Numero 1 del 2010
2010 non ci resta che ridere
Testi pagina 13
macchiata di sangue, quella
dell'8 maggio, mio babbo
aveva scritto: gara del genio
civile.
Che cosa lega la memoria
alla ricerca della verità?
La memoria mi dà la for-
za per continuare. Ho fidu-
cia nella giustizia e mi co-
stituisco parte civile; ma do-
po 7 anni la Magistratura di Reggio Ca-
labria archivia il caso. Trascorrono 5
mesi. Sopraggiungono fatti nuovi, im-
portanti e gravi che vedono la stessa
Giunta Regionale coinvolta in uno
scandalo per associazione mafiosa. Ri-
esco a far riaprire il caso nonostante,
anche da luoghi istituzionali, mi si invi-
ti a "restare a casa" e non insistere con
la mia ricerca di verità. Comincio a ca-
pire. La morte di mio padre non è solo
legata alla mano che ha azionato la
bomba, ma ad un sistema fatto di buro-
crati, funzionari, politici che avevano
interessi da proteggere. Mi sono ribella-
ta. Ho capito che la mia esperienza po-
teva aiutare altri a conoscere quel "si-
stema" di cui prima del tre maggio ave-
vo solo sentito parlare. Ho capito che
alla memoria di mio padre dovevo la
verità.
Cosa ha significato per te conoscere
Antonino Caponnetto?
Caponnetto, oltre che maestro, è sta-
to per me un secondo padre a cui mi ri-
volgevo nei momenti di scoramento. Mi
ha educato alla legalità. Devo all'in-
contro con lui la speranza e la forza
che, dopo tanti anni, ancora mi porta a
comunicare ai giovani i valori legati al-
la memoria e alla giustizia. Intorno a
me, donna, c'erano tanto scetticismo e
sfiducia. Caponnetto scese in Calabria
e mi stette a fianco. Iniziammo a girare
per le scuole; c'erano anche Gherardo
Colombo, Piero Grasso, Piero Vigna.
La gerbera è il simbolo di questo im-
pegno.
Mio padre amava le margherite e i
fiori di campo. La gerbera è un fiore ro-
busto come la gente del sud e giallo co-
me il colore del sole. Questo simbolo ac-
compagna tutte le azioni contro la ma-
fia che mi aiutano a dare una senso al
dolore che ha inesorabilmente segnato
la vita mia e della mia famiglia.
Adriana, cos'è per te l'antimafia?
Non sono mai riuscita a spiegarmi il
perché di tanta barbarie. Il medico che
quel 3 maggio ne ha ricomposto il cor-
po ha detto che gli occhi di mio padre
erano sbarrati. Certamente era morto
senza avere il tempo di capire. Un con-
forto troppo piccolo per una ferita trop-
po profonda. Ma tanti anni sono passa-
ti. Il dolore si è lentamente sedato. Oggi
per me l'antimafia è un sentimento.
noidonne gennaio 2010 13
il dire e il fare
delle donne
nella lotta alle mafie
concetti e autori di Emanuela Irace
A proposito di Cesare Battisti
“Il diniego è un modo per mantenere segreta a noi stessi
la verità che non abbiamo il coraggio di affrontare”
Stanley Cohen
Dove esistono sogni, esistono incubi. Acquattati nell'ombra sforbiciamo sulle vite
altrui, tappezzando di menzogne ragioni umanamente insostenibili. Il mistero della
verità è professione ultraterrena. Atto di fede o propensione alla stupidità. Aderire
a un unico punto di vista non significa essere liberi. Nè significa essere democrati-
ci se si applica la legge seguendo il dogma della vendetta. Come per Cesare Battisti.
La verità ha molte porte. Alcune riusciamo ad aprirle. Altre accecano. E allora men-
tiamo, sicuri di non farlo, entrando in quei luoghi angusti della psiche collettiva
che cerca il riscatto nell'istinto. Non nelle istituzioni e nemmeno in una politica
colpevole, negli anni di piombo, di aver armato il braccio a uomini e donne che si
credevano patrioti. Intellettuali o delinquenti. Moralisti o ammalati di protagoni-
smo, terroristi o fiancheggiatori, assassini. La galassia rossa ha espresso il meglio
e il peggio di una generazione orfana di "padri" che credeva nella violenza come
ratio necessaria all'edificazione di una società di "uguali". Soluzione estrema e per-
versa, al pari di quanti oggi, all'interno delle istituzioni hanno fatto carriera caval-
cando nell'ombra gli orrori di una stagione che sventola principi di legalità e giu-
stizia forcaiola. Che la Mafia uccida governando la Borsa di Milano o appestando il
futuro di liquami tossici e radioattivi interessa a pochi. Il principio di legalità si
infrange davanti ai potenti. Seppellire in prigione Cesare Battisti sarebbe un falli-
mento. Per lo Stato. Per la giustizia. Per la comprensione di quella stagione scelle-
rata. Quante bugie ci hanno raccontato. E quante menzogne si alimentano della
pietas per le famiglie delle vittime. Il dolore non si combatte con altro dolore. Che
Battisti sconti la propria pena deve essere un atto di responsabilità. Personale e
collettivo. Non il simbolo di una vittoria sempliciotta che tacitando le coscienze ci
fa credere di essere padroni di una giustizia che sappiamo non potrà mai essere giu-
sta, ma la verità è insostenibile. Come scrive Nietzsche: "Quanto può resistere un
uomo senza dire bugie?".
Musella con il Proc. Naz. Antimafia Dr. P. Grasso Musella con Manganelli