Numero 3 del 2015
8 Marzo al tempo delle crisi
Testi pagina 20
18 Marzo 2015
IL MOSAICO
AFRICANO
di Marta Mariani
IL fEMMInISMO OCCIDEnTALE
SI È unIfORMATO ALLA vISIOnE
ECOnOMICISTA, È DIvEnTATO
AuTOREfEREnzIALE E hA PERSO DI
vISTA I DIRITTI gLObALI. SPIEgAnO
PERChÉ marina GOri E RADhIA
khalFallah DI casa aFrica
Casa Africa si affaccia su un continente davvero com-plesso, guarda e tutela gli interessi di molte etnie, ha un’ottica necessariamente multiculturale e interreligio-
sa, associazionista prima ancora che femminista. A Marina
Gori e Radhia Khalfallah abbiamo chiesto di spiegarci come
vedono, dal loro punto di vista, l’8 marzo.
“In molti paesi africani e in alcuni paesi arabi viene dedicata
alla donna, in date diverse, una giornata che celebra episodi
signifi cativi delle battaglie femminili ed è l’occasione per fare
un bilancio dei progressi fatti, mobilitarsi per rivendicare nuo-
vi diritti e denunciare le discriminazioni ancora subite. In Sud
Africa il 9 agosto si commemora la mobilitazione con cui nel
1956, in pieno apartheid rischiando la vita, 20mila donne si
radunarono davanti la sede del governo per protestare contro
l’imposizione dei ‘pass’. La giornata della donna viene cele-
brata in Tunisia il 13 agosto. In tale giorno, nel 2012, miglia-
ia di donne si riversarono nelle strade di Tunisi per chiedere
l’immediato ritiro della norma inserita nel progetto di riforma
della costituzione che voleva cancellare il principio di parità tra
i sessi riducendo la donna a semplice complemento dell’uomo
nell’ambito della famiglia e della società.
In Marocco la giornata della donna si celebra il 10 ottobre, in
Gabon il 17 aprile, in Niger il 13 maggio. Mentre si celebra l’8
marzo in Senegal (dove è festa nazionale), in Congo, in Bur-
kina Faso (dove, dal 1984, è stata proclamata festa nazionale
per decisione del compianto presidente Thomas Sankara), in
Algeria e in Camerun, dove la giornata viene vissuta come
una grande mobilitazione delle donne in tutto il paese, dalle
campagne alla capitale.
Una curiosità: in Iran il 19 aprile dello scorso anno la moglie
del presidente Rouhani volle celebrare una giornata della don-
na organizzando una cena tutta al femminile nel giorno dell’an-
niversario della nascita di Fatima, fi glia del Profeta Maometto.
L’iniziativa fu fortemente criticata come immorale dal deputato
ultraconservatore Ruhollah Hosseinian che venne perciò sbef-
feggiato sui social network da numerosi internauti.
Nel 1974 durante la Conferenza di Dakar dell’Organizzazione
delle Donne Africane, organizzazione fondata in Tanzania nel
1962, venne designato il 31 luglio come “giornata della don-
na africana” (African Day Women).
Quanto detto prova come sia sentita dalle donne di tutto il
mondo l’esigenza di disporre di una giornata in cui incon-
trarsi, confrontarsi per fare il punto dei progressi fatti e delle
rivendicazioni ancora da portare avanti. Una giornata in cui
scendere in piazza per far sentire la propria voce coinvolgen-
do così anche il mondo maschile. Il fatto che ciò avvenga in
date diverse può essere il segnale di perduranti contrapposi-
zioni che stentano a ritrovare quei punti unifi canti e universali
di cui abbiamo parlato sopra e che dovrebbero orientare tutte
le battaglie femminili. Contrapposizioni che a volte traggono
origine da una subordinazione ideologica delle donne alla cul-
tura maschile. La giornata della donna dovrebbe essere ve-
ramente internazionale, unifi cante e, si aggiunga, scevra da
condizionamenti commerciali.
Secondo voi l’ottica femminista occidentale sta
dimenticando di combattere delle battaglie più
urgenti e più “globali”?
Ci sembra che il femminismo occidentale si sia uniformato alla
visione economicista e utilitarista del sistema neoliberista che
si è andato affermando in Europa e negli Stati Uniti e ai mo-
delli culturali su cui questo sistema poggia. È così diventato
autoreferenziale e si è chiuso in se stesso perché ha perso
di vista quei progetti politici a vasto raggio per una strategia
globale dei diritti umani fondati sull’eguaglianza e sulla tute-
la dei diritti dei più vulnerabili di cui abbiamo parlato sopra.
Il fatto di riappropriarsi di questi valori signifi ca per le donne
valorizzare la propria diversità e far valere la propria capacità
(empowerment) di contribuire ad una diversa organizzazione
dei rapporti sociali. ?
Versione integrale in www.noidonne.org
8 MARZO AL TEMPO DELLE CRISI | 4
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