Numero 4 del 2010
Svelate
Testi pagina 19
di madre in figlia
Non conosco nessuna ragazza che porta il velo. In realtà
non mi sembra di averne mai viste nella mia facoltà.
Neppure tra i giri di amici o negli abituali luoghi di incontro.
Talvolta vedo donne più mature o coppie con donne giovani
velate, al supermercato quando vengono a fare la spesa.
L'ho sempre visto come un simbolo di sottomissione della
donna all'uomo. Non ho mai approfondito il tema però.
Il confronto è sempre un'ottima modalità per capire e per
capirsi, anche per ricercare un dialogo che non è presente
nella situazione attuale. Credo comunque che la questione
sia molto complessa e che esiga una approfondita conoscen-
za di un mondo che fino ad oggi era rimasto lontano.
L'immigrazione ci fa convivere insieme, occorrerà dunque
capire anche per non discriminare.
Sicuramente. È il non conoscere che crea diffidenza.
Occorre però tenere presente che per velo non intendo il
burka. In quel caso credo che non sia accettabile nella nostra
realtà, relegherebbe la donna a nascondersi in casa o nel
vestito.
Mi viene in mente il tragico caso di Hina, uccisa dal padre
perché troppo moderna. Certo è che per chi nasce in Italia,
ed ha occasione da bambina di confrontarsi con le altre
bambine, quando cresce forse vorrà continuare a farlo.
Quando il velo è una sorta di fazzoletto che copre i capel-
li, non credo. Più che nel lavoro (alla Coop ci sono cassiere
col capo coperto) credo che il problema possa esserci nella
scuola, nel confronto fra adolescenti.
Ragazze, donne con il velo...
Mi è capitato di essere invitata all'incontro delle donne
marocchine che vivono in tutto il mondo, ed ho avuto modo
di passare alcuni giorni con donne che avevano scelto di
portare il velo e donne che vestivano modernamente. Ho
capito che esiste una grande varietà di pensiero.
Lo pensavo. Leggendo alcuni studi mi sono accorta che c'è
chi sceglie di metterlo e chi di non farlo. L'importante è la
possibilità di scegliere.
Credo che sempre di più debba esserlo. Il fenomeno migra-
torio che ha fortemente interessato l'Italia negli ultimi dieci
anni ci obbliga a mettere questo tema in agenda. A parte
qualche rara eccezione di integrazione totale, a parte qual-
che convegno, non mi sembra che il termine "confronto" rap-
presenti ancora una realtà. Forse "scontro" in taluni casi
appare più indicato.
Indubbiamente. Ancora oggi, a distanza di diversi anni
dall'inizio dell'immigrazione marocchina, ad esempio, ho la
sensazione che esistano gruppi etnici separati, poco mesco-
lati con altri gruppi di donne, a parte qualche rara eccezio-
ne.
Nei romanzi e nei film inglesi o francesi si legge di secon-
de generazioni che reagiscono all'esser nati in Europa, o
diventando occidentali con i desideri simili a quelli dei
coetanei o divenendo integralisti in opposizione agli stessi.
Il diversità management insegna che la diversità può dive-
nire ricchezza, e valorizza le persone di altre culture. Nella
scuola è più complicato, tra ragazzi e ragazze si possono
vivere tensioni non semplici da superare.
Ritieni che il velo, come taluni dicono, sia un simbolo di oppressione?
Conosci, frequenti abitualmente ragazze, donne che portano il velo?
Ritieni che il velo debba essere un tema di confronto culturale?
Ritieni che il confronto tra donne velate e donne non velate possa permettere
una migliore integrazione tra culture diverse?
Velo e giovani generazioni: è un rapporto possibile?
Il velo può essere un problema a scuola o nel lavoro?
Rosa M. Amorevole Alessandra Pennello
noidonne aprile 2010 19