Numero 4 del 2016
Europa (in)difesa. Barriere politiche e culturali
Testi pagina 13
11Aprile-Maggio 2016
analizzata con chiavi di lettura sessuate e una pratica
politica che intreccia, come sempre, la riflessione e l’a-
zione, il lavoro del pensiero e la fatica di un fare col-
lettivo, generatore a sua volta di conoscenza, in grado
di diventare gesto pubblico e dunque trasformativo.
Donne radicate saldamente nella storia del proprio genere,
con varie sedi fisiche e simboliche da curare e da mante-
nere. Siamo consapevoli di essere una fra le tante realtà
femminili che si muovono nel nostro paese per costruire
una diversa civiltà umana, libera da violenze, sopraffazioni
e discriminazioni. Siamo anche convinte che, se vogliamo
determinare cambiamenti radicali, la relazione tra don-
ne resta ancora passaggio ineludibile. Ma a che punto
sono oggi le relazioni tra le donne?
Assistiamo purtroppo ogni giorno ad un perdersi di sé
come soggetto sessuato da parte di donne presenti nei
luoghi in cui si decide, dove la differenza femminile si ridu-
ce, tranne qualche eccezione, a presenza di corpi differen-
ti ma incapaci di parlare un linguaggio radicato nel proprio
genere e nella sua storia. Assistiamo con sconcerto al pa-
radosso rappresentato dal mondo della scuola e dei me-
dia dove, nonostante il numero rilevante delle insegnanti e
delle giornaliste, trasmissione e informazione continuano a
mantenere un alto tasso di sessismo, occultando e depo-
tenziando saperi, pratiche, figure femminili di cui è ricca
la cultura e l’esperienza storica delle donne. Come mai?
Siamo tante, brave, competenti, ma viviamo purtroppo
tutte in piccole o grandi frazioni di spazi poco comuni-
canti tra loro: una frammentazione senza interlocuzio-
ne. Questa è la nostra vera miseria, dovuta non solo alla re-
sistenza maschile al cambiamento, ma anche e soprattutto
ad un deficit di relazione tra donne. Ogni tanto qualcuna
pensa di dare vita ad un nuovo soggetto nazionale o di
mettersi alla testa di una rete, senza passare per l’esercizio
faticoso della democrazia e del reciproco riconoscimento,
con il risultato che restiamo tutte, ininfluenti, nella coda di
un grosso corpo a testa maschile.
Il problema non è tanto superare la frammentazione
quanto saperla trasformare in ricchezza in grado di
contrastare l’inessenzialità del punto di vista della dif-
ferenza femminile nel panorama politico e istituzionale
del nostro paese. Noi dell’Udi abbiamo avuto sin dalla no-
stra nascita la tensione verso l’unità con le altre; la scelta
di fare anche questa volta un congresso aperto a tutte ha
questo significato. Sappiamo che non è cosa semplice,
soprattutto in questo nostro tempo segnato da logiche ne-
oliberiste che erodono soggettività e tendono a trasformar-
ci in narcise pronte al consumo. Eppure in questo mondo
mercificato e globalizzato, accanto a fondamentalismi di
ogni tipo e a tragici respingimenti, restano anche sacche
di resistenza per una libertà diffusa, capace di attraversare
confini geografici e identitari, abbattere muri e steccati in-
terni ed esterni, rompere persino il binarismo sessuale e la
sua forza normativa.
Si stanno pertanto rivelando inadeguate o insufficienti
alcune nostre categorie interpretative a causa anche di
nuove tecnologie e della bioeconomia che immette nel
mercato ovociti, sperma, placenta, utero...: nuovi modi
di restare al mondo, venire al mondo, mettere al mondo.
Tutto questo richiede uno sforzo di risignificazione dell’espe-
rienza umana che non ammette scorciatoie: tra proibire e con-
sentire occorre imporsi la pazienza per comprendere, eserci-
tare l’empatia e l’ascolto come valori irrinunciabili, evitando la
logica sterile dello schieramento e della strumentalizzazione.
Bisogna perciò individuare nuove chiavi di lettura e sce-
gliere forme dello stare insieme che consentano una pra-
tica all’altezza delle sfide del presente, capace di edificare
ponti con nuovi soggetti, primi tra tutti le ultime genera-
zioni, le donne migranti e anche quegli uomini che sono in
cammino verso una loro difficile libertà. Questo credo che
tenteremo di fare e continuare a fare noi dell’Udi, ma non ba-
sta. Oggi più che mai, nello scenario inquietante e complesso
in cui siamo immerse, c’è bisogno di unire forze, competen-
ze, passione, per costruire tutte insieme un soggetto politico
femminile policentrico ed interrelato, capace di contrastare
con efficacia e autorevolezza vecchi e nuovi patriarcati e di
affermare ovunque autodeterminazione e libertà femminile.
Spero che il Congresso possa rappresentare un passaggio
fecondo per la vita dell’Udi e nello stesso tempo l’avvio di una
forte relazione politica tra le tante realtà femminili e femministe
presenti in Italia e non solo. Sarebbe bello oltre che necessa-
rio riscoprire la felicità di camminare insieme e insieme cam-
biare radicalmente questo nostro mondo che sembra andare
sempre più alla deriva. Con dentro al cuore questa speranza,
vado verso il XVI Congresso insieme a tutte quelle che con
intelligenza e coraggio vorranno guardarsi dentro, guardare
fuori, ma soprattutto guardare oltre. b
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