Numero 5 del 2010
Non solo madri
Testi pagina 19
za, copertura economica, salute e su
quelle lavoristiche. Il ddl 1167 preve-
dendo tra l'altro che all'atto dell'assun-
zione venga imposta la scelta rispetto
alla possibilità, in caso di contenzioso,
di rivolgersi all'arbitro o al giudice del
lavoro, quando cioè lavoratrici e lavo-
ratori sono più deboli, influirà non po-
co. Infine il Governo si è affrettato da
subito a cancellare la legge 188 forte-
mente sostenuta dalle donne e dalla
Cgil contro le dimissioni in bianco che
tutelavano prioritariamente lavoratrici
allorquando subentrava la maternità
dal rischio del licenziamento. Anche la
maternità in definitiva rientra tra quei
temi che non possono essere affrontati
"burocraticamente" ma va contestualiz-
zata sia rispetto alla riconquista di for-
me di lavoro strutturato, di flessibilità
positive (cioè determinate da una scelta
consapevole e reversibile) di contrasto
alle forme di precarietà del lavoro e di
consolidamento dei sistemi di welfare
territoriale, in cui la comunità si renda
partecipe dei processi di conciliazione
adeguando attraverso la pianificazione
e programmazione degli orari, dei tem-
pi, di servizi e attività l'integrazione tra
genitorialità e attività lavorativa. Come
Cgil non solo ciò fa parte della riflessio-
ne che affrontiamo nella proposta poli-
tica che presentiamo al XVI Congresso
(5/8 maggio 2010, ndr), ma è oggetto
della nostra attività di lavoro quotidia-
no. A tal fine infatti grazie anche alla
strutturazione dell'osservatorio sulla
contrattazione sociale e all'attività di
interrelazione dei settori del welfare,
delle pari opportunità, delle categorie,
dei territori e del rapporto con gli Enti
Locali e le aziende, abbiamo costruito
la nostra piattaforma sul benessere che
mette al centro le politiche di sostegno
all'infanzia, alla genitorialità, assumen-
do la centralità del lavoro come valore
sociale. Molte ragazze e ragazzi scelgo-
no di ritardare l'esperienza della genito-
rialità perchè l'insicurezza sociale spa-
venta e diminuisce le aspettative sul fu-
turo e quando vi arrivano vanno incon-
tro a rischi diversi che riguardano non
solo la salute. Combattere le disugua-
glianze, immaginare un futuro in cui
non ci si rassegni ad un destino fatto di
precarietà per le nuove generazioni, in
cui a prescindere dalla nazionalità don-
ne e uomini possano esercitare nelle va-
rie forme la genitorialità come scelta li-
bera, che accresce la comunità e di cui
essa si fa carico non può essere un fatto
che riguarda i singoli bensì la collettivi-
tà. È una battaglia culturale, di civiltà
che combatte visioni etiche, familiste,
xenofobe e discriminatorie.
*Responsabile nazionale
Politiche Pari Opportunità CGIL
noidonne maggio 2010 19
la genitorialità come libera scelta che coinvolge la collettività
e basata sulla condivisione delle responsabilità
Paola Liberace parte dalla sua esperienza di mamma
e spiega perchè il ricorso al nido sia oggi inevitabile
ma al tempo stesso profondamente sbagliato, così
come è un errore continuare a perseguire l'obiettivo
di incrementare tale servizio. Sottolinea inoltre che
nonni, tate o baby sitter sono soluzioni estempora-
nee, insufficienti o troppo costose per essere pratica-
te. Ma è proprio vero, si chiede, che gli asili nido rap-
presentano l'unica possibilità per le donne che lavo-
rano? Davvero non esistono alternative alla separa-
zione "dal proprio bambino di pochi mesi per nove o
dieci ore al giorno?" A tali considerazioni Liberace ag-
giunge che per fronteggiare "l'emergenza educativa" è
decisivo che la famiglia torni ad assumere "le sue re-
sponsabilità educative" anche per porre madri e padri
pienamente di fronte "all'onere della genitorialità", tra cui - al primo posto - la libe-
ra scelta di come gestire la delicata fase da zero a tre anni. Lo scenario è di uno Sta-
to "veramente liberale che consenta un'effettiva pluralità di opzioni senza interve-
nire per dirigere la preferenza in base ai propri piani" perchè "nessuna altra esigen-
za - collettivista, produttiva, emancipazionista - può essere anteposta al diritto dei
bambini di crescere nell'equilibrio e nella serenità, che nessuna legge sancisce".
Dunque è (stato) sbagliato da parte dei movimenti femminili e femministi puntare
sugli asili nido, obiettivo fallito sia perchè le leggi sono rimaste sulla carta e sia per-
chè - dati alla mano - i nidi non sono una risposta soddisfacente ai bisogni delle
donne che lavorano. L'autrice esprime un punto di vista pragmatico, in polemica con
i dogmatismi e la "cultura consacrata del Sessantotto", come scrive Valentina Aprea
nella prefazione. Questo agile libro (Contro gli asili nido, ed Rubbettino, pagg 82,
Euro 10,00) ha il merito di affrontare un tema complesso avanzando delle proposte.
Ha però il demerito di addossare al 'femminismo' la responsabilità di un "pensiero
unico" (difficilmente rintracciabile nella odierna società) e di negargli un riconosci-
mento per aver contribuito a scuotere le arcaiche consuetudini italiane che negava-
no libertà elementari alle donne. Delle conquiste dei movimenti femministi ancora
oggi beneficiano le giovani che, come la Liberace, hanno 'la sfrontataggine' di vole-
re, come si diceva un tempo, il pane e le rose. L'autrice esamina modelli organizza-
tivi di altri Paesi, cita ricerche e avanza proposte 'su misura' per l'Italia. Flessibilità è
la parola chiave intorno alla quale ruotano varie ipotesi finalizzate alla "personaliz-
zazione degli schemi di occupazione e previdenza". Job sharing e part time dovreb-
bero diventare un diritto sancito per legge in modo che le aziende abbiamo l'obbli-
go di concedere riduzioni di orario. Innegabili i vantaggi del telelavoro per i/le di-
pendenti e la leva fiscale sarebbe l'argomento vincente per superare le "resistenze di
carattere essenzialmente culturale" delle aziende. "L'anno familiare" consentirebbe
di assentarsi dal lavoro per uno o due anni da recuperare nel corso della vita lavo-
rativa; la sospensione della retribuzione sarebbe compensata dalla facoltà di chie-
dere anticipazioni sul TFR. Il 'no' a forme di assistenzialismo è netto e l'idea è che lo
Stato "attraverso la leva legislativa" si limiti "a creare le condizioni di legittimità per-
chè i genitori lavoratori, rimanendo tali, possano stare accanto ai figli nel periodo
della prima infanzia". Le proposte sono condivisibili, ma osserviamo che tra i prota-
gonisti di questa auspicabile 'rivoluzione culturale' gli imprenditori appaiono quelli
meno disponibili, se si considera che la flessibilità contrattuale invece di aprire nuo-
ve opportunità ha prodotto un diffuso precariato soprattutto per i/le giovani, che
nelle aziende devono obbedire e nulla possono chiedere.
Tiziana Bartolini
Genitorialità, affare di famiglia