infanzia e
che prima o poi svela chi dobbiamo
essere. In altre parole, diventa
quel che sei o per dirla col gigante
Gargantua di Rabelais: “Fai ciò che
vuoi sarà la tua legge”.
Nei secoli la traccia della felicità
compie arzigogoli e volteggi, tra
equilibrio e misura, bene supremo
o estasi mistica, si accompagna
ai canoni dominanti nelle diverse
epoche. Dalla mitica età dell’oro,
sempre invocata, tutti la citano
ma in pochi l’approfondiscono per
quell’essenza passeggera, legata alle
passioni e al capriccio di desideri
materiali che poco interessa la
speculazione dei filosofi. Sdoganata
in età moderna dalle correnti del
giusnaturalismo diventa centrale
nel Contratto Sociale di Rousseau.
Il teorico della democrazia diretta
ne fa un principio cardine della
politica, intesa come risultato di una
scelta naturale che l’uomo attua per
essere felice e trovare: “Una forma di
associazione che difenda e protegga
con tutta la forza comune la persona
e i beni di ciascun associato e per
mezzo della quale ciascuno, unendosi
a tutti gli altri, non ubbidisca tuttavia
cha a se stesso, e resti altrettanto
libero quanto prima”.
Dalle contaminazioni con il
diritto e la politica il concetto di
felicità assume valore pedagogico
nell’Emilio. L’opera più conosciuta
dello scrittore ginevrino che in
polemica con i filosofi illuministi
celebra la felicità dell’individuo
come imprescindibile da quella
dell’intera umanità, come egli stesso
scrive nel primo Discorso: “Non si
tratta affatto di quelle sottigliezze
metafisiche che hanno invaso tutte
le parti della letteratura, ma si tratta
di una di quelle verità che riguardano
la felicità del genere umano”.
Felicità nella libertà e secondo
natura, perché la più importante
regola di ogni educazione: “non è di
guadagnare tempo, è di perderne”.
Sulla centralità del problema
educativo Rousseau riesce
ad anticipare molti temi del
Romanticismo e della successiva
psicanalisi, aprendo alla
consapevolezza di un mondo
interiore, oltre che politico,
rispetto al quale in tanti possono,
felicemente, dirsi suoi epigoni.
Emanuela Irace
“Ah, è un inferno essere amati da chi non ama né
la felicità, né la vita, né se stesso, ma soltanto te“.
Elsa Morante
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