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Numero 4 del 1952

Noi Donne VII n.4 / Maria Maddalena Rossi racconta Dolores Ibarruri

La copertina dedicata alle protagoniste del Film di Luciano Emmer ”La ragazza di Piazza di Spagna”.
Un artcolo di Maria Maddalena Rossi racconta il gesto molto speciale di Dolores Ibarruri, nota come La Pasionaria, che volle donare a Firmina Marzi,la propria catenina d’oro come riconoscimento per aver raccolte migliaia di firme contro la bomba atomica, e che ancora nel tentativo di sensibilizzare dei generali americani contro la stessa bomba, fermando il loro mezzo, era stata messa sotto la macchina.
Articolo ricco e articolato di Fausata Terni Cialente sul processo alle donne di San Severo, dopo due anni di carcere ingiusto per aver partecipato ad uno sciopero a sostegno della denuncia per la morte di un operaio di Parma essendo state prese nella sede del sindacato e riparatesi a seguito di forti provocazioni fasciste.
La novella “Quando si ama” di O.Henry, la 28° puntata del ”Ritorno sul fiume“ di Lucia Ashley, la prima puntata della “Quinta Strada” di Luciana Peverelli, ”Celestina” è la novella di Silvana Cichi.
L’articolo di Ghita Marchi su “Orrori della società americana”.
La moda che sottolinea nuovi modelli che propongono abiti a giacca .
Anna Maria Ortese inviata a Palermo all’incontro con la delegazione sovietica e racconta l’incredibile successo e le emozioni suscitate dalla presenza dei dirigenti Berezin e Timoviev.
Proseguono i fotogrammi del Film di Jean Paul Le Chanois, alla terza puntata .
Marco Viane recensisce due film sovietici di successo: Un treno va in oriente / Uomini di successo.


Foto: Noi Donne VII n.4 / Maria Maddalena Rossi racconta Dolores Ibarruri
PAGINA 11

