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Numero 4 del 2010

Svelate


Foto: Svelate
PAGINA 17

Testi pagina 17

noidonne aprile 2010 17
Già si era occupata di questo temacon il suo primo libro, nel 1994, "La
schiavitù del velo" in cui trattava la
questione dell'integralismo islamico vi-
sto da donne egiziane, marocchine, al-
gerine, raccogliendo i loro scritti. Con "Il
prezzo del velo" ha realizzato un repor-
tage, frutto di una lunga permanenza
nei principali paesi caratterizzati dalla
presenza della religione e della cultura
islamica, in cui racconta di un processo
di re-islamizzazione che utilizza la reli-
gione a fini politici e che potrebbe an-
nullare i diritti della donna per molto
tempo. Il rischio più grande, sottolinea
Sgrena è rendersi complici di questi pro-
cessi, ignorandoli in nome di un presun-
to relativismo culturale.
Dopo gli avvenimenti francesi si è
nuovamente aperto in Italia il dibat-
tito sul velo...
In Italia abbiamo, dal 1975, una leg-
ge, nata negli anni di piombo, che im-
pedisce di circolare a volto coperto ed è
vigente anche una norma che stabilisce
che nei documenti non si possa appari-
re con una parte del capo coperta. Ri-
tengo che questi provvedimenti dovreb-
bero essere fatti rispettare da tutti e che
non ci sia bisogno di ulte-
riori leggi perché, a diffe-
renza della Francia, l'Italia
non è un paese laico. Ba-
sterebbe quindi applicare
le norme che abbiamo e
farle rispettare a chi viene
nel nostro paese. Certo, nel
momento in cui si chiede
alle persone che vengono a
vivere in Italia di osservare
le nostre leggi dovremmo
garantire anche a loro tut-
ti i diritti di cui noi godia-
mo. Questo è un punto es-
senziale.
Nella tua esperienza, co-
sa rappresenta il velo per
una donna musulmana?
Molte cose. C'è chi lo
porta perché obbligata, an-
che se in realtà l'obbligo c'è
solo in Arabia Saudita e
Iran; in altri posti il velo
viene imposto con la forza,
con una coercizione deter-
minata da condizionamenti
legati all'ambiente sociale o
religioso. Ci sono poi luoghi
in cui il velo viene prescrit-
to perché trova la sua giu-
stificazione nel Corano, an-
che se questo corrisponde solo ad una
interpretazione conservatrice e non ad
un precetto religioso. Alcune donne por-
tano il velo perché aderiscono ad una
visione fondamentalista dell'Islam; si
tratta di un velo ideologico che ritengo
rappresenti l'unica vera scelta consape-
vole. Negli altri casi è imposto in modo
violento o subdolo. Penso che in questo
momento storico la lotta contro il velo
sia molto più percepita nei paesi musul-
mani che, ad esempio, in Europa o in oc-
cidente dove la tendenza è quella di ac-
cettare delle discriminazioni in nome
della tolleranza. E ciò è molto dannoso.
Non ti sembra che, anche in conse-
guenza dell'ondata islamofoba che
abbiamo vissuto in occidente dopo
l'11 settembre, il velo sia diventato
anche uno segno di appartenenza, di
identità?
Certo. Alcune donne pensano che per
contrastare questa islamo-
fobia sia importante affer-
mare la propria apparte-
nenza all'Umma, alla co-
munità di fedeli, anche
manifestandolo attraverso
l'abbigliamento e quindi
indossando il velo. Questa
appartenenza assume an-
che delle caratteristiche di
conflitto culturale e di ri-
fiuto della globalizzazione
a cui si contrappone,
idealmente, un Islam glo-
bale. In generale però que-
sta confusione tra appartenenza e ag-
gressione occidentale è più sentita qui in
occidente di quanto non lo sia nei paesi
arabi. Le donne, in particolare, non si
fanno tirare dentro questa disputa e non
confondono la pressione occidentale
con l'esercizio dei loro diritti. C'è anzi
una coscienza del fatto che spesso l'in-
tervento occidentale ha coinciso con
una riduzione dei loro diritti come è av-
venuto ad esempio in Iraq, non formal-
mente ma nei fatti.
Alla luce di quello che ci siamo det-
te come pensi sia corretto impostare
un dialogo con le donne arabe?
Non credo che in questo momento
esista un dialogo tra le due realtà. C'è
stata una fase in cui era molto più
avanzato. Adesso prevale tra le donne
occidentali, anche le femministe, un re-
lativismo culturale che fa definire fem-
ministe anche le donne che sono super
velate e che difendono la sharia perché
pensano sia uno strumento attraverso il
quale possa passare il loro potere politi-
co. Mi è capitato di partecipare ad in-
contri, organizzati da forze progressiste,
in cui si parlava di democrazia facendo
riferimento a principi universali ma che
non utilizzavano lo stesso metro di giu-
dizio quando il tema del dibattito veni-
va spostato sulla condizione femminile;
in questo caso ci si appellava ad una vi-
sione fondamentalista e retrograda fi-
nendo per accettare qualsiasi cosa in
nome della tolleranza. Bisogna pensare
che queste donne sono come noi e riven-
dicano dei diritti che sono universali;
non si può accettare l'intollerabile in no-
me della tolleranza.
I diritti sono universali
Velate o svelate / 3
Nadia Angelucci
"non si può accettare l'intollerabile in nome della tolleranza".
Intervista a Giuliana Sgrena
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