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Numero 7 del 2007

Uomini contro la violenza sulle donne


Foto: Uomini contro la violenza sulle donne
PAGINA 14

Testi pagina 14

luglio/agosto 2007 noidonne14
re con i partigiani, ospitando uomini,
nascondendo armi o fornendo mezzi, e
lo fecero le donne, visto che erano ri-
maste solo loro; certo, con la guida e
l'aiuto di nostro cugino Massimo, par-
tigiano pure lui; e Genoeffa non poteva
che esserne almeno consapevole e con-
senziente insieme, ancora una volta, al
marito Alcide, se non partecipi attivi
dato l'immenso dolore che li opprime-
va. Anche di fronte alla notizia terribi-
le della fucilazione dei figli, lacerata
da un dolore indescrivibile che nessuna
madre oltre a lei ha provato, ha dovu-
to stringere i denti e andare avanti.
Ricordo gli strazianti monologhi di
fronte all'immagine di santa Teresa, di
cui era devota, e che da sempre conser-
vava sul comò; la rivedo seduta di
fronte alla foto dei suoi figli, chiamarli
uno ad uno per nome elencandoli sulle
dita delle mani, o in lunghe, intermina-
bili ore di immobilità; seduta ai piedi
del letto con le mani in grembo, persa
in chissà quali ricordi e pensieri. Ma ri-
cordo anche i lunghi e complicati dia-
loghi con mio nonno sull'eventuale de-
stinazione che avrebbero raggiunto i lo-
ro figli dopo che, all'alba del 28 dicem-
bre, erano stati prelevati dal carcere di
Reggio Emilia, dove anche lui si trova-
va. Lei sapeva che erano già stati ucci-
si, e lui no; e per molti giorni è riuscita,
insieme a tutta la famiglia ma con lei
in prima fila, a risparmiargli la verità,
nella speranza che il tempo lo aiutasse
a riprendersi fisicamente e a sopporta-
re una così dura realtà.
La pubblicistica ci ha consegnato
una figura di padre forte che ha saputo
reagire positivamente e guardare al
nuovo raccolto, e di una madre dolce e
remissiva che, oppressa dal dolore, non
avrebbe retto alla perdita dei sette figli:
io penso che non sia andata proprio co-
sì. Accanto ai momenti di disperazione
più che comprensibile, ricordo con qua-
le trepidazione ha seguito la nascita
del piccolo Gelindo, avvenuta il 6 feb-
braio 1944, e che si è chiamato così
perché il padre Gelindo era stato fuci-
lato da oltre un mese; ricordo tanti ge-
sti di attenzione verso qualcuno di noi
o verso tutti contemporaneamente,
preoccupata per il nostro futuro, per la
nostra condizione di orfani che avreb-
bero voluto la meno pesante e la più
dignitosa possibile: non vorrei mai che
qualcuno possa dire di loro: "poverini,
non hanno più il papà…"
Da quella frase mi è venuta tanta
forza per allora e per tutta la vita, an-
cora oggi ricorro a quelle parole e al lo-
ro significato più profondo e non solo
per testimoniare ai giovani ma anche
per attingervi forza e guida nelle diffi-
coltà che la vita mi presenta.
Il suo cedimento totale avvenne alla
metà di ottobre del 1944, dopo dieci
mesi di dura resistenza personale e di
innumerevoli sforzi per farce-
la. "Capisco che posso essere
ancora utile", l'avevo sentita
dire, e pur avendo soltanto
dieci anni avevo provato un
gran sollievo. Ha ceduto di
fronte al nuovo incendio di
cui è stata oggetto la nostra
casa, perché vi ha letto con
molta lucidità un ulteriore at-
to di persecuzione e ha temu-
to per l'incolumità di noi
bambini. Quello stesso gior-
no, dopo aver dato l'allarme
alle nostre madri e ai parenti
intenti alla vendemmia, si è
occupata del piccolo Gelindo
stringendolo tra le braccia fi-
no a quando l'incendio è sta-
to domato, poi lo ha conse-
gnato a una delle nostre ma-
dri dicendo: "Ora pensateci
voi, anche per la cena, io va-
do a letto, non ne posso
più…". Alcuni giorni di cure a casa e
un breve ricovero all'ospedale di Mon-
tecchio non sono valsi a nulla, ci ha la-
sciato per sempre il 14 novembre, ad
un mese esatto dal giorno dell'incendio.
La bara contenente la sua salma è
stata portata fuori casa dalle sue quat-
tro nuore, che anche in quella circo-
stanza hanno voluto colmare il vuoto
dell'assenza dei "loro" sette uomini, co-
me già avevano iniziato a fare all'indo-
mani del loro arresto, e come hanno
cercato di fare per tutta la vita nella fa-
miglia e nella società.
Il testo è di Maria Cervi, tratto da
Istituto 'Alcide Cervi', Società Italiana
delle Storiche, "Guerra e resistenza po-
litica. Storie di donne" a cura di Dia-
nella Gagliani. Ed Aliberti
Le foto che ritraggono Maria Cervi
sono state gentilmente messe a disposi-
zione dal Museo Cervi
segue da pag. 2
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