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Numero 9 del 2010

Dove vanno i consultori?


Foto: Dove vanno i consultori?
PAGINA 13

Testi pagina 13

11noidonne | settembre | 2010
BIOETICA
sto a fronte del comportamento della po-
polazione immigrata, che, meno garantita
ma forse più fiduciosa nel futuro, assicura
una maggiore natalità. La prima fotografia
dei famigerati “bamboccioni” comincia
proprio da qui, dalla fragilità di coppie che
procreano sempre più tardi, al massimo un
figlio, e viceversa si separano molto, e
presto, non riuscendo a reggere la conflit-
tualità e le difficoltà, anche economiche, del-
la responsabilità familiare. In questo sce-
nario non c’è grande enfasi per l’infanzia.
Tutti i condizionamenti intorno alla sicu-
rezza della gravidanza pletoricamente mo-
nitorata e misurata, tutti i clamori sulla ne-
cessità di superspecialisti al parto (norma-
le) da svolgersi preferibilmente in sale
operatorie, crollano vertiginosamente nel-
la solitudine degli ambienti di vita, in cui la
parte più difficile è ancora da iniziare: ac-
cogliere e far crescere questi neonati nel nu-
cleo affettivo e sociale di riferimento. È vero.
I bambini sono un problema. Lo sono quan-
do si ammalano per una banale influenza,
e via via perché per alcuni anni mettono a
dura prova la motivazione del progetto nato
intorno al desiderio di un figlio, naturale o
adottivo che sia. Intorno la vita sembra scor-
rere come sempre: ma, a parte alcune
conquiste contrattuali per chi ha un lavo-
ro garantito, quali nuove proposte, quali po-
litiche? Paradossalmente oggi più di ieri, la
donna che mette al mondo un figlio è so-
cialmente in compagnia della sola sua scel-
ta, e questo non perché non esistano una
buona legge di tutela della lavoratrice ma-
dre, o dei servizi pubblici, dai consultori ai
nidi (sempre più costosi, ma comunque dif-
fusi perlopiù laddove le istituzioni funzio-
nano). In altri paesi, dove forse non si vive
meglio che da noi, come per esempio la
Gran Bretagna, si redigono periodica-
mente documenti che ci consola leggere, e
che riguardano le scelte della maternità, l’in-
teresse per la soddisfazione rispetto ai ser-
vizi offerti, documenti che nascono dalla
consultazione postale di migliaia di donne
e di famiglie alle prese con questa espe-
rienza, e ne tengono conto. Questi argo-
menti fanno fatica ad entrare nelle officine
dei programmi elettorali o nei pensatoi del-
le agenzie sanitarie: ma non sembrano
nemmeno affollare le agende di quegli
spazi professionali o politico gestionali
che le donne in questi ultimi decenni han-
no faticosamente conquistato.
In un malinteso rapporto con il progresso
scientifico, con la potenzialità procreativa
come limite nella corsa alle “pari oppor-
tunità” nella valorizzazione dei talenti in-
dividuali, sembra stia prevalendo la ten-
denza a “dimenticare” quella specificità pro-
prio rispetto all’uso del corpo (femminile)
competente alla riproduzione. Adrienne
Rich racconta che negli anni cinquanta lei,
una donna colta e sensibile, fu condizionata
al punto da mettere il proprio corpo nelle
mani di tecnici per partorire: “addormen-
tatemi, e che se ne occupi il medico”…
Oggi, a distanza di decenni, nelle corsie del-
le Maternità si incontrano sempre più
donne che sorridendo affermano di esser-
si sottoposte al taglio cesareo per scelta: don-
ne mediamente istruite, capaci peraltro di
progettare complessi edifici in qualità di in-
gegnere, giudicare pluriomicidi in qualità
di magistrate, praticare sport estremi per
hobby o per professione, ecc… Nel nome
di questo processo di decorporeizzazione
di cui parla Barbara Duden (I geni in testa
e il feto in grembo, Bollati Boringhieri, 2006)
si identifica il lavoro del travaglio con il solo
dolore, si considera inutile il fenomeno del
parto al punto da considerarlo una perdi-
ta di tempo (per il taglio cesareo basta mez-
z’ora) e soprattutto si assume che questo sia
solo una modalità, oramai superata da più
moderne varianti. Abbiamo già detto, a que-
sto proposito, delle responsabilità dei pro-
fessionisti della salute materno-fetale e
delle Società Scientifiche (che oggi si sta fe-
rocemente ritorcendo attraverso i conten-
ziosi medico-legali). Ma cosa dire soprat-
tutto alle donne che sempre più, in nume-
ro molto superiore agli uomini , “risanano
e ritessono le vite di donne e bambini”,
avendo con la loro tenacia e superiorità rea-
lizzato l’auspicio che Rich esprimeva tren-
t’anni fa? Ora tocca a loro. Senza alibi, toc-
cherà sempre più a loro, con scienza, tec-
nologia e cultura, curare e parlare alle loro
simili. Loro non avranno, come è toccato
finora alle Ostetriche, nell’impari “mezza-
dria maieutica” che così appassionata-
mente lamenta Duden, un professionista
Medico a cui rispondere delle proprie
azioni e decisioni, se vorranno facilitare o
assecondare processi che conoscono inti-
mamente e possono comprendere. Le pro-
fessioniste sul campo sono loro, già ora in
massima parte, e lo saranno sempre più. Co-
noscono le regole del gioco, e per la scelta
della professione più pertinente e contro-
versa di aiuto per le donne hanno condot-
to fino in fondo una dura lotta. Sono for-
ti della loro bravura, ma ancora a disagio
nei luoghi delle cure, che intanto sono cam-
biati poco. Rappresentano un formidabile
agente di cambiamento per le donne che a
loro si affidano, e, soprattutto, non sono
sole. Se cinquanta anni fa, alle spalle di-
struzione e morte, le donne del dopoguerra
furono in grado, senza strumenti, con tut-
to da ricostruire (compresa una idea di pro-
creazione i cui fondamenti bio-endocri-
nologici finalmente venivano alla luce), di
parlare di maternità come valore sociale, noi
oggi sappiamo che è da qui che dobbiamo
ricominciare.
Dalla storia, che è soprattutto storia delle
idee, dalla lunga storia del corpo femminile,
capace di sanare e ritessere vite di donne e
bambini con intelligenza e passione. n
* Ginecologa Ricercatrice, Dipartimento di gine-
cologia ed Ostetricia, Università degli studi Genova
INESISTENTE
IL SOSTEGNO
AL RITORNO A CASA
DELLA PUERPERA,
ASSENTE IL PROGETTO
OBIETTIVO MATERNO
INFANTILE SU SCALA
NAZIONALE
NELLA CORSA ALLE PARI
OPPORTUNITÀ PREVALE
LA TENDENZA A
DIMENTICARE QUELLA
SPECIFICITÀ DEL CORPO
(FEMMINILE)
COMPETENTE
ALLA RIPRODUZIONE
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