Numero 6 del 2007
Bambini nel mondo sotto tutela
Testi pagina 2
Dal 2006 è assistente del Segretariogenerale dell'ONU e direttora del-
l'ufficio regionale dell'UNDP per i pae-
si arabi e coordina uno staff di più di
500 persone attive negli uffici delle Na-
zioni Unite di 18 paesi arabi, di cui
uno nei territori della Palestina occu-
pata. Inoltre è a capo del programma
"Millennium Development Goals", ri-
volto alla promozione di governi de-
mocratici ed alla costruzione di società
sempre più consapevoli e istruite.
Tiene conferenze in tutto il mondo
insistendo soprattutto su un punto: per
far si che le donne arabe emergano dal-
la condizione di oppressione in cui si
trovano servono certo le misure che le
organizzazioni internazionali possono
mettere loro a disposizione, ma soprat-
tutto è importante sostenere quello che
parte da loro stesse, e mettere in luce i
molti progressi che sono già in corso.
"L'Occidente spesso presenta la donna
islamica oppressa, controllata, discri-
minata, ma soprattutto negli ultimi
dieci anni sono proprio le donne che
hanno cominciato a porre nuove sfide
all'interno della società, contestando le
tradizionali politiche religiose e l'uso
della religione per fini discriminatori.
Sono le donne musulmane, più degli
uomini, ad avere il coraggio di spinge-
re per le riforme nell'Islam e nelle socie-
tà islamiche", emerge dal Rapporto cu-
rato da una donna che ha sperimenta-
to personalmente cosa significhi tra-
sformare se stessa affermando i propri
diritti in un contesto sociale particolar-
mente difficile come quello yemenita.
Amat el Alim Alsoswa è stata la prima
ministra donna dello Yemen e l'unica
ministra per i diritti umani del mondo
arabo. Navigando in internet abbiamo
scoperto che è nata in una famiglia po-
vera di un villaggio a 300 chilometri
da Sana'a. Ultima di sette figli, orfana
di padre, Amat el Alim deve a sua ma-
dre, che non sapeva né leggere né scri-
vere, non solo il fatto di essere emersa
da una condizione di oppressione, ma
anche di essere diventata una persona
così fiduciosa e attiva: "Mia madre -
racconta in un'intervista ad Imma Vi-
telli - mi ha insegnato che possiamo fa-
re la differenza, che il mondo si può
cambiare." E per questo ha insistito af-
finché i suoi figli studiassero ed ha sup-
portato i successi della figlia, che in-
tanto si laureava all'Università del
Cairo, perfezionandosi poi con un ma-
ster in comunicazione internazionale
all'American University di Washing-
ton.
Avrebbe potuto restare in America
ed essere una delle tante donne arabe
che fanno carriera, a capo coperto o
meno, nelle organizzazioni internazio-
nali. Forse sarebbe potuta ugualmente
approdare agli uffici delle Nazioni Uni-
te, grazie alle sue capacità di studiosa
e lavoratrice. Ma Amat ha scelto una
via molto più spericolata: tornata nel
proprio paese si mette a collezionare
tutta una serie di "firsts", divenendo la
prima anchorwoman delle tv yemenita,
la prima sottosegretaria, la prima am-
basciatrice e la prima ministra dei di-
ritti umani di uno dei paesi arabi più
arretrati nel mondo riguardo i diritti
delle donne, che in Yemen rischiano la
lapidazione per adulterio, sono costret-
te a sposarsi giovanissime, dipendono
interamente dal potere del padre prima
e del marito poi, e camminano intera-
mente coperte da un manto nero. Tra il
2000-2003 Alsoswa è stata ambascia-
trice in Svezia, Danimarca e Paesi Bas-
si, dove ha avuto l'incarico di rappre-
sentare lo Yemen per la Organizzazione
per la Proibizione delle Armi Chimiche.
Dal 1997 al 1999 era stata sottosegre-
taria del Ministero yemenita dell'Infor-
mazione e presidente della Commissio-
ne Nazionale delle donne. Prima della
riunificazione dello Yemen, aveva gui-
dato la Yemeni Women's Union.
Mentre Alsoswa era ministra, volen-
do raggiungere anche gli analfabeti (il
60% delle donne e il 25% degli uomi-
ni), aveva fatto diffondere per radio,
giornali e tv yemeniti un messaggio
semplice: "Hai dei diritti, prenditeli".
Inoltre il ministero, attraverso l'istitu-
zione di un centro di ascolto, aveva po-
tuto dare spazio alle denuncie di bam-
bine costrette a sposarsi a 13 anni, gen-
te ingiustamente imprigionata, beduini
discriminati dal governo centrale e
giornalisti minacciati dal ministro del-
l'informazione: "Esaminiamo ogni espo-
sto e, legge alla mano, inoltriamo i ca-
si ai vari pubblici ministeri o uffici
competenti. Dobbiamo educare i citta-
dini ad essere coscienti dei loro diritti.
Soltanto allora sapranno riconoscere
gli abusi", raccontava Alsoswa, mentre
era ministra, alla giornalista Imma Vi-
telli, dal cui articolo traiamo anche
l'informazione che "i due maggiori par-
titi religiosi, Islah (Riforma) e El Haq
(Giustizia) l'hanno messa all'indice pri-
ma ancora che diventasse ministra, ai
tempi in cui faceva la sottosegretaria
al ministero per l'informazione: "Un
gruppo di sceicchi emisero una fatwa
contro di me per dire che gli uomini
non possono prendere ordini da una
donna. Alle elezioni furono puniti e
persero malamente. Da allora non è
più un tabù avere una donna come ca-
po". Piccoli grandi risultati ai quali
Amat el Alim preferisce dare più im-
portanza delle pur molte sconfitte da
affrontare giorno dopo giorno. Compre-
se quelle proveniente dai paesi più
avanzati, come ad esempio gli Stati
Uniti.
"E' paradossale, non trova? - diceva
ancora a Vitelli - Che io stia qui a com-
battere con l'arretratezza del nostro si-
stema, che vada in giro a ispezionare
prigioni, a promuovere rapporti sulle
condizioni di vita nelle nostre carceri,
a farmi ridere dietro perché dico che
per trasparenza metterò tutto su inter-
net, e gli Stati Uniti rifiutano qualsiasi
accesso e qualsiasi diritto a centinaia
di persone. L'impressione è che noi si
faccia passi avanti, loro indietro".
giugno 2007 noidonne2
Amat Al Alim Alsoswa
Giovanna Providenti