Numero 4 del 2007
Al centro dell'attenzione
Testi pagina 16
Servizio di Catia Iori
aprile 2007 noidonne16
Una delle prime sperimentazioni in Ita-
lia sul "care" privato è stata avviata a par-
tire dal 2002 nelle amministrazioni locali
dell'Emilia Romagna attraverso il progetto
Madreperla, sostenuto dal Fondo sociale
europeo, Ministero politiche sociali e Re-
gione Emilia-Romagna. Da questa espe-
rienza è nato un modello di intervento
per l'offerta di servizi nel campo della cu-
ra della persona che si compone di un si-
stema di qualificazione del lavoro dell'as-
sistente familiare (percorsi formativi, ac-
creditamento a garanzia delle persone an-
ziane e delle loro famiglie, monitoraggio
dell'operato presso il domicilio degli an-
ziani) e di forme di tutela e integrazione
sociale delle lavoratrici straniere. Si inse-
risce in questo contesto, l'apertura a Reg-
gio Emilia di un punto di incontro deno-
minato Madreperla, promosso da Provincia e Comu-
ne, coordinato da Ebe Quintavalla (che si ringrazia-
no per aver messo a disposizione i dati e le testimo-
nianze) e gestito da un gruppo di lavoro formato da
donne, in prevalenza dell'Est, e gruppi del volonta-
riato e associazionismo locale. Il Punto di incontro è
la casa dove le donne immigrate si incontrano e si
confrontano tra loro e con le realtà locali. Le donne
che frequentano questa "casa" hanno richiesto, fin
dai primi giorni, di organizzare corsi brevi per ap-
prendere le tecniche di mobilizzazione, imparare
qualche ricetta di cucina emiliana e perfezionare l'u-
so della lingua italiana parlata. Dentro la casa ha poi
aperto "Carezze al telefono", un supporto psicologi-
co per le donne immigrate, creato in collaborazione
con il settore di psicologia clinica dell'Ausl locale,
che affronta il tema della genitorialità a distanza, al-
lo scopo di mitigare le problematiche causate da un
evento complesso e doloroso come la migrazione
che provoca la rinuncia alla vita affettiva, sociale e di
coppia. Dalle voci delle donne straniere arriva il rac-
conto di questa esperienza.
Mi ricordo che fu proposto di cercare un nome,
una denominazione diversa da Madreperla per il cen-
tro, in modo da riassumere la situazione di molte
donne e l'obiettivo del progetto. Nonostante gli sfor-
zi non abbiamo trovato un titolo più appropriato di
Madreperla, un nome che abbiamo percepito come
appropriato e famigliare. In quel periodo le donne vi-
vevano una fase di insicurezza, l'essere nell'illegalità
era un'ansia che conoscevano donne diverse per età
ed esperienze personali, all'epoca con l'aiuto dei col-
laboratori della Provincia e del Comune di Reggio
Emilia cercavamo di avvicinarci, di pensare a quali
erano le nostre idee, i sogni, i piani per il futuro. Noi
tentavamo con ogni mezzo possibile di portare un
messaggio alle persone incaricate del progetto: vole-
vamo migliorare la quotidianità difficile di molti con-
cittadini. Qualche mese fa ho conosciuto Virna, è ar-
rivata in Italia illegalmente, pagando una somma
equivalente a tre mesi di stipendio in cambio di un
posto di lavoro da badante. Cominciò a lavorare do-
po sei settimane senza lavoro, Vira ha avuto la for-
tuna di non pagare un affitto in quel primo periodo
grazie all'ospitalità di una generosa famiglia italiana
dove lavorava una sua amica. Dopo quel primo pe-
riodo difficile Vira voleva sentirsi donna e sistemarsi
i capelli ma era confusa dai prezzi dei parrucchieri
italiani e cominciò a chiedere informazioni per sape-
re cosa facevano le altre "donne dell'Est". Le raccon-
tai del centro "Madreperla", Virna fu affascinata dalle
mie parole e mi disse di ringraziare tutti quelli che si
impegnavano in questa attività. Sono contenta an-
che per Virna, che riuscì a risolvere i problemi che
fanno parte della routine di ogni giorno. Per l'ennesi-
ma volta invece sento l'amarezza perché l'immigra-
zione illegale dall'est continua, anche se in silenzio
senza il clamore che fa quella di "Lampedusa", da
Nord-est continua ad arrivare gente con la speranza
di riuscire a sistemare la propria vita e garantirsi un
dignitoso avvenire. Spesso mi domando dove vanno
investiti tutti i soldi provenienti dai traffici di esseri
umani… La corruzione è una piaga sociale che nel
nostro paese si è diffusa in tutti i settori della politi-
ca, dell'economia e dei servizi sociali, passando per
la scuola, l'università, la sanità, la cultura: le busta-
relle ingoiano continuamente i guadagni degli emi-
granti che finiscono per non sapere quando potran-
no tornare definitivamente nella propria terra.
"Quando mi sono laureata mia mamma era felice.
Mi disse "Farai una vita meno faticosa della mia, sa-
rà interessante e potrai vivere tra i tuoi libri". Così fu
per 17 anni. Facevo l'insegnante ed ero innamorata
del mio lavoro. Non era facile ma mi dava molta sod-
disfazione. È crollato tutto... Meno male che mia
mamma non sa come è cambiata la mia vita, a volte
penso a voce alta 'Sarebbe molto dispiaciuta. Ma è
morta prima che accadesse tutto ciò...' Perché siamo
venute in Italia?
Dovevamo uscire, invadere strade e piazze, stare
in piedi per settimane, mesi, tutto il tempo che oc-
correva per ottenere il rispetto dei nostri diritti, cam-
Reggio Emilia / Dossier badanti
la nostra casa
si chiama
Madreperla
Cercavamo una casa
conversazione con Antonina Bota
Lettera dall’Italia
di Marina Holych
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