Numero 1 del 2008
Siamo in movimento
Testi pagina 22
gennaio 2008 noidonne22
In Italia le donne con un lavoro rego-lare sono 9.049.000 (dati Istat 2006),
quelle con un lavoro irregolare, nero, so-
no 1.352.000. E' il primo dato sul quale
è interessante riflettere: ogni 9 donne
che lavorano in un lavoro regolare ne
troviamo quasi 2 nel lavoro sommerso.
Se, ipoteticamente, la quota di lavora-
trici in nero passasse ad un'occupazione
regolare anche le italiane sarebbero più
vicine alle medie europee all'obiettivo di
Lisbona. Ma la strada per l'emersione
non sembra facile per tanti fattori. Se ne
è parlato nel convegno organizzato dal-
l'Isfol su "Le donne nel lavoro sommerso,
partecipazione femminile al lavoro nero
e prospettive per l'emersione" che si è
svolto a Roma lo scorso mese di dicem-
bre, dove è stata presentata la prima in-
dagine in Italia sul lavoro sommerso ed
irregolare femminile. Le donne che sono
coinvolte da questo fenomeno sono per
la maggioranza al nord per il 64,2% se-
guite dal 49,9 al centro a per il 31,5 al
sud, rispecchiando anche qui la situa-
zione delle lavoratrici regolari, più oc-
cupate al nord rispetto al centro, e an-
che rispetto all'occupazione sommersa
maschile le donne sono presenti in nu-
mero leggermente inferiore: il 47%. Per
la maggioranza sono presenti nel setto-
re dei servizi, e in minima parte anche
nell'industria soprattutto al nord.
Di fatto quello che emerge da questa
ricerca è il parallelismo con la condizio-
ne delle lavoratrici italiane, ufficiali,
precarie ed in nero con poche differenze,
se non quelle fondamentali di non aver
un contratto di lavoro e la non applica-
zione delle norme contrattuali. Anche le
donne del sommerso dichiarano di do-
ver conciliare lavoro e famiglia, molto
spesso anzi, accettano un lavoro nero
perché più vicino a casa, o perché con
un orario che le lascia più "disponibili"
per la famiglia. Per alcune la difficoltà
ad inserirsi in un lavoro ufficiale trova
le radici nella scarsa qualificazione di
cui dispongono, e su questo occorrereb-
be riflettere molto in termini di politiche
attive del lavoro, in primo luogo agli in-
terventi programmati dalle regione in
materia di formazione professionale. Fin
troppe volte si sente parlare più della
disoccupazione intellettuale che di quel-
la con bassi titoli di studio dimentican-
doci che anche rispetto al livelli d'istru-
zione l'Italia è ancora ben al di sotto
delle medie europee, e ciò vale soprat-
tutto per le donne. Tutte queste donne si
sentono scoraggiate e difficilmente ri-
tengono di poter aspirare a qualcosa di
meglio del lavoro che si trovano a svol-
gere. Diverso è il segmento delle giovani
che accettano un lavoro nero, spesso so-
no ragazze che coniugano in questo mo-
do il rapporto studio- lavoro, e per loro
c'è spesso la speranza di poter trovare di
meglio una volta finiti gli studi.
Nello scenario delle proposte per far
emergere il lavoro nero appaiono estre-
mamente interessanti le uniche due pro-
Donne (occupate) in nero
Lavoro sommerso
Alida Castelli
La IX Convention di Donne Impresa, svoltasi a Roma , si è svolta sul motivo conduttore
di "Donne e Economia". L'Osservatorio sulla Imprenditorialità Femminile, attivato da Con-
fartigianato, partendo da dati dell'Istituto Tagliacarne, che indica nell'11,9% il contributo
dell'artigianato al valore aggiunto nazionale, rileva come il 18,2% di esso venga prodotto
dalle imprese al femminile con un valore che complessivamente ammonta a quasi 27,5 mi-
liardi di euro: come se queste imprese potessero da sole pagare più di due leggi finanziarie con l'avanzo ancora di diversi mi-
lioni di euro.
Aspettative positive e cauto ottimismo sono state espresse dalle imprenditrici intervistate, soprattutto per quanto concer-
ne il secondo semestre del 2007 in relazione agli andamenti della domanda e degli ordini e in particolare per quanto con-
cerne le aziende manifatturiere e quelle dei servizi.
Queste aspettative acquisiscono un valore particolare se si considera l'incertezza economica generale del Paese e nel con-
tempo la mancanza di sicurezza e legalità: infatti più di un terzo delle imprese italiane indica un peggioramento dei livelli
di sicurezza con un accentuarsi dei fenomeni del racket e dell'usura.
Il pensiero innovativo ed indirizzato al futuro è poi ancora più evidente nella convinzione di dover organizzare strategie
di rete tra le piccole imprese, allacciando collaborazioni forti con le altre aziende artigiane in modo da poter acquisire in-
sieme quel peso economico che la società fatica ancora a riconoscere loro come singole ed in modo da poter affrontare il
mercato globale ed i processi di internazionalizzazione a cui, in numero sempre crescente, aspirano.
Ma su questo ottimismo di fondo che sembra permeare le imprenditrici intervistate grave comunque una certa riserva: so-
lo per la metà di loro il modo in cui la società italiana si pone nei confronti della donna che lavora è migliorato rispetto al
passato. Non solo: nel mondo imprenditoriale la discriminazione femminile si fa sentire già dall'inizio (29%) costituendo una
ulteriore problematica al già difficile avvio dell'attività.
Rita Casula
Ottimiste ma con qualche perplessità