Numero 12 del 2009
Femminsmo: parliamone
Testi pagina 19
Intervista a Katia Graziosi,
Portastaffetta Emilia Romagna
Lo scorso 31 ottobre la Staffetta di donne contro
la violenza sulle donne ha deviato il suo percorso
per una tappa straordinaria: il Palazzo di vetro
dell'Onu a New York. Un riconoscimento politico
importante di cui abbiamo parlato con Katia
Graziosi che, in qualità di Portastaffetta della
regione Emilia Romagna, è volata, insieme a Marta
Tricarico, a New York.
Katia, 62 anni, pensionata, nonna di due nipotini e
presto anche di un terzo, è delegata della sede Udi
di Bologna e componente del coordinamento
nazionale dell'associazione.
In che contesto nasce questa trasferta?
La trasferta si è concretizzata grazie all'eco che il
messaggio dell'anfora ha avuto in tutta Italia e
grazie ai rapporti che con pazienza e tenacia
abbiamo tessuto, nel solco della migliore tradizio-
ne Udi, con le donne. Le nostre parole, 'Stop al
Femminicidio', sono state raccolte, con l'intento di
portarle in quella vetrina sportiva internazionale che
è la maratona di New York, da donne di Trenitalia e
dell'associazionismo sportivo che già avevano condi-
viso con noi il passaggio della staffetta in Emilia Romagna.
Portare le nostre istanze e le nostre parole al Palazzo di vetro
è stato possibile anche grazie alla presidenza dell'assemblea
legislativa della regione Emilia Romagna che ha messo a dis-
posizione i suoi contatti internazionali. E così otto donne in
maglietta rosa con il simbolo dell'anfora e la scritta 'Stop
femminicidio' hanno partecipato alla Friendship Run e alla
Maratona di New York.
Una sede prestigiosa, un risultato politico importante.
Che idea ti sei fatta della percezione del problema
oltreoceano?
Siamo state ricevute dal Presidente della commissione Onu
sulla condizione femminile nei Paesi occidentali e altri Stati,
il quale ci ha voluto fornire un quadro degli obiettivi politici
e dello stato dei lavori della commissione, soffermandosi sul
rapporto donne e pace. Ci ha informate che per marzo è
prevista una risoluzione sulle mutilazioni genitali femminili
sostenuta dal Segretario Generale e ha affermato che entro
il 2015 il femminicidio sarà sconfitto.
Nel nostro intervento ho ricordato al presidente la consegna
all'Onu, nel 1949, di tre milioni di firme in difesa della pace,
sottolineando come per noi la parola 'sviluppo' cammini
insieme a 'pace', 'donne' e 'diritti'.
La percezione che ne ho tratto è che questi prestigiosi orga-
nismi restano assai lontani dal vivere quotidiano di noi
donne. Fissare poi un termine per la scomparsa del femmini-
cidio ci è sembrata un'ingenuità: qui non si tratta di sconfig-
gere un virus… Forse non si è compresa interamente la por-
tata di tale fenomeno: le donne sono sempre un passo avan-
ti rispetto ai tempi della politica.
Penso che l'aver indicato nel nostro documento dei punti che
richiedono risposte concrete, sia stato importante non solo
per noi ma soprattutto per loro che sono così sollecitati a
confrontarsi su questioni che non sono solo di principio.
Quali prospettive da questo incontro?
L'obiettivo fondamentale è stato raggiunto. Abbiamo fatto
ascoltare la nostra voce, la voce delle donne, in merito alla
violenza sulle donne e abbiamo sottoposto ad un organo
garante quale è l'Onu le nostre richieste concrete contro il
femminicidio: una legislazione di contrasto coordinata fra i
vari Paesi per garantire pene certe e supporto immediato alla
donna; risorse da destinare alla formazione e all'aggiorna-
mento specializzato di chi affronta questi problemi; inter-
venti puntuali e continuativi nella scuola. Abbiamo anche
chiesto di riservare un'attenzione particolare alla rappresen-
tanza femminile, intendendo con ciò sottolineare che la
democrazia risulta monca quando le donne ne sono escluse.
Chiaramente continueremo a tenere monitorata la commis-
sione sulla condizione femminile e continueremo a fare pres-
sioni affinché le nostre richieste vengano accolte.
Qual è stato il momento più emozionante?
Credo che il momento più emozionante sia stato quello in
cui io e Marta Tricarico abbiamo portato la bandiera 'Stop
Femminicidio' nel Palazzo di vetro: abbiamo consegnato un
anno di lavoro di tutte quelle donne, tante, che hanno par-
tecipato alla Staffetta, fiere di portare la nostra esperienza a
chi potrebbe fare qualcosa per cambiare le cose.
Ho raccontato a Marta di mia madre - Anna Zucchini fra le
fondatrici del circolo di Borgo Panigale (Bologna) e respon-
sabile all'interno della grande fabbrica Ducati già nei mesi
successivi alla fine della guerra -, che nel 1955, per aver dis-
tribuito la mimosa con un volantino che chiedeva pace e
diritti per le donne, si fece un mese di carcere. Oggi l'Udi, e
con lei tante donne e associazioni, era all'Onu con un docu-
mento sottoscritto dalla Presidenza dell'Assemblea legislativa
dell'Emilia Romagna. Ci commuoviamo: l'Anfora ha portato il
suo messaggio.
19noidonne dicembre 2009
pagine autogestite dall’UDI a cura di Ingrid Colanicchia
L'Anfora prende il volo
Marta Tricarico e Katia Graziosi di fronte al Palazzo dell'Onu