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Numero 3 del 2007

Mimosa e non solo


Foto: Mimosa e non solo
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Testi pagina 11

noidonne marzo 2007 11
morire o diventare sterile: la grande for-
za delle idee e dell'impulso che debbono
animare anche i nostri congressi e la
partecipazione, l'apertura. Malgrado
questa straordinaria possibilità vedo
che le donne non sono dentro la costru-
zione di questa proposta in maniera de-
cisiva e questo è un allarme politico. La
questione è di natura culturale ma an-
che di natura politica, nel senso che è
una lotta per la conquista dello spazio
per esserci. Ricordo un'espressione di Ti-
na Anselmi nel momento in cui parteci-
pava alla lotta di liberazione: "io com-
presi allora che per cambiare il mondo
bisognava esserci". Noi dovremmo ave-
re, oggi, il senso del cambiamento del
mondo e quindi imporci di trovare il
modo di dedicare tempo ed energie alla
politica e di farlo insieme. Come diceva
Marina le donne hanno un'idea della vi-
ta, della società, dei problemi, del mon-
do intorno alla quale possono sperimen-
tare direttamente quel metodo che è an-
che la sostanza della democrazia, il
dialogo. Questo deve realizzarsi soprat-
tutto dentro il PD laddove le donne pos-
sono dare un contributo straordinario
sui grandi temi dei valori condivisi, del-
la laicità, dei diritti e delle responsabili-
tà. E' molto significativo che una parte
di questa sfida sia in mano alla Bindi e
alla Pollastrini. Però è solo un piccolo
segno. Si può e si deve fare di più.
Brezzi. Sono d'accordo su molte cose
che avete detto e sono anche contenta
di sentire questo entusiasmo; quello che
temo è che tutto ciò rimanga una pura e
semplice dichiarazione di intenti. Credo
che sia necessaria un'azione capillare,
di moltiplicazione dei luoghi di discus-
sione e delle proposte. Poi queste propo-
ste devono essere portate avanti dalle
donne dei partiti, cosa che io non sem-
pre vedo.
Soliani. Non direi che il quadro genera-
le sia così disastroso; per esempio la no-
stra Capogruppo al Senato, Anna Finoc-
chiaro, è una donna autorevole e riceve
attestati di stima da parte di tutti. E poi
ci sono altri segnali incoraggianti come
la proposta che è emersa nell'ultima ri-
unione del Gruppo dell'Ulivo al Senato
di inserire nel direttivo dell'Ulivo 50%
tra uomini e donne.
Noidonne. I tatticismi sono necessari,
ma sono interni e non hanno l'impatto
forte che sarebbe necessario a conqui-
stare l'opinione pubblica. La politica si
rende conto che il Paese non ha il tempo
di aspettare e apprezzare passaggi così
lenti e così interni? Il Paese è bloccato e
sembra che nulla possa cambiare le co-
se: in questo modo il divario non può
che aumentare. Quella del PD sembra
l'ultima occasione.
Sereni. Penso che questo sia il cuore di
un passaggio, anche culturale, che dob-
biamo fare fra le donne prima di tutto.
Siamo in bilico tra una rivendicazione
per noi stesse e la consapevolezza della
necessità di modernizzare il Paese. O si
riesce a fare leva sulle risorse femminili
o si ferma tutto il Paese. Questo salto
non possiamo più farlo con il solo lin-
guaggio delle donne della mia genera-
zione e delle precedenti perché ci sono
molte ragazze che non ci capiscono e in
qualche caso pensano che stiamo po-
nendo un falso problema. Dobbiamo al-
lora porci anche il tema di come co-
struire spazi di discussione e badare non
solo alla qualità ma anche alla quanti-
tà; se siamo in tante possiamo contare,
se siamo in poche non ce la facciamo.
Questo si fa con le regole. Penso che le
donne dei DS e della Margherita, in que-
sta fase che porta alla costituzione del
PD, possono fare due cose: una grande
campagna nel Paese confrontandosi sui
contenuti e una elaborazione di regole
chiare da inserire nello Statuto del PD
che permettano di accedere a degli spa-
zi che altrimenti si chiuderebbero. Io
non penso che noi siamo deboli in que-
sto momento, anzi, penso che abbiamo
una forza che ci viene dall'essere in una
fase costituente. Però dobbiamo farlo
insieme, non è pensabile farlo prima nei
propri partiti e poi in quello nuovo per-
ché il risultato non sarebbe lo stesso.
Soliani. A questo punto dobbiamo dire
chiaramente a noi stesse e al Paese che
bisogna cambiare l'Italia e senza le don-
ne non si può fare. Questa è l'occasione.
Pur non avendo una visione pessimisti-
ca sull'operato della politica penso sia
giunto il momento di dire alle donne
"Ora si può cambiare l'Italia" e, a parti-
re da questa affermazione, cominciare a
declinare le cose.
Da qui si può iniziare a lavorare con
i gruppi e le associazioni a patto che le
donne che stanno nelle istituzioni dedi-
chino una parte della loro giornata al-
l'esterno, altrimenti rischiamo di rima-
nere chiuse in una gabbia.
Francesca Brezzi, Marina Sereni e Albertina Soliani
- espressioni della cultura di sinistra, cattolica e della
società civile - ragionano sul Partito Democratico e sul
ruolo che le donne potrebbero avere nella costruzione di
questo nuovo soggetto politico
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