Testi pagina 11

no centinaia di ragazze come Nelda ad ogni angolo di strada. E tu puoi avere tutto ciò che Nelda ha, e amore per di più.
— Perchè Nelda non può avere amore? — domandò la mamma. — Non può un uomo che manda orchidee innamorarsi come un poveruomo?
Il papà grugnì, e improvvisamente mi sentii piena di tristezza e di scoramento.
Una settimana più tardi Nelda lasciò la sua famiglia e sposò Jack Sanders senza nemmeno dire ai suoi che si maritava. Come sempre fornì l’argomento a tutto il caseggiato. La mamma osservò: — Ha fatto benissimo. Come poteva portar qui il suo ricco giovanotto? L’avrebbe piantata nel suo ricco appartamento! — Io mi avvicinai a Marco che stava presso la finestra, e gli presi la mano. — Se Nelda è felice tutto Va bene, non ti sembra? — gli dissi. — Egli strinse forte la mia mano:
— Non posso immaginare te per esempio, agire in questo modo; abbandonare la tua gente perchè ti vergogni di loro...
— Lo guardai, poi guardai papà. Papà mi strizzò forte l’occhio ed io subito mi sentii salva e sentii di amare tanto quei due rudi uomini che quasi mi venne da piangere. Ma cercai che mamma non mi vedesse. Più tardi, mentre aiutavo la signora Cross a riporre i pochi oggetti da mandare a Nelda, pensai come doveva essere meravigliosa la sua vita, anche se non c'era tanto amore. L’amore non aveva portato gran che alla mamma: e nemmeno alla signora Cross. O almeno così sembrava.
In seguito Marco si recò da Nelda di tanto in tanto. — Dovresti vedere il suo appartamento — mi disse una sera, accompagnandomi in istrada per cercare papà
— Com’è? — domandai.
— La stanza di soggiorno è verde e bianca con un tappeto così pesante che vi affondi fino alla caviglia. Il mio cuore batteva: — Mi piacerebbe vederlo. Mi piacerebbe avere una stanza così.
Il suo viso si fece scuro:
— Un giorno, quando avrò un negozio mio...
S’interruppe:
— Voglio poggiare la mia vita su basi solide, Susetta.
Capivo cosa intendeva. Marco era il tipo di uomo che conquistava tutto da solo, a poco a poco, passo per passo.
— Un giorno... — aveva detto.
«Sempre un giorno», pensai amaramente più tardi, quando entrai nel bar d’angolo e ne tirai fuori papà. Lui e il vecchio Cross erano completamente ubriachi. Mentre li spingeva su per la scala, pensai a Nelda. Aveva avuto ragione di fuggire tutta quella miseria.
— Perchè fai così? — Piansi, quando papà stramazzò sul pavimento della cucina.
— E’ proprio fritto — disse gravemente il signor Crosse. — Ha cercato di trovare il coraggio per dire a sua moglie che è licenziato...
«Trovare coraggio in una bottiglia»... Sebbene il mio cuore fosse pieno di amore per papà, convenivo che non era forte come la rocca di Gibilterra. Decisi di ricorrere a Nelda, di domandare se poteva aiutare almeno un pochino papà. O forse poteva aiutarmi a trovar qualcosa da fare dopo la scuola.
Era proprio come aveva detto Marco. Una meraviglia. Quando tre giorni dopo entrai nel suo appartamento ero senza respiro e la guardavo, avvolta in una lunga vestaglia di pizzo bianco, senza ricordar nulla di quanto dovevo dirle. Nelda parlava senza tregua. Di Yack e del denaro che guadagnava e come fosse furbo nei suoi affari: parlò di sè, e mi parve che volesse un pochino sbalordirmi: ma non ve n’era bisogno: ero sbalordita abbastanza. Quando prendemmo il tè, servito da una cameriera in bianco e nero, finalmente osai chiedere a Nelda come avrei potuto fare per guadagnare un po' di soldi. Mi accompagnò nella sua camera da letto dove c’erano decine di bottiglie di profumo. Ma la camera era in ordine ora, e vi erano specchi intorno alle pareti. Non era, certo lei che li puliva. Rise, quando glielo dissi e mi mostrò le sue lunghe mani bianche:
— Nessuna traccia di strofinaccio e piumini, ti sembra, Susetta?
Si sdraiò fra i cuscini della poltrona, poi finalmente battè le mani:
Ho trovato il lavoro per te, Susetta. Aspetta. Forse è ancora aperto.
Formò un numero al telefono posato vicino a lei.
Quando riattaccò il ricevitore sorrideva:
— Chi ben comincia!... La piccola Susetta O’Hara fa il suo primo passo verso il successo... e chi dirà il seguito?
Io ballonzolavo ora su un piede ora su un’altro: — M’hai trovato un vero impiego? — balbettai.
— In un elegante club notturno. Venderai sigarette all’ora del cocktail, dalle quattro alle sette. — Mi mostrò i bellissimi denti di porcellana.
— Che te ne pare?
L’eccitazione mi dava la febbre:
— E' stupendo. Ma papà non vuole che lasci la scuola.
— Ho detto dalle quattro alle sette. — Nelda insitè, impaziente. — Per amor di Dio, Susetta non puoi far niente senza domandar consiglio a quel l'ubriacone?
Balzò in piedi c mi mise una mano sulla spalla:
— Non guardarmi così, Susetta. Devi vedere le cose come sono. Desideri essere come sono loro, o come sono io? — Mi spinse verso la toeletta: — Guardati, occhi da diva. Pelle da réclame per una crema. Figurina perfetta. E a che ti serve?
