Numero 8 del 2016
Felicità, parliamone
Testi pagina 22
20 Luglio-Agosto 2016
di Marta Facchini
lE g IOvANI E Il FEmmINIl E
Al COs PETTO dEll A FEl ICITà,
TRA simone Weil E luisa muraro
PAss ANdO PER carla lonzi. uN
CAl EIdOs COPICO dIvENIRE
CosTruIrE
uNa LIbErTÀ
ALTRA
La felicità è un sistema complesso. È questo il messag-gio di una recente pellicola del cinema italiano, regia di Gianni Zanasi. La trama è semplice: il protagoni-
sta, impersonato da un impeccabile Valerio Mastrandrea, è
un imprenditore dalla giacca grigia, faccia seria e impene-
trabile, che ha un lavoro che con la felicità ha ben poco a
che fare. La vita fa poi lo sgambetto: prende il protagonista
in contropiede, lo manda in crisi e lo costringe a ripensare
un’intera esistenza. Lo mette davanti al necessario risvolto
emozionale e affettivo delle relazioni. E, in queste nuove
affinità elettive, lo fa camminare su un’altra strada.
Anche io penso la felicità come un sistema complesso.
Non riesco a definirla in un solo modo. Me la im-
magino in una composizione multiforme.
Non sta mai in un solo posto, cambia
direzione. Si ferma, poi ricomincia a
muoversi. È un caleidoscopio. Pro-
duce metamorfosi, è sempre in
connessione con l’altro da sé stes-
sa. Così come credo sia difficile
riflettere su cosa le nuove generazioni di donne intendano
per felicità. Idea confermata se ricordiamo come, spesso,
i discorsi di ampio respiro, anche se pronunciati con l’in-
tento di chiarire, possono correre il rischio di semplifica-
re in maniera eccessiva. E lo fanno soprattutto se non di-
mentichiamo le difficoltà insite nel richiamare una generica
categoria femminile. Siamo tante, conteniamo moltitudini,
e siamo attraversate da differenze. Noi siamo “mai tutte”
ma sempre eccedenti. Mai funzionali e non rispondenti alle
rappresentazioni imposte del femminile.
Per parlare a partire da sé, parto da Simone Weil. E nel
farlo riprendo una riflessione sollecitata tempo fa da Luisa
Muraro, anche lei chiamata a interrogarsi su cosa si possa
intendere per felicità. La filosofia francese è a New York, ot-
tobre 1942, quando si chiede perché esistono alcune que-
stioni su cui nessuno più si interroga. Tra queste, perché in
nessuno sia possibile estirpare il desiderio di essere felice.
Una domanda che spinge l’autrice ad affermare come la
felicità non sia una cosa da desiderare senza ragione e
in maniera incondizionata. L’assenza di condizioni condur-
rebbe fuori strada, farebbe cadere in falsi miti. Non è un
caso che a essere chiamato in causa sia proprio Platone,
il primo ad affermare che felicità e bene si eguagliano, alla
fine. Ciò nonostante, anche se a certe condizioni, per la
Weil la felicità rimane un bisogno essenziale dell’anima.
Le condizioni di cui parla Simone Weil, io le ho trovate nelle
pratiche del femminismo. È nel femminismo, nel desiderio
di vivere politicamente e nella creazione di un’alternativa
forma di politica, che trovo una forma di felicità. Del resto,
FELICITÀ. Parliamone | 5
“Molte persone hanno un’idea sbagliata di ciò
che porta alla vera felicità. Essa non si raggiunge
attraverso il piacere personale, ma attraverso la
fedeltà ad un proposito degno”.
Helen Keller
“Esercitare liberamente il proprio ingegno,
ecco la vera felicità“.
Aristotele
“Dicono che il mondo è di chi si alza presto.
Non è vero. Il mondo è di chi è felice di alzarsi”.
Monica Vitti
“Siate felici, e se qualche volta la felicità si scorda
di voi, voi non vi scordate della felicità. Per essere
felici deve bastare poco, non deve essere cara la
felicità. Se è cara non è di buona qualità“.
Roberto Benigni
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