Numero 1 del 2008
Siamo in movimento
Testi pagina 15
di madre in figlia
Credo che alle donne non debba essere preclusa alcuna
carriera. La parità si confronta nella vita e nel lavoro e non
è solo questione di lingua ma di contenuti. Non vorrei che nel
seguire aspetti più di forma si perdesse l'attenzione alla
sostanza. Essere alla pari significa accedere per merito agli
incarichi e professioni.
Talvolta un po' buffo, sicuramente strano. Per sottolineare
la presenza delle donne nelle professioni sono necessarie sta-
tistiche e l'utilizzo dell'articolo femminile davanti alla pro-
fessione.
Non ne conosco le ragioni, so solo che talvolta mi capita
di sentire questo tipo di utilizzo della lingua italiana. Nel
gruppo delle persone della mia età che conosco non ci siamo
mai posti questo problema e quando ce l'hanno posto non è
parso prioritario.
Credo che in democrazia sia utile tenere presente le esi-
genze delle persone. Proporrei la possibilità di poter utilizza-
re "la avvocato" o "l'avvocata" - ad esempio - a piacere,
secondo la sensibilità di chi parla.
Non debba far perdere l'attenzione ai veri problemi della
parità tra donne e uomini.
Non accetterei di essere chiamata diversamente dal colle-
ga, non evidenziando così il mio percorso di studi fatto.
Probabilmente richiederei immediatamente parità di tratta-
mento. I percorsi formativi sono momenti impegnativi nella
vita di una persona, richiedono fatica. Non riconoscerti que-
sto impegno solo in quanto donna, lede la credibilità della
professionista. Accetterei di essere chiamata signora sono nel
caso in cui il collega venisse chiamato signore.
Sicuramente sottolinea l'entrata delle donne nelle profes-
sioni, anche in quelle praticate solo oppure anche prevalen-
temente dagli uomini. Ovviamente non è solo con questo che
si ottiene la parità tra i generi, ma può rappresentare un utile
compendio ad una molteplicità di azioni ancora - purtroppo
- assai necessarie.
Abbastanza normale, sono abituata a farne uso. Mi rendo
conto che la sua diffusione è al momento prevalente solo in
contesti specifici, ovvero tra coloro che dei temi di parità si
occupano.
Il linguaggio contribuisce a delineare un immaginario col-
lettivo che è fatto di donne e uomini e non solo di esseri
inquadrati indistintamente in un genere. I femminismi hanno
elaborato molte teorie in proposito, forse con scarsa capaci-
tà di trasmissione tra generi e generazioni.
Sicuramente. Le donne hanno visto crescere la loro parte-
cipazione al mercato del lavoro in termini di quantità e qua-
lità ed una valorizzazione di questi percorsi è utile per raf-
forzare le azioni nei momenti di difficoltà.
Possa essere non costosa ed utile per ricordare che la pari-
tà è il punto di arrivo al quale tendere.
Mi è successo spesso il contrario, e la cosa mi ha irritato.
Rendermi conto di come le donne siano svalorizzate solo per
il fatto di appartenere al genere femminile, verificare come
gli stereotipi incidono nelle scelte professionali e di evoluzio-
ne di carriera e come sia più difficile per noi avere compe-
tenze riconosciute e pagate mi ha indotto a pensare che il
percorso per una reale parità tra uomini e donne nella vita e
nel lavoro sia ancora tutto in salita.
Utilizzare un tale linguaggio mi pare …
Avvocata, direttora, magistrata, …per affermare che le donne ci sono in tutte le professioni
Perché alcune donne insistono sulla necessità di utilizzarlo?
Se ti trovassi in un contesto in cui un collega maschio venisse chiamato dottore e tu invece
(a parità di studi) signora o signorina, cosa faresti?
Se la lingua cambia nel tempo in funzione dei cambiamenti della società, credi che potrebbe
essere auspicabile una maggiore attenzione anche alle identità di genere?
Una proposta di legge per introdurre nella lingua italiana questi cambiamenti penso che…
Linguaggio attento all'identità di genere?
Rosa M. Amorevole Alessandra Pennello
noidonne gennaio 2008 15