Numero 11 del 2009
Sex love & ...
Testi pagina 18
18 noidonne novembre 2009
È tempo di unire le forze: ci sono questioni che dimostrano
l'opportunità e l'utilità di uno scambio diretto tra associazio-
ni di donne. È forse questo il risultato più significativo del
comunicato sulle pensioni delle donne diffuso congiunta-
mente da Udi e Affi (Associazione federativa femminista
internazionale) nel luglio scorso e sottoscritto anche da altre
associazioni di donne. Un esperimento che ha indotto l'Udi a
mirare più in alto e a proporre alle associazioni interessate
un incontro, svoltosi a Roma il 24 settembre scorso, in vista
della firma di un Protocollo d'Intesa. Per approfondire le pro-
spettive di questo percorso (la cui prossima tappa, aperta a
tutte le donne e le associazioni di donne interessate, sarà a
Roma, presso la Casa Internazionale delle donne, il 30
novembre) abbiamo intervistato la delegata nazionale
dell'Udi, Pina Nuzzo.
Come è nata l'idea di un Protocollo di Intesa? Cosa vi ha
indotto a pensare che i tempi fossero maturi?
Per l'Udi l'idea di avviare un Protocollo di intesa tra le asso-
ciazioni di donne nasce dalla necessità di ridefinire ad ogni
passo il pensiero da comunicare, il linguaggio da usare e le
azioni politiche da intraprendere.
Nelle campagne già avviate - 50E50… ovunque si decide!,
Staffetta, Comitato quando decidiamo noi e la recente
richiesta di Moratoria cittadina contro le pubblicità lesive
della dignità della donna - abbiamo mostrato particolare
attenzione per la presenza e il contributo reale di altre
Associazioni, perché l'efficacia di un'azione politica si misura
sempre dall'ampiezza dello spostamento, reale e simbolico,
che riesce a produrre.
Queste campagne affrontano il nostro essere donne oggi:
qui e ora si sarebbe detto un tempo! E lo fanno da diverse
angolature, senza mai perdere di vista l'interezza di una
donna: la rappresentanza, la violenza sessuata e il femmini-
cidio, le questioni legate al corpo e alla sua autodetermina-
zione, lo spazio pubblico, con i suoi cartelloni pubblicitari,
determinante per le pulsioni contro le donne.
Abbiamo avviato tutto questo prima di tornare sulla parola
'lavoro' perchè sono cambiate le donne ed è cambiato il
lavoro.
Dalle pensioni al tema del lavoro, centrale nell'incontro
del 24 settembre, il salto è stato breve, quali impegni
per il prossimo futuro?
Se ci guardiamo indietro, se ripensiamo alle battaglie del
movimento di emancipazione, possiamo dire che abbiamo
fatto molta strada e vediamo quanta attenzione, quanta
fatica, quanto pensiero politico abbiamo speso per definire
nel tempo i diritti e i doveri della lavoratrice e della lavoratri-
ce madre.
Forme che oggi ci appaiono puramente assistenziali erano
già i primi elementi di una nuova cittadinanza.
Si tratta ora di capire cosa abbiamo guadagnato,
cosa abbiamo perso per strada e da dove ripartire
per individuare nuove pratiche politiche, possibil-
mente collettive, a partire dalle Associazioni di
donne. Collettive non significa "quante più siamo
meglio è". Perché non sempre questo modo di
fare numero riesce a fare opinione, basti pensare
alle innumerevoli reti di donne sparse sul territo-
rio. Né le donne possono essere pensate oggi - se
mai lo sono state nel passato - come una catego-
ria unica, sindacalizzabile e/o tutelabile, in quanto
tale.
Occorre prima di tutto rileggere insieme un nodo
teorico e politico che ha una ricaduta pesante sul
lavoro e sulla vita di molte di noi e, infine, sull'or-
ganizzazione sociale che ne deriva: quello che
viene chiamato il "doppio lavoro delle donne".
Non è il tempo della riflessione come analisi intel-
lettuale, questo è il tempo della riflessione sulle
conseguenze delle azioni e delle scelte fatte.
Quali aspettative l'Udi ripone in questo percor-
so appena iniziato?
Sono tempi di debolezza del potere maschile,
minacciato da vicino dai suoi propri errori e incon-
tinenze, e anche dalla potenza femminile che vuole emerge-
re e prendersi una vita. Il potere maschile, minacciato dalla
potenza femminile, ricorre all'uso della violenza, quando i
mezzi legittimi non sono più sufficienti a garantirne conti-
nuità permanente.
"Il dominio per mezzo della pura violenza entra in gioco
quando si sta perdendo il potere" diceva Hannah Arendt, e i
mezzi per l'esercizio della violenza sono molti, e nell'epoca
della multimedialità globale e dei mercati globali con gestio-
ne a liberismo sfrenato, ancor di più.
Accade spesso di sentire donne inveire contro giovani aspi-
ranti o facenti veline, senza che vedano il meccanismo del
sistema che le crea. Le donne non vinceranno mai se rispon-
deranno all'intolleranza del sistema globalista maschile con
altrettanta intolleranza Ma se sapremo creare un sistema di
valori realistici, veramente laici, sì, dotati di radicalità e misu-
ra e senso di realtà inoppugnabile, sì.
Così potremo decidere di porre argine e fermare il processo
coatto di "normalizzazione" della donna.
pagine autogestite dall’UDI a cura di Ingrid Colanicchia
Un Protocollo di intesa
tra associazioni di donne.
Per non tornare indietro
Scuola politica dell'UDI. Roma, settembre 2009