Numero 1 del 2008
Siamo in movimento
Testi pagina 12
La prima è Marina Toschi, Consiglieradi Parità Regione Umbria, e a seguire
sono molte le donne che hanno firmato
la lettera aperta di cui pubblichiamo
una sintesi (il testo integrale è pubblica-
to nel sito www.noidonne.org) indiriz-
zata alla Presidente della Giunta Regio-
nale dell'Umbria (Maria Rita Lorenzet-
ti), al Presidente del Consiglio Regiona-
le dell'Umbria, al Presidente della Pro-
vincia e alla Presidente del Consiglio
Provinciale, al Sindaco del Comune di
Perugia e al Presidente del Consiglio Co-
munale, alla Rettrice dell'Università per
Stranieri di Perugia e al Rettore dell'Uni-
versità degli Studi di Perugia.
"Gent.me/i Signore e Signori,…. al di
là delle notizie scandalistiche da 'droga,
sesso e rock duro', siamo ancora profon-
damente ferite/i da questo barbaro as-
sassinio che mostra alcune terribili veri-
tà sulla città di Perugia… poiché le va-
rie forme di violenza fisica, psicologica,
economica, sono la causa del 70% delle
patologie delle donne e la prima causa
di morte per le giovani, fino a raggiun-
gere le cifre assurde di oltre 14 milioni di
donne vittime (dati ISTAT)… chiedia-
mo da parte vostra la dichiarazione di
una 'giornata della memoria' per il gior-
no 31 gennaio 2008, a tre mesi dalla
morte di Meredith, che sia un forte mo-
mento di riflessione e di sdegno… per
mostrare come questa regione e questa
città, che sono state e vogliono essere in
futuro attente ai diritti e alla qualità
della vita, anche dell'ultima/o delle
donne e degli uomini, abbiano uno scat-
to di orgoglio e trovino una forma di ri-
scatto dalla logica del 'non ci riguar-
da'… Crediamo che un esempio di as-
sunzione di responsabilità, non solo in-
dividuale, ma collettiva, quale le istitu-
zioni dovrebbero rappresentare in una
democrazia non cieca e non 'zoppa' di
un genere, come è ora la nostra in Italia
(84° posto nel mondo per le Pari Oppor-
tunità), debba essere dato… Ricostruia-
mo in tutte le città umbre e nelle Uni-
versità, quella rete di accoglienza e di
rapporti che facciano sentire le/gli stu-
denti, le donne e gli uomini di tutte le
età, inseriti nel contesto sociale e cultu-
rale in cui hanno scelto di vivere e stu-
diare.
Non è solo 'questione di immagine',
(anche se l'immagine nel mondo attuale
è anche uno degli strumenti dello svi-
luppo!) ma noi ci teniamo che l'Umbria,
e Perugia in particolare, in Italia, in Eu-
ropa e nel Mondo, torni e continui ad
essere un sinonimo di cultura, attenzio-
ne alla persona, alla democrazia, alla
pace e al rispetto tra le donne e gli uo-
mini".
gennaio 2008 noidonne12
Una giornata della memoria per Meredith
Perugia
lettera aperta alle istituzioni
e all’Università per chiedere una
giornata di riflessione
concetti e autori di Emanuela Irace
Senza titolo
"Ho chiuso gli occhi e anche annaspato. Meglio la cecità".
Emily Dickinson
Massima luce massimo buio. Dalla scuola Fiamminga a Caravaggio è la fiammella
di una candela, che rischiarando una parte sull'insieme, mette in ombra tutto il
resto. E l'interno della stanza sfugge e lo sguardo si concentra sul particolare. Ma
è nel buio che si celebra la scena. I tavoli e le sedie, i cani accovacciati, i bambini
e le nutrici, i servi e le dame, è l'intera vita a irrompere sulla tela che il pittore ha
deciso di lasciare in ombra. E' quello che succede nella nostra vita quando usiamo
i particolari come bussole. Ma è anche quello che accade nell'informazione quan-
do la notizia illumina un fatto, contrapponendolo al buio che è all'origine di un pro-
blema. Sempre, la nostra visione è parziale. Ideologica. Monca. Selvaggia. Privi di
comprensione chiediamo spiegazioni. Privilegiando la tecnica all'arte. La ragione
all'amore. Il razionale alla passione. Includiamo l'altro nel nostro sistema di valori,
codici, credenze e Illuminando una parte lasciamo il buio fuori. Quando spieghia-
mo imponiamo il nostro alfabeto e le nostre categorie. Quando comprendiamo
ascoltiamo, avvicinandoci all'oggetto da comprendere diventiamo parte emotiva di
un mondo che non è nostro. Incapaci di empatia, manteniamo il profilo basso adat-
tandoci alle regole del sistema, più riflessivi e meno emotivi. Più funzionali ma
sempre meno reali, ci allontaniamo dall'oggetto o dall'uomo o dal bambino perché
non lo avviciniamo con le sue stesse parole. Usiamo un linguaggio perché non ce
ne hanno insegnati altri o non abbiamo voluti apprenderne dimenticando quelli
che avevamo. Impoveriamo proprio là dove mettiamo luce. Guardiamo ai bambini
illuminando l'aspetto del bullismo, le violenze degli adulti, l'uso della sessualità
imposta e precoce. Lasciamo al buio il valore dei riti di passaggio e delle prove della
vita. Proteggiamo, esprimendo un potere che nel possesso, annienta autonomia e
crescita. Dai tempi di Cornelia, colonizziamo l'infanzia rendendola schiava delle
nostre nevrosi, e all'invidia perniciosa verso i giovani anticipiamo l'odio per i bam-
bini. Da quando è nato il mondo il debole è pasto per il forte. Cambiano le armi ma
il delitto resta, e si perpetua.