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Numero 3 del 2015

8 Marzo al tempo delle crisi


Foto: 8 Marzo al tempo delle crisi
PAGINA 12

Testi pagina 12

10 Marzo 2015
È come se nell’aria i pensieri che volano siano altri, questo lunedì di gennaio in cui parliamo della Giornata Internazio-nale della donna con le detenute del corso. Pian piano le
rifl essioni su questo appuntamento - festa o giornata che sia -
prendono forma e da ciascuna esce un’idea, un ricordo, un sen-
timento. Questa discussione sarebbe stata impensabile se non le
avessimo già conosciute, se loro non ci avessero già conosciute.
Se insieme non avessimo realizzato il progetto ‘A mano Libera’ e
composto l’inserto pubblicato nel numero di febbraio di NOIDON-
NE. Ed eccoci qui, insieme, al di là di ogni formalità: ridendo, em-
patizzando, incazzandoci, piangendo. Potrebbe essere un titolo,
un attacco…Tu chiamala, se, vuoi, disambiguazione. Otto marzo
a Rebibbia, libertà delle donne e privazione della libertà. Carcere
delle donne e carcere degli uomini. Per Laura è la commemora-
zione delle donne uccise a New York: “mi ricordo un 8 marzo di
tanti anni fa, avevo 15 o 16 anni e feci sega con le mie compagne
di scuola per vedere Piazza di Spagna… ricordo la fontana della
Barcaccia piena di mimose…Due anni fa ho ricevuto la mimosa
da Luca e l’ho talmente apprezzata che mi è passata perfi no l’al-
lergia”. Le fa eco Assunta “io portavo la mimosa a mia madre, e
lei la portava a me: la coglievamo dall’albero dietro casa, che si
riempiva di profumo. Oggi sono contenta quando me la porta il
mio compagno”. Nei ricordi di Cinzia “fi no a 10 anni fa l’8 marzo
era festeggiato, a Milano, da certo pubblico della sinistra. Nelle
fabbriche si spegnevano le macchine, si davano 30 o 60 minuti di
pausa, si distribuivano mimose alle operaie. Lo facevo anche io,
da imprenditrice. Quest’anno lo faranno le mie sorelle”. Per Fran-
ca “festeggiare, o meglio ricordare le donne per tutto il loro percor-
so come mogli, madri o come punto di forza nella Resistenza ed
in ogni manifestazione è farlo ogni giorno. Le donne in ogni epoca
e sino ad oggi sono il simbolo di sacrifi cio, abnegazione, volontà
ferrea” e aggiunge “nonostante si pensi agli uomini quali esseri
potenziali in qualunque campo, le donne sono impareggiabili in
ogni luogo o istituzione”. Ed è una “festa convenzionale” per Syl-
vie, “con donne che vanno a cena fuori, a vedere gli spogliarelli
degli uomini”… una festa che “non mi è mai piaciuta”. Nell’impres-
sione di Barbara - che forse ha nostalgia di quel ‘Gale8marzo’,
oggi diventato solo business - c’è amarezza quando dice a voce
alta “cosa altro aspettarsi da un mondo manovrato da burattinai
cosiddetti uomini?” Non si può sottovalutare l’emozione di Lucia
che s’intenerisce se un uomo dona a una donna anche solo un
tralcio di mimosa. E ancora i ricordi di un passato per chi, come
Barbara, non dimentica e nella voce comunica un po’ di nostal-
gia quando racconta di “quel vivaista che insegnava alle detenute
fl oricoltura e che l’8 marzo coglieva le mimose dall’albero che c’è
ancora nel giardino della Direzione, le confezionava e le regalava
alle detenute”. Ma dall’8 marzo come appuntamento, il merito dei
problemi prende corpo e il dialogo si estende, va oltre, entra nel
vivo, arriva a saltare il muro e valutare differenze con gli uomini
detenuti nell’altra parte del carcere. “Meglio che non lo fanno più,
odio gli addobbi, sono felice che abbiano levato quelli di Natale,
non facevano altro che aumentare la mia tristezza, c’era un al-
bero così grosso che contribuiva a levarmi l’aria. È cattiva l’aria
di Rebibbia - racconta Laura -, i corridoi sono pieni di dolore. Il
carcere ti leva la dignità. Ho pianto l’altro giorno, quando dopo
la visita dei miei genitori, di 75 anni, mi hanno spogliata nuda, mi
hanno fatto fare le fl essioni, mi hanno perquisita. Come se i miei
potessero avermi portato la droga. Mia madre mi strazia il cuore
quando mi abbraccia prima di andare via e mi dice. ‘Fai la brava,
mangia’, e mentre esce si gira verso di me per mandarmi baci”.
Segue Loredana “mi viene da ribellarmi ogni volta che, in fi la per
la terapia, vedo una signora di 75 anni affaticata: nessuna la fa
passare e le infermiere non la trattano con il rispetto dovuto all’età
e alla condizione di malata. O quando vedo arrivare ragazze che
non parlano italiano e, dopo aver fatto il modulo di primo ingresso,
aspettano per ore senza capire cosa fare”. Si inserisce Barbara:
“ho pianto il 10 gennaio, che era il mio compleanno e dopo molti
anni l’ho voluto festeggiare. È stato un bel pomeriggio, ma alla fi ne
PARLANDO
DI 8 MARZO
A REBIBBIA
LE DETENUTE DEL CARCERE FEMMINILE
ROMANO RACCONTANO LA LORO
GIORNATA DELLA DONNA
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