Mi scosse: — A indossare una giacca usata e una gonna da tre dollari? E adesso tuo padre è senza posto, e il cielo solo sa quando troverà altro lavoro. Come vivrete? Che cosa farai? Andrai a raccogliere legna nel parco per cucinare? Mangerai cipolle e cavoli tutto l’inverno?
— Posso dire a babbo che dò ripetizioni. Un po’ di denaro ci aiuterà. E dirò che lascio la scuola più tardi. E la mamma? Il pensiero della mamma mi serrò il cuore. — La voce di Nelda risuonò scoraggiata. — Un pò di denaro... Susetta, puoi cercare di alzare i tuoi pensieri di qualche dollaro?
— Le mancie — le mancie in dollari — sono cosa da nulla in un posto diretto da David Han. — Scarabocchiò su una carta:
— Precipitati al Club Rondeau e cerca di sfoggiare tutto il tuo fascino. Accetta questo lavoro, piccola, e tu cominci una carriera che... bene, non si può dire fin dove arriverai...
Se non fossi andata subito, non sarei andata mai più. Lo sapevo, e lo sapeva anche Nelda. Mi spedì nella sua macchina, una lunga automobile nera, con un autista in uniforme. Dio, mi sentivo già come una regina! Ma il mio morale non era molto alto quando entrai nel cocktail-bar; era basso con e le mie scarpe scalcagnate quando passai traverso i gruppi di gente affollati intorno al bar, e ai tavolini posti tutt’intorno. Quando chiesi ad un cameriere timidamente di David Han, il cameriere mi mostrò un uomo fermo in un angolo: io inciampai e per poco non gli caddi tra le braccia.
Non barcollò, non mosse ciglio. Sembrava un uomo di ferro. Da giovane era stato campione di boxe. Ora la sua faccia era segnata di rughe, e il mento quadrato denotava una forte volontà.
I suoi occhi... Oh, mi resi conto che a quegli occhi scintillanti nulla doveva sfuggire. Lesse nella mia mente, al primo istante. Se aversi avuto qualcosa da nascondere l’avrebbe saputo subito. Desiderai scappare di lì molto più di quanto avessi desiderato venirci. Misurai la distanza della porta mentre egli gettava un'occhiata al biglietto teso dalla mia mano tremante.
— Si tratta di un errore, signor Han — balbettai. — Un’idea di Nelda. Non credo che potrò...
Egli rideva, non con le labbra, ma con gli occhi. Occhi amichevoli, adesso.
— Verde come una foglia nuova, no? E timida.
— Mi vergogno da morire — balbettai. — Vorrei andarmene prima di cadere per terra...
— La vostra entrata è stata piuttosto buffa... Ma mi avete strappato un sorriso.
Io lo guardai attentamente: — Non siete come vi immaginavo — osservai semplicemente. — Mi sembrate uno di famiglia... come papà...
Questo lo divertì assai: — Non vi ingannare troppo sulla mia semplicità, signorina Susetta. — Mi prese per un braccio: — Vi accompagno in guardaroba, e vi darò qualcosa da mettere addosso. Potete cominciare a lavorare adesso.
Lavoro? Era un lavoro quello? Vestita di un grazioso abitino viola orchidea, un vassoio di sigarette legato da un nastro viola al mio collo camminavo su e giù tra i tavoli e sorridevo, durante l’ora del cocktail. Era tutto quanto dovevo fare. La gente mi sorrideva e io sorrideva di rimando. La gente della Quinta Strada. Mi piaceva l’atmosfera calda e fumosa, il mormorio delle voci, la maniera con cui David mi strizzava l’occhio, come papà, quando mi disse, alla fine di quella prima giornata:
— Okey, ragazzina. Tutto è andato bene.
Tutto andò bene. In una settimana io ebbi abbastanza denaro da riempire tutta la teiera della mamma. Dovevo soltanto dirglielo. La sua faccia era una dura maschera quando mi domandò dove avessi preso tutti quei dollari.
— Li ho avuti onestamente, mamma — dissi in fretta, mentre essa alzava la mano. — Vuoi ascoltarmi?
Il suo volto si distese via via, mentre parlavo e sorrise quando le dissi che gli occhi di David mi ricordavano quelli di papà.
— Va bene, Susetta — commentò dopo una lunga pausa. — Ti credo. Sei una brava bambina e ti comprerai quello che vorrai...
— Anche tu, mamma.
Improvvisamente ella chinò il capo sulla tavola e pianse. Le sue fragili spalle erano scosse da singulti. Capivo in quei momento quanto avesse avuto paura. Papà era stato inoperoso molti inverni, ma mai licenziato. Alla sua età era difficile trovare altro lavoro, e lui beveva troppo, quando era preoccupato. Nessuno assume un uomo con abiti spiegazzati, l’alito che sa di alcool, anche se c'è un po' di orgoglio irlandese nel suo sorriso.
Quella sera entrai pian piano nell’appartamento dei Cross per trovare Marco. Sussultò chiudendo il libro che stava leggendo:
— Susetta, che è successo?
— Deve essere successo qualche guaio, se vengo a trovarti?
Rimase in piedi a guardarmi un momento.
— Avevo paura si trattasse di tuo padre.
— Infatti. Non puoi trovargli da fare qualche cosa al tuo negozio. Marco?
Egli scosse il capo. Era dolente per papà e mai diceva una parola contro di lui, ma io sapevo che lo disapprovava anche più di me.
— Se desideri del denaro, Susetta, ne ho risparmiato un poco.
(1. Continua)
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