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Numero 8 del 2009

Ozio pigrizia tempo libero


Foto: Ozio pigrizia tempo libero
PAGINA 14

Testi pagina 14

“Nell'ozio, nei sogni, la verità som-
mersa viene qualche volta a galla”,
Virginia Woolf, Una camera propria.
Appare naturale parlare di ozio in
prossimità delle vacanze estive, momen-
to in cui tutti i tempi scanditi dal lavo-
ro dovrebbero rallentare. È forse per
questa ragione che il 54% delle risposte
condividono che esso sia "un valore e un
piacere da ricercare, significa avere il
tempo per riposare, per divertirsi, per
condividere". Il dolce far niente piace
perché "mi fa ricaricare, mi fa pensare,
dà senso alla dimensione spirituale ed è
contrappunto e contrafforte dell'azio-
ne"; del resto è "bello rilassarsi e magari
godere del dolce far niente. Se la gente
fosse meno stressata staremmo tutti un
po' meglio". I vantaggi appaiono molte-
plici: "posso annullare tutto il resto e
pensare a me stessa",
"mi consente di gestire il tempo come
voglio io", "aiuta a ritrovarsi, a ritrova-
re il piacere delle relazioni". In tutte
queste definizioni l'ozio diviene uno
spazio dove "incontrarsi senza l'alibi di
dover essere altrove" o più poeticamente
per "pensare, riflettere, ascoltare il silen-
zio".
Tra i doveri e gli impegni ben poco
tempo rimane libero per sé, c'è chi affer-
ma che questo tempo occorrerebbe "tro-
varlo, disperatamente volerlo" anche
"avendo il coraggio di dire dei no" per-
ché "non è questione di ritagliare, ma bi-
sogna avere il coraggio di dichiarare le
proprie reali priorità".
Ritrovare "il piacere di stare con noi
stessi e con chi amiamo" appare come
l'obiettivo verso il quale tendere e anche
ridare valore alle relazioni, il vero "sale
della vita".
Dal punto di vista semantico, il ter-
mine ozio (derivato dal latino "otium")
indica un'occupazione principalmente
votata alla speculazione intellettuale,
attività di fatto riservata alle classi do-
minanti, ed è contrapposto al concetto
di negotium, occuparsi (più per necessi-
tà che per scelta) dei propri affari. Per
gli antichi romani il termine otium non
significava "dolce far niente", indicava
un tempo libero da impegni nel quale
era possibile aprirsi alla dimensione
creativa.
Intorno a questo concetto molto è
stato scritto, e non solo negli ultimi ven-
t'anni: filosofi, sociologi, economisti ed
esperti delle organizzazioni ci hanno re-
galato molte migliaia di pagine dalle
quali emergono interessanti teorizzazio-
ni concernenti la possibilità di poter ri-
durre i tempi di lavoro per lasciare spa-
zio al più artistico "ozio creativo".
Tra questi c'è anche chi descrive det-
tagliatamente i principali errori dell'uo-
mo nella società post-industriale, che
ha costruito una società caratterizzata
da: il cattivo impiego dei tempi e la cat-
tiva distribuzione dei carichi di lavoro,
la commistione di luoghi del tempo libe-
ro con quelli di lavoro, la sincronizza-
zione degli orari lavorativi e dei servizi,
l'incremento delle ore perse nel traffico,
la centralità del posto di lavoro e il
mancato sviluppo del telelavoro, l'illu-
sione che ci sarà un tempo futuro (la
pensione) per godere di quanto oggi sa-
crifichiamo in nome della carriera, la
convinzione che il lavoro
sia il centro della vita,
senza discussioni!
E al tempo della crisi,
con la paura di perdere il
lavoro che si ha - qua-
lunque esso sia e a tutte
le condizioni - la centra-
lità del lavoro diventa
ancora più importante.
Serge Latouche, socio-
economista francese che
per molti decenni ha stu-
diato i sistemi di svilup-
po e della reciprocità nei
paesi africani, nel suo
"Breve trattato sulla decrescita serena"
afferma che sia giunto il momento per
sperimentare la rivoluzione pacifica del-
la decrescita.
Quanto propone implica un cambia-
mento di mentalità: non più una corsa
allo sviluppo come fino ad oggi pensa-
to, creatrice al contempo di inquina-
mento, malattie, spese per la salute e il
depauperamento delle limitate risorse
del pianeta. Ciò significa anche lavora-
re tutti ma lavorare meno, lasciando co-
sì ad ognuno la possibilità di vivere il
tempo per sé.
E ogni volta che rievochiamo "il tem-
po per sé" dovremmo rammentare che,
se l'evoluzione della società non sarà in
grado di agire positivamente anche in
termini di condivisione del lavoro di cu-
ra tra donne e uomini, allora continue-
remo a rilevare disparità tra l'ozio crea-
tivo di un genere e il lavoro riproduttivo
dell'altro.
Nel rispondere al sondaggio, una
giovane lettrice ci scrive: "per me che
cerco lavoro (l'ozio) è pura utopia e co-
me tutte le utopie ha una grande attra-
zione. Il mio ragazzo invece ci riesce be-
nissimo, e principalmente mi ha affasci-
nato proprio per questa sua misteriosa
arte. Lasciandomi però col doppio del
lavoro da fare".
Sondaggio di giugno
L’ozio: vizio o utopia?
Rosa M. Amorevole
luglio/agosto 2009 noidonne14
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