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Numero 9 del 2007

Dolce attesa ... o malattia?


Foto: Dolce attesa ... o malattia?
PAGINA 20

Testi pagina 20

Margherita Maculan Carretta è tito-lare di un'impresa che produce ser-
ramenti in legno a Vicenza. Non è nata
imprenditrice ma sono state le tristi vi-
cende familiari che l'hanno portata ad
un bivio: proseguire l'attività del marito
oppure continuare a fare l'insegnante.
Con grinta e determinazione si è messa
alla prova ottenendo ottimi risultati,
non solo dal punto di vista imprendito-
riale. Con il passare del tempo la sua af-
fermazione, riconosciuta e apprezzata
da tutti, la porta a ricoprire importanti
incarichi istituzionali, tra cui dal '98 la
presidenza del Comitato Imprenditoria
femminile della CCIAA di Vicenza.
Quando conobbi Margherita la pri-
ma sensazione fu di soggezione, ma poi
fui affascinata dall'assenza di frenesia,
tipica invece di chi ha molti impegni co-
me lei, e dalla sicurezza che trasmette.
Frequentandola, ci si accorge subito
che bisogna essere essenziali e andare al
nocciolo della discussione senza disper-
dersi perché, anche per Margherita, il
tempo è preziosissimo, ma alla fine rice-
vi sempre un importante contributo.
Si può parlare di impresa al femmini-
le o secondo lei l'impresa è asessuata?
L'impresa è neutra ma la conduzione
dell'impresa è differente tra uomo e don-
na. Innanzitutto la donna imprenditrice
è molto più attenta ai lati psicologici
nel rapporto con i collaboratori, soprat-
tutto nelle piccole imprese dove c'è un
rapporto diretto. Inoltre le donne in ge-
nerale, e nello specifico noi che faccia-
mo impresa, hanno una sensibilità cre-
scente nei confronti delle tematiche am-
bientali e dello stato sociale, in partico-
lare della realtà in cui vivono. Siamo un
tassello della nostra società e non ci
dobbiamo dimenticare del contesto che
ci sta intorno anche come cittadini.
E' ipotizzabile che l'imprenditrice at-
tribuisca maggiore importanza alla
sinergia tra la propria mission azien-
dale e le esigenze delle risorse uma-
ne, con particolare riferimento al ge-
nere femminile?
Si è possibile, ma l'attenzione al pro-
blema sociale non è della donna o del-
l'impresa: prima di tutto è politico. Un
contratto che trasferisca al datore di la-
voro delle condizioni di favore per le
donne in maternità non fa gli interessi né
dell'impresa, né della lavoratrice ma ri-
spetta la nostra società. A mio avviso co-
munque bisogna incidere sulla fiscalità
nel rispetto delle regole di mercato. L'im-
prenditrice è sicuramente attenta ai pro-
blemi della conciliazione che ci consento-
no di migliorare il benessere delle persone
e dell'impresa, ma non si può dimentica-
re che anche l'imprenditrice è una donna
che lavora e quindi ha necessità di usu-
fruire di strumenti flessibili-reversibili che
non sono solo sinonimo di precarietà.
settembre 2007 noidonne20
Il lavoro come valore
Intervista a Margherita Maculan Carretta
Di certo riflettere sulla condizione degli animali randagi nel nostro Paese, nell'ambito di una rubrica
deputata ad interessarsi di imprenditoria femminile e politiche sociali, può a prima vista apparire inso-
lito ma in realtà insolito non è, poiché una corretta politica di protezione dei nostri amici a quattro zam-
pe si inquadra in uno scenario di rispetto per il diverso e sottoscrive il grado di civiltà che una società
ha raggiunto. Cito alcune cifre, solo per ricordare, relative al randagismo in Italia: 200mila cani e 150mi-
la gatti abbandonati ogni anno di cui l'85% muore entro 20 giorni dall'abbandono e circa 4.000 incidenti
stradali provocati da animali che vagano, senza più una meta, sulle strade del Paese.
Se si dovesse poi stilare una classifica a livello di regioni, il guinnes (dati 2004) va alla Campania con 122.000 randagi mentre, conside-
rata la superficie, la regione "migliore" (sempre se tale definizione può essere attribuita in un tale contesto ) è l'Emilia Romagna con 10.000
randagi. Eppure tutte le Regioni hanno legiferato in materia di protezione degli animali e la Regione Sardegna ad esempio ha stabilito che, en-
tro il 30 maggio di ogni anno, debba essere approvato un piano di interventi e di informazione zoofila rivolto agli studenti di ogni ordine e
grado, consapevole che proprio dalla scuola e dalla collaborazione con le associazioni protezionistiche, attraverso un coinvolgimento diretto
e responsabile delle nuove generazioni, il fenomeno dell'abbandono potrà essere, seppur gradualmente, superato. Certamente l'impegno a li-
vello di una pubblica amministrazione dovrebbe essere più intenso, poiché non è possibile pensare di superare un fenomeno così vasto con
qualche spot in tv ad inizio estate, che commuove alla fine il cuore di pochi, soprattutto di quelli che mai si abbandonerebbero ad un gesto
così esecrabile. Pertanto, in primis, si dovrebbe lavorare per una applicazione precisa delle normative già presenti sviluppando iniziative di
informazione e di formazione in grado di muovere l'opinione pubblica su queste tematiche e promuovendo un'applicazione severa e senza de-
roghe delle pene previste per chi abbandona animali.
Il randagismo non va affrontato in modo punitivo nei confronti degli animali, come spesso avviene quando vengono ricoverati ad esempio
in strutture indecenti, che tuttavia hanno un costo elevato per la comunità e che dovrebbero essere attentamente monitorate per accertarne il
livello di qualità ed efficienza. Sarebbe bello, come ha proposto la LAV, che cani e gatti entrassero a far parte dello stato di famiglia del pa-
drone e che si potesse arrivare ad una defiscalizzazione delle spese per chi adotta un randagio: ed anche promuovere forme nuove di adozio-
ni come il "cane di quartiere". Un modo per dire a chi compie un gesto di profonda inciviltà, come è appunto l'abbandono, che un animale fa
parte della famiglia, che non è un oggetto da usare e poi gettare in strada condannandolo, quasi sicuramente, a morte e sicuramente ad una
vita di stenti e sofferenze.
Rita Casula
Resta a casa, Lassie
Donatella Orioli
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