Numero 1 del 2008
Siamo in movimento
Testi pagina 14
Mai come questa volta il sondaggiodel mese ci offre materiale per ri-
flettere: da un lato le risposte alle do-
mande chiuse che imponevano una scel-
ta fra opzioni possibili, dall'altro le ri-
sposte aperte che si portano dietro l'e-
sperienza della persona maturata in
contesti e in età diversi.
Le scelte tra quelle da noi proposte
indicano che la modificazione della lin-
gua italiana per renderla più rispettosa
dell'identità di genere è "una piccola ri-
voluzione nelle abitudini, in grado di
produrre un cambiamento
culturale" per il 46%
dei/delle rispondenti, per il
40% è "un modo per evi-
denziare che le donne ci
sono, in tutte le professio-
ni e per valorizzare il per-
corso fatto dalle donne",
mentre per il 9% non riesce
ad abituarsi "alle profes-
sioni declinate in questo
modo…suonano proprio
male!". Il 3% ritiene che
potrebbe essere fatto an-
che da noi, visto che lo
fanno già in altri Paesi,
ma l'1% ritiene che "co-
munque l'impatto sarà
nullo".
Quale è stata la reazio-
ne la prima volta che si è sentito parla-
re di ciò? Le risposte si articolano:
fra chi ha vissuto una reazione po-
sitiva ("non ci avevo pensato", "perché
non averci pensato prima", un approc-
cio "sensibile", "originale", "semplice",
"positivo", "se non si comincia dal lin-
guaggio come si fa ad essere visibili?",
"esiste una potenza simbolica del decli-
nare al femminile") e motiva il proprio
sentire con la necessità di non "rasse-
gnarsi ad una consuetudine che si crede
immutabile. La lingua si evolve con la
società, come ha sempre fatto e non si
fermerà ora". E da chi non è nata in Ita-
lia, e si è qui trovata per motivi di stu-
di, la testimonianza di essersi sentita
mortificata in una situazione dove l'i-
dentità di genere non veniva tenuta in
considerazione a differenza del consen-
so ottenuto da questa pratica nei paesi
anglosassoni e ispano-americani. O an-
cora "l'effetto sonoro della finale sem-
brava amplificare ancor di più il so-
stantivo. Sono convinta che si debba de-
clinare così perché avvocata e pari ad
avvocato, mentre avvocatessa sembra
subordinato", perché "la lingua ha un
riflesso sul cervello" e "negli anni le pro-
fessioni si sono sviluppate trasversal-
mente ai generi mentre la lingua non si
è evoluta. Censura o cesura dell'identi-
tà?";
fra coloro che affermano di non es-
ser stata/o colpita/o per niente ("è un
sintomo del dominio culturale maschi-
le", "ho sempre parlato al femminile ed
invitato donne e uomini a farlo");
e chi manifesta una reazione nega-
tiva ("è giusto ma suona male", "è sgra-
devole, non piacevole, sembra una pre-
sa in giro", "è artificioso") e motiva la
scelta anche ricordando la grammatica
italiana ("non dovrebbe essere applica-
ta. La lingua italiana prevede che il ge-
nere sia dato dall'articolo, non dalla de-
sinenza").
Se in alcune professioni praticate
prevalentemente da donne la declina-
zione al maschile è stata semplice (in-
fermiera/infermiere, ad esempio), c'è an-
che chi dichiara di essere colpita dalla
involuzione del linguaggio ("alle ele-
mentari avevo la direttrice ed oggi c'è il
direttore. Le donne si definiscono "un
formatore", "un consulente" .. e via di-
cendo. Che tristezza!").
I cambiamenti utili per avere una lin-
gua rispettosa dell'identità di genere do-
vrebbero essere, per chi concorda con
questa tesi, applicati da subito: dal vo-
cabolario, dalla scuola, dai vertici pub-
blici, dai luoghi di lavoro, magari anche
a partire "dalla messa fuori dal senso
comune di espressioni come 'avere le
palle' o ' è brava a guidare sembra un
uomo!'". Ed anche nel nostro questiona-
rio. Ci impegniamo fin da ora a modifi-
care, alla voce "stato occupazionale"
del nostro questionario da "casalinga" a
"casalinga/o".
Nella propria realtà le risposte affer-
mano che un tale uso della
lingua italiana non viene
seguito da nessuno o da
pochi, oppure solo da chi
fa parte di specifici organi-
smi di parità (comitati e
commissioni pari opportu-
nità) o in ambito politico e
partitico, tra chi ha matu-
rato percorsi femministi.
Prevalentemente da donne.
Un elemento che colpi-
sce, in questa nostra picco-
la analisi, è l' impatto che
il tema incontra rispetto le
nuove generazioni. Anche
a seguito delle differenze
emerse nel confronto "di
madre in figlia", si è voluto
approfondire con un grup-
po di giovani donne ai primi anni di
università.
Nelle loro risposte non si è indivi-
duato un interesse specifico al tema del
linguaggio, come se questa eccessiva at-
tenzione portasse ad una dispersione di
energia tale da depotenziare l'azione nei
confronti dei diritti e della parità tra
donne e uomini. Come se questa atten-
zione fosse più di "maniera" e poco di
"sostanza". Ed essere chiamata Signora
o Signorina invece di "dottore", "inge-
gnere" o "avvocato" secca perché va a
ledere la professionista più che il genere
femminile. Questa dicotomia ci porta a
riflettere sulla necessità di un confronto
fra generazioni, anche allo scopo di fa-
vorire un'utile trasmissione di saperi,
per raggiungere nuovi obiettivi di parità
tra i generi facendo tesoro delle differen-
ze e dei percorsi maturati nella storia
delle donne.
Rosa M. Amorevole
Sondaggio di dicembre
Per una lingua italiana rispettosa
dell’identità di genere
gennaio 2008 noidonne14