Numero 1 del 2015
Forti e fragili come adolescenti - Speciale Rebibbia
Testi pagina 15
13Gennaio 2015
violenza ostetrica e l’hanno recepita nel loro ordinamento
normativo all’interno di leggi contro la violenza sulle don-
ne. Perché di questo si tratta: di una forma di violenza sulle
donne, e come tutte le forme di violenza è causa di effetti
dannosi dal punto di vista fisico e psicologico”.
Durante il convegno sono state particolarmente toccanti
le testimonianze di numerose donne che hanno ricordato,
con molto dolore e sofferenza, il loro parto e la sensazione
di impotenza di fronte alla violenza subita. In particolare
hanno fatto riferimento alla limitazione del movimento du-
rante il travaglio, la mancanza di informazioni e coinvolgi-
mento nelle decisioni che riguardavano il loro corpo. La
proibizione, senza indicazioni mediche al bere e al man-
giare. La negazione del diritto di avere una persona ac-
canto di sua scelta. Subire, senza alcun motivo, pratiche
dolorose e violente, come la dilatazione manuale del collo
dell’utero e rottura del sacco amniotico, l’obbligo della po-
sizione sdraiata durante il parto, il taglio della vagina e la
separazione dalla persona nata immediatamente dopo il
parto, senza poter in nessun modo sottrarsi, scegliere o
obiettare. L’ostetrica Gabriella Pacini, presidenta dell’as-
sociazione Freedom fo Birth-RAG e moderatrice del dibat-
tito, ha ricordato le limitazioni delle libertà che le donne
subiscono. Significativo l’intervento di alcuni operatori
sanitari, ostetriche e ginecologhe, che hanno condiviso
la difficoltà che incontrano, nei loro contesti di lavoro, nel
momento in cui provano a mettere in discussione prati-
che inutili e routinarie nel percorso nascita. In particolare
emerge da alcuni dei loro interventi il tema della paura:
da un lato la paura degli/lle operatori/operatrici sanitari/e
rispetto alla libera scelta delle donne alla nascita e dall’al-
tro la loro percezione della paura e dell’ansia delle donne
stesse durante il parto che le porterebbe a delegare la
scelta stessa. La paura sembra proprio il vissuto emotivo
che funge da benzina che alimenta e sostiene la macchi-
na dell’ipermedicalizzazione troppo spesso non informa-
ta e non acconsentita. Rispettare il diritto alla completa e
corretta informazione e l’attuazione di un modello di cura
partecipato e centrato sulla persona ci sembra essere un
terreno da dover coltivare insieme per uscire dall’empasse
e poter passare dalla predominanza della paura/sfiducia
alla fiducia. (…)
Maurizio Balistreri, filosofo, ha osservato: “colpisce il
silenzio delle filosofia sul tema della gravidanza e del
parto, che rimangono a tutt’oggi ambiti inesplorati se
li confrontiamo con l’attenzione che viene posta, non
solo dalla filosofia ma dalla nostra cultura in generale,
a questioni che riguardano altri momenti dell’esistenza.
La riflessione bioetica - scrivono le femministe - e in ge-
nere le prospettive che difendono nuovi spazi di liber-
tà e autonomia sembrano fermarsi di fronte al tema del
diritto alla libertà di scelta e autodeterminazione delle
donne sul come e dove partorire e non sembrano sen-
sibili alle rivendicazioni sempre più diffuse delle donne
incinta. Il dibattito, molto acceso e diffuso, che riguarda
l’interruzione di gravidanza e la fecondazione assistita,
sembra fermarsi completamente sulla soglia della sala
parto. (…)”. Secondo l’antropologa Annalisa Garzo-
nio “il parto naturale non esiste e non è mai esistito. In
nessuna parte del mondo. Invece di essere considerato
un fatto puramente fisiologico gli andrebbero ricono-
sciuti i caratteri di categoria culturale magistralmente
costruita e manipolata per legittimare, di volta in volta,
differenti forme di appropriazione del potere sui corpi
delle partorienti e del corpo sociale più ampio (…)”.
Valentina Gazzaniga, docente di Storia della Medicina
all’Università La Sapienza di Roma, ha presentato un’in-
teressante relazione, finalizzata a indagare le origini di
questo tipo di violenza nella nostra cultura, in cui ha
evidenziato come, nel mondo greco-romano, la visione
del corpo femminile come di un corpo minoritario sia
stata funzionale all’introduzione di un Pantheon maschi-
le che andasse a sostituire quello femminile, che aveva
caratterizzato le società gilaniche preesistenti (studiate
da Maria Gimbutas). Gazzaniga ha affermato che: “tale
visione del corpo femminile e dei processi riproduttivi
era funzionale al controllo sociale delle donne ed alla
strutturazione di una società patriarcale”. b
Versione integrale dell’articolo:
http://www.noidonne.org/blog.php?ID=05994
Videointervista a Gabriella Pacini:
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