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Numero 10 del 2007

50E50: il 13 ottobre tutte a Roma


Foto: 50E50: il 13 ottobre tutte a Roma
PAGINA 12

Testi pagina 12

di madre in figlia
È una domanda difficile: da scuola a scuola cambia tutto
o quasi, le situazioni più difficili sono quelle legate ad
ambienti più poveri perché, paradossalmente, ricevono finan-
ziamenti minori non potendo beneficiare di donazioni priva-
te. Le scuole con meno risorse riescono ad offrire minori sti-
moli agli studenti e spesso portano all'abbandono degli studi.
Nella città in cui vivo gli studenti delle scuole private sono
visti come coloro che, non riuscendo bene nelle scuole pub-
bliche o non avendo particolare voglia di studiare, decidono
di comprarsi il diploma, certi di essersi già assicurati un
posto di lavoro futuro grazie agli ampi mezzi delle proprie
famiglie.
I programmi della scuola italiana sono ottimi e, se porta-
ti a termine (cosa assai rara a causa della loro vastità),
danno allo studente un quadro generale ma particolareggia-
to della singola materia. Siamo l'unico paese che, invece di
limitarsi allo studio della propria storia, approfondisce
anche quella delle culture vicine e che - al contrario, negli
USA, in Inghilterra e in Francia (solo per citare alcuni esem-
pi) - contempla lo studio di Egiziani, Fenici, Romani e Greci.
Il problema reale sta nel metodo di insegnamento: pretta-
mente teorico, basato su una lezione frontale poco coinvol-
gente e spesso frettoloso.
La svalutazione della scuola non ha niente a che fare con
l'essere uomo o donna, si tratta di passione per l'insegna-
mento che si dimostra essere sempre più carente nei docenti,
di scarsi finanziamenti per i laboratori di lingue e di infor-
matica, della necessità di ulteriori aiuti per gli studenti
immigrati o portatori di handicap e tanto altro. Credo che il
fattore donna non possa incidere più di tanto su questo.
Mi piace pensarlo ma non ne sono convinta perché un pro-
fessore che da trent'anni lavora svogliatamente senza amare
il suo lavoro non cambia metodo di insegnamento per un
aumento
Di solito entrambe le cose, lo scopo primario rimane impa-
rare, ma spesso è quel "pezzo di carta" a portare più vicino
alla meta che ci si prefigge. È un peccato che non sempre allo
stesso certificato corrispondano pari competenze…
Con due figli a scuola vedo che molti problemi strutturali
e di metodo: ambienti non idonei, finanziamenti scarsi per
affrontare le criticità esistenti come il disagio giovanile o l'in-
terculturalità, innovazione nei programmi dettati dalle
nuove esigenze della società, metodologie di insegnamento
tese al coinvolgimento degli allievi e delle allieve.
Nella realtà in cui vivo non esiste una differenza così forte
tra il pubblico e il privato, ma non credo sia così in tutta
Italia. La cultura e la scuola debbono rimanere un valore
pubblico, perché determinano la qualità della vita e l'inve-
stimento sul futuro con pari opportunità di accesso per tutte
e tutti.
Programmi e capacità di trasmetterli sono entrambi
importanti. Da un lato occorre sfatare il mito che altrove la
scuola è migliore della nostra, dall'altro è necessario miglio-
rare e sostenere ciò che funziona e ciò che può validamente
innovare una metodologia di insegnamento in grado di for-
nire strumenti in grado di rendere giovani donne e giovani
uomini consapevoli e partecipi alla vita sociale e pubblica
del Paese. Se occorre innovare la società a fronte di cambia-
menti epocali, la scuola dovrà leggerne i cambiamenti per
fornire nuovi strumenti di intervento nel mantenimento di
una cultura democratica di azione.
Fin dall'Unità d'Italia la scuola inizia la sua femminiliz-
zazione con l'accesso delle donne al corpo insegnante, con la
contemporanea creazione di differenze di ruolo e di salario.
È sempre un discorso di valorizzazione del lavoro delle
donne. Ma la loro presenza ha determinato molti cambia-
menti innovativi, frutto di lavoro gratuito mai riconosciuto,
che andrebbe valorizzato e preso ad esempio come reale con-
tributo alla società.
Forse dovremmo pagare di più chi lavora bene, incenti-
vando anche i contesti scolastici in cui questi operano. Così
forse si creerebbe un circuito virtuoso capace di modificare in
meglio una realtà in deterioramento.
Innanzitutto per imparare, per sé e per lo sviluppo della
società. Ma sono i "pezzi di carta" che ci definiscono nell'ac-
cesso al lavoro. Quindi sviluppo di un sistema di valutazio-
ne delle competenze, che permetta la costruzione di curricu-
la che tengano conto di tutti i percorsi di vita.
Funzionano meglio le scuole private o quelle pubbliche?
Il pianeta scuola è davvero così disastrato come viene rappresentato?
Contano di più i programmi o la capacità degli insegnanti?
La presenza di tante donne nel corpo insegnanti non ha impedito la svalutazione della scuola. Perchè?
Se gli insegnanti fossero pagati di più la scuola sarebbe migliore?
Si va a scuola per 'il pezzo di carta' o per imparare qualche cosa?
La scuola e le riforme infinite
Rosa M. Amorevole Alessandra Pennello
ottobre 2007 noidonne12